Lug 19 2023

Paolo Borsellino, quella storica foto con i giovani missini e l’appello: “Difendete le vostre idee”

Da decenni il mondo della destra giovanile è legato profondamente alla figura di Paolo Borsellino, un eroe della Repubblica, sacrificatosi nella guerra per estirpare la mafia dal nostro Paese, e dalla sua amata Sicilia.

Il rapporto tra la destra e Borsellino non nasce dal ricordo, né dalla guerra alla mafia negli anni che lo videro magistrato: è un legame nato ben prima, nel lontano 1959 quando un giovane palermitano, studente di giurisprudenza, mosso da un profondo sentimento d’amore per l’Italia si unì al FUAN, il movimento universitario del MSI, per poi diventarne dirigente e rappresentante.

Paolo Borsellino e quell’appello ai giovani missini: “Difendete sempre le vostre idee”

Era il 1990, due anni prima della sua morte, quando a Siracusa, alla festa nazionale del Fronte della Gioventù fu ospite dei giovani missini, come ricorda oggi con una foto, il ministro Adolfo Urso che in quell’occasione lo intervistò: “Paolo Borsellino è l’eroe dei nostri tempi. Un esempio di vita, passione e sacrificio che ha segnato la nostra generazione, ricordo quando l’intervistai a Ortigia, cosa mi disse poco dopo, presagio di quel che poi accadde in quel tragico 19 luglio. Noi ci siamo anche per lui”.

Insieme a lui, nella foto Giuseppe “Pippo” Triccoli, volto storico della destra siciliana e caro amico di Borsellino, nonché suo compagno nell’esperienza del FUAN e Gianni Alemanno, l’allora segretario dei giovani missini.
In quell’occasione il magistrato palermitano lanciò un appello ai giovani missini che viene tutt’oggi tramandato di generazione in generazione: “Potrei anche morire da un momento all’altro, ma morirò sereno pensando che resteranno giovani come voi a difendere le idee in cui credono: ecco, in quel caso non saró morto invano”.

Idee che camminano sulle nostre gambe

Un’impegno che ancora oggi cammina sulle gambe di chi quei valori di libertà e giustizia condivide, come testimonia la fiaccolata che si svolge ogni anno in suo ricordo e che riempie via D’amelio di giovani che vivono con il mito di Paolo Borsellino e con la voglia di portare avanti quei valori.

Un uomo che ha segnato una comunità umana prima ancora che politica con il suo esempio, tanto da accendere la fiamma dell’impegno politico in tanti giovani, tra cui una giovane Giorgia Meloni, oggi presidente del Consiglio, che colpita dalla morte del magistrato nel luglio del 1992 decise di impegnarsi per il nostro Paese.

Da sinistra Adolfo Urso, Paolo Borsellino, Giuseppe Tricoli, Gianni Alemanno, Fabio Granata, Angelo Sicali

di: Valter @ 12:28


Giu 06 2022

Oltre il 2 giugno e le ridicole polemiche sulla parata c’è l’importanza del concetto di Nazione

Se c’è un argomento che dovrebbe suscitare ottimismo e qualche speranza, anche in tempi di crisi economica, questo è l’idea di Nazione. Perfino l’etimologia della parola, con questo suo richiamo alla “nascita”, la natio latina, invita a pensare positivo, suscitando idee e sentimenti  di  identità, di radicamento e di rinnovamento. La questione va evidentemente ben oltre le date canoniche, com’è stato il 2 giugno. Ma da lì, anche da lì, dalla Festa della Repubblica bisogna partire, visto il verminaio delle polemiche che hanno seguito la parata su Via dei Fori Imperiali. Di fronte alle famiglie festanti ed emozionate per le bande, i vessilli e lo sfilamento  dei reparti,  le polemiche sulla “retorica militare”, sul Paese in armi, sulla parata “anacronistica” confermano la lontananza di certi ambienti intellettuali dal vissuto, profondo e quotidiano, del Paese reale, dalla nostra Storia Nazionale, dal nostro essere italiani.

Il nostro essere Nazione e i valori che richiama

Questione da non sottovalutare.  In gioco – è di tutta evidenza – non ci sono “solo” le Forze Armate, il loro impegno, in tempo di pace e sugli scenari delle tante guerre che insanguinano il mondo. La questione è più sottile e  riguarda la sostanza del nostro essere Nazione, i valori che essa richiama. Mette in gioco le ragioni stesse del nostro stare insieme come Stato unitario e della nostra capacità di assumerci, sugli scenari mondiali, responsabilità che vanno ben oltre i confini nazionali. Con quale “cultura” condivisa vogliamo  muoverci ? Pensiamo di delegare tutto ai nostri soldati ? E’ una semplice  questione di armamenti e di addestramento?

Storie comuni e comuni linguaggi

L’idea di Nazione è certamente “proiezione” identitaria, ma è anche capacità quotidiana di   essere percepita nel cuore e nelle menti delle persone che la compongono. E’ qui che bisogna trovare la sostanza del nostro essere Nazione, che ha tutt’altro che un valore retorico, perché si fonda su storie comuni, su comuni linguaggi, su modelli di vita assimilabili, su simboli riconoscibili, che nessuno intende rinnegare. E questo perché la nostra Storia nazionale è  fatta di culture sovrapposte, di famiglie intrecciate nel complesso viaggiare tra Sud e Nord, tra cognomi che si mischiano e sfumano l’originaria appartenenza, tra usi e storie che si confondono.

Nella sfilata militare c’è la nostra Italia

Proviamo a sentire e a vedere, anche in una sfilata militare,  questa nostra Italia, cercando di scoprire tutto ciò che ci unisce in termini suggestivi, di “immaginario collettivo”. E pensiamo ad un’Italia che si “ritrova” anche a partire da un volontarismo, popolare e giovanile, che innerva tutta la nostra Storia nazionale: dal Risorgimento (da quello di Goffredo Mameli, autore de Il Canto degli Italiani a quello garibaldino), fino alla Prima Guerra Mondiale ed oltre.  Storia di sacrifici e di caduti, ricordati dal monumento del Milite Ignoto fino alle migliaia di cippi e lapidi, che segnano l’intera Penisola, dalla Capitale ai più piccoli centri.

Il senso di un percorso unitario

Questa memoria non esclude   l’Italia della solidarietà e dell’abnegazione, sperimentata durante l’emergenza Covid, quella solidarietà, rappresentata dai camici bianchi e dal mondo del volontariato, che  ha sfilato il 2 giugno. La rinsalda piuttosto, laddove l’ identità nazionale nasce dalla “fisicità” del nostro essere, ancor più che dal nostro “pensarci” italiani. E’ proprio a partire dalla nostra “complessità” che troviamo il senso di un  percorso unitario. Magari non sempre ne siamo consapevoli, ma nessuno è disposto a ripudiare tanti esempi e tante storie, perché essi fanno  parte di noi.

2 Giugno: cresce la consapevolezza

Una data come quella del  2 giugno,  può aiutarci a fare crescere questa consapevolezza. Anche quando è “ibrida”, come qualcuno ha definito la sfilata del 2 giugno, avendo però al centro il rispetto per le nostre tradizioni militari, l’impegno dei nostri soldati, l’orgoglio di un’appartenenza patriottica che sa coniugarsi, oggi, con i testimoni di un nuovo volontarismo civile. Anche di atti simbolici ha bisogno una Storia, particolarmente quando è così ampia e complessa qual è quella italiana. Importante è non trasformare la valorizzazione della nostra memoria,  in una celebrazione scontata.    Non è evidentemente questo il senso di una data, di una festa,  quanto piuttosto una rinnovata presa di coscienza sul nostro percorso unitario e sull’essenza dell’italianità. Ed anche un atto di volontà collettiva: “riconquistare” la Nazione, per ritrovare in essa nuovo slancio sulla via del domani, convinti che comunque il futuro appartiene a chi ha la memoria più lunga. Ivi compresa la nostra memoria militare. Con buona pace di chi la considera anacronistica e retorica.

di: Girolamo Fragalà @ 17:32


Giu 05 2022

Lollobrigida: «FdI non salverà il governo Draghi, questo sia chiaro. Il M5S? Farà un’altra capriola»

«Non salveremo il governo Draghi. Questo deve essere chiaro. Noi restiamo e siamo opposizione al governo». Francesco Lollobrigida, capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera, in un’intervista al Corriere della Sera chiarisce la posizione di FdI. «Un discorso a parte – puntualizza – è se Draghi, preso atto della fine di questa esperienza, dovesse dimettersi annunciando la data del voto anticipato. In quel caso sosterremmo solo i provvedimenti urgenti utili a garantire la credibilità dell’Italia nella crisi internazionale ed eventuali atti che andassero nell’interesse dei cittadini. Senza chiedere in cambio alcuna poltrona». Come può andare avanti un governo sottoposto a continue fibrillazioni? «Male, può andare avanti male».

Lollobrigida: «Abbiamo una campagna elettorale anticipata»

E poi ancora. Speriamo «soprattutto nella presa di coscienza di una classe politica responsabile, ma pare non ci si possa contare. Nel contesto odierno avremmo bisogno di un governo che sappia dove andare, di una maggioranza coesa e forse anche di un Parlamento unito sui temi di interesse nazionale». E invece «abbiamo un’apertura di campagna elettorale anticipata nella quale le forze politiche di governo da una parte si tengono strette le poltrone e dall’altra esaltano i punti programmatici più divisivi, attraverso i quali sperano di aumentare il loro consenso».

«Il M5S farà l’ennesima capriola»

Quanto poi al passaggio parlamentare del 21 giugno, definito da Giancarlo Giorgetti “pericoloso”, Lollobrigida puntualizza: «In un mondo normale lo sarebbe. In un teatrino come quello messo in piedi dai Cinque Stelle credo che come al solito non succederà nulla. Il M5S farà l’ennesima capriola».

«Il centrodestra ha sempre agito in maniera coesa»

Vi ha stupito la fuga in avanti di Matteo Salvini sul viaggio a Mosca? «Dovrebbe stupire Draghi, non noi. Il problema è interno alla maggioranza». E infine: «In 30 anni di storia il centrodestra ha sempre agito in maniera coesa e coerente nell’ambito dell’alleanza occidentale. Confidiamo dunque che prevalga la linea che abbiamo sempre tenuto tutti. Anche perché con l’atteggiamento ondivago in politica estera rendiamo l’Italia un paese poco affidabile».

 








 

 

di: Desiree Ragazzi @ 10:42


Apr 12 2022

Le presidenziali francesi rilette da Lollobrigida: schiaffo a Macron e all’Europa che rappresenta

Con le presidenziali i francesi hanno cercato nella Le Pen e nella destra un’alternativa a Macron e al modello europeo che rappresenta. Entrambi deludenti e fallimentari. Questa in sintesi, la ben più articolata analisi del voto francese che il capogruppo alla Camera di Fdi, Francesco Lollobrigida, propone oggi sul Foglio commentando i risultati delle urne d’oltralpe. Il ballottaggio per l’Eliseo tra Emmanuel Macron e la sfidante Marine Le Pen scuote il mainstream a caccia di un “colpevole”. Quei numeri che danno il presidente uscente al 27,4 per cento circa (e il sostegno di quasi tutti gli avversari) e il 24 per cento conquistato dalla leader di Rassemblement National sparigliano le carte sul tavolo. E decisamente non fanno tornare i conti a avversari politici, media e attivisti, che da sempre si adoperano per sbarrare la strada all’ascesa dell’unica temibile avversaria del presidente uscente. Riaccendono i riflettori sullo stato di salute della Ue e sul suo futuro. Ma, soprattutto, ha evidenziato come, dal problema del controllo sull’immigrazione selvaggia, al dramma della sostenibilità del costo della vita, in Francia sia la destra di Marine Le Pen l’unica alleata concreta della cittadinanza.

Macron e Le Pen, le presidenziali viste da Fratelli d’Italia

Non a caso questo ultimo passaggio alle urne ha dimostrato che, Marine Le Pen: che ha passato gli ultimi 5 anni a riscattare azione e immagine del suo partito. Che ha parlato al cuore del Paese con argomenti reali e proposte concrete. Insistendo su salari. Potere d’acquisto. Prezzo della benzina. Bolletta dell’elettricità, dispone di una roccaforte che non solo è solida. Ma ha anche esteso i suoi confini elettorali, forte di una classe elettorale fin qui appannaggio della sinistra al caviale. Una popolazione delusa. Arrabbiata. E in cerca di riscatto e di risposte da un presidente-candidato che ha intravisto tardi il “pericolo” della defenestrazione popolare. Che ha considerato fuori tempo massimo i rischi di una Francia profonda arrabbiata.

Meloni: «L’attuale mainstream non è in grado di dare risposte alle persone»

Un dato che ieri Giorgia Meloni, dal Vinitaly di Verona, ha sottolineato con parole che colgono nel segno. E che rilevano l’esistenza di una parte della politica, nazionale ed europea, del tutto disconnessa dalle reali esigenze dei cittadini. Ne è esempio proprio la Francia: la somma tra astenuti (26 per cento) e voti alla Le Pen (23) a Melenchon (22) e a Zemmour (7) fa emergere un’insoddisfazione incredibilmente diffusa. Un malcontento sottolineato dalla numero uno di Fratelli d’Italia, che a riguardo ha evidenziato: «Vogliamo parlare di quelli che ti dicono che va tutto bene e poi ci sono milioni di persone che votano in modo diverso perché chiedono risposte che l’attuale mainstream non è in grado di dare. Questo – sottolinea la presidente di Fdi – è il problema».

Lollobrigida: i francesi cercano un’alternativa

Un problema che oggi, ripropone e commenta dal Foglio anche il capogruppo alla Camera di Fdi, Francesco Lollobrigida, dicendo: «In base a quello che abbiamo visto, la Francia ha avuto cinque anni di inconcludenza, con Macron. Un presidente che peraltro ha sposato un modello di Europa che non ci convince. E che un’ampia parte dell’elettorato francese non condivide». E ancora. «Il modello Macron a me pare deludente per molti aspetti, se non fallimentare», incalza l’esponente di Fratelli d’Italia. Aggiungendo a stretto giro: «E i francesi hanno dimostrato infatti di voler cercare un’alternativa sia a destra, con Le Pen. Sia a sinistra, con Jean-Luc Mélenchon». Concludendo: «La Francia è un grande Paese. Che sta dimostrando di avere voglia di non continuare, a livello europeo, sul solco fin  qui seguito».

Presidenziali, un’Europa da ripensare

Certo, anche lo scenario bellico pesa sulle elezioni. Ma, ribatte Lollobrigida sul Foglio, «la guerra, a mio avviso, influenza il voto ma non direttamente. Un ragionamento si può fare: la guerra evidenzia cioè un altro aspetto, quello del “che cosa poteva fare l’Europa per evitarla?”. E sappiamo che l’Europa, a differenza che nei momenti immediatamente successivi al deflagrare del conflitto, è stata incapace di mostrarsi unita come dopo lo scoppio delle ostilità. Ci sono grandi responsabilità – prosegue il capogruppo alla Camera di Fdi – presso le grandi nazioni europee, responsabilità nel non aver saputo creare un’Europa forte. La fragilità europea è tra le possibili concause della guerra. Al di là dell’atteggiamento prepotente di Vladimir Putin, a cui va unanime condanna». Un’Europa che nelle vicende ucraine, è tornata a ribadire ieri Giorgia Meloni, «dovrebbe essere un gigante politico e un nano burocratico. E invece noi oggi abbiamo un gigante burocratico e un nano politico».

di: Priscilla Del Ninno @ 10:42


Apr 06 2022

Anpi sotto accusa per il “negazionismo” sulla strage di Bucha. “Vergogna”. “Memoria corta”

Le strane idee dei partigiani italiani e di quel che resta dell’Anpi sulla guerra in Ucraina indignano e fanno discutere anche a sinistra. Quella nota dei partigiani sul massacro di Bucha, in cui si esprimono dubbi sui fatti e sulla matrice della strage russa, non poteva non far discutere.  “L’Anpi condanna fermamente il massacro di Bucha, in attesa di una commissione d’inchiesta internazionale guidata dall’Onu e formata da rappresentanti di Paesi neutrali, per appurare cosa davvero è avvenuto, perché è avvenuto, chi sono i responsabili”, è scritto nella nota nella quale si cerca uno strano esercizio di equidistanza, cosa mai accaduta, invece, nella lettura storica della guerra civile in Italia dopo la caduta del fascismo. La condanna generica dei fatti di Bucha, con quei dubbi sollevati dall’Anpi sulla matrice russa, indignano, e non solo a sinistra.

Le critiche dello storico De Bernardi all’Anpi su Bucha

“La posizione dell’Anpi fa specie rispetto ad altre posizioni perché viene da un’organizzazione nata per custodire la memoria partigiana e quella di altre vittime”. Alberto De Bernardi commenta così, con l’Adnkronos, le parole dell’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia. Secondo lo storico dell’Università di Bologna, l’eccidio nella cittadina ucraina e gli altri che si vanno via via scoprendo, sono un copione già visto, dato che “in Italia ci sono state centinaia di stragi, da Marzabotto a Sant’Anna di Stazzema, durante la Seconda Guerra Mondiale ed è evidente che queste dinamiche storiche si stanno riproducendo in Ucraina. Quella in corso è una guerra ideologica, non una guerra fra Stati, che vuole negare l’esistenza dell’Ucraina. È l’invasione di un Paese civile, che voleva scegliere il proprio futuro, da parte di uno Stato imperiale. Ciò che sta succedendo è già accaduto, la guerra ai civili è parte integrante di tutte le guerre civili che si sono succedute nel corso del ‘900”.

“Uccidere i civili – spiega De Bernardi – fa parte integrante dello scontro, ucciderli fa parte di una strategia militare, per impressionare, spaventare, colpire i voltagabbana e vendicarsi in maniera vergognosa. Quanto al fatto che l’Anpi chiami in causa l’Onu, si ricordi che le Nazioni Unite e i Tribunali internazionali colpiscono i singoli responsabili e i processi sono verso i singoli colpevoli che si sono macchiati di delitti contro l’umanità: si tratta di processi individuali per appurare il ruolo e le responsabilità degli inputati in queste violenze. Ma tutto questo non c’entra con la constatazione dei fatti, che è del tutto incontrovertibile. Quello che è accaduto a Bucha ha riguardato un esercito in ritirata che ha commesso violenze contro i civili e questo ha come conseguenza la necessità di armare l’esercito ucraino, perché l’unico modo per far sì che queste cose non riaccadano è mettere gli ucraini nelle condizioni di difendersi”.

Le armi date dagli Alleati ai partigiani italiani…

“Parallelamente, devono andare avanti i negoziati e le trattative di pace – prosegue lo storico – ma prima di tutto bisogna fare in modo che in Ucraina ci siano le condizioni interne perché il Paese si possa difendere. La ritirate che stanno avvenendo da diverse città testimoniano che aiutare l’ucraina è stato utile e ha impedito l’invasione completa del Paese e che ciò che è avvenuto si riproducesse su scala più grande anche altrove. In tutto ciò, è sorprendente l’evocazione dell’Anpi del disarmo e della pace, quando i fatti testimoniano che, se gli ucraini non fossero stati armati, queste azioni si sarebbero riproposte su scala più grande. L’Anpi rappresenta la memoria dei partigiani, degli uomini e delle donne che hanno preso le armi per difendersi dai nazisti. Ma non solo: quelle armi glie le hanno date gli alleati. E’ successo in Italia, fra il ‘43 e il ‘45, esattamente quello che sta succedendo adesso in Ucraina e rispetto a cui oggi l’Anpi, invece di dire ‘aiutiamo gli ucraini nella loro resistenza’, prende una posizione attendista, senza chiamare in causa la propria identità storica, che dovrebbe collocarla in una posizione del tutto opposta”.

Le accuse di Boeri: “Anpi, che vergogna”

“Mi vergogno profondamente di leggere queste righe da parte di un’Associazione che sembra aver dimenticato che la Resistenza antifascista aveva scelto da che parte stare, chi fossero i nemici, dove e come riconoscere i colpevoli e le vittime”, atttacca invece il presidente di Triennale Milano Stefano Boeri commentando la nota dell’Anpi che “condanna fermamente il massacro di Bucha, in attesa di una commissione d’inchiesta internazionale guidata dall’Onu e formata da rappresentanti di Paesi neutrali, per appurare cosa davvero è avvenuto, perché é avvenuto, chi sono i responsabili”.

di: Luca Maurelli @ 15:04


Apr 05 2022

Il “suicidio occidentale” non è colpa del fascismo: Rampini fa centro sugli effetti, non sulle cause

Ha avuto fegato Federico Rampini a cimentarsi con il tema (spengleriano) del «suicidio dell’Occidente». Prova ne siano le recensioni agrodolci ma tendenti all’acido che l’hanno accolto sui giornali di sinistra. Inevitabile, del resto, nel momento in cui offre una chiave di lettura alternativa alla crisi, imputando molte delle sue manifestazioni al mito della società aperta e a quel che ne discende in termini di idolatria delle minoranze o di culto ambientalista di rito gretino. Ciò premesso, non è possibile non cogliere nel suo pensiero una sorta di cortocircuito quando va ad individuare la radice delle «correnti anti-occidentali» nelle ideologie del «fascismo e comunismo» oltre che nel «pensiero cattolico».

Rampini è l’autore di «Suicidio occidentale»

Ma è un’analisi (almeno per quel che riguarda il fascismo) che fa a cazzotti con la sua stessa tesi, dal momento che l’inviato del Corriere della Sera condanna senza mezzi termini fenomeni come la cancel culture, l’immigrazione incontrollata e funzionale al neo-schiavismo, l’utopia no-border e l’appiccicoso conformismo del politically correct. Va da sé che se questi sono gli effetti del declino dell’Occidente, il fascismo ha un alibi inattaccabile che stronca in radice il sospetto di esserne la causa. E proprio grazie alla somma dei suoi più deprecati ismi, tutti incompatibili con le degenerazioni denunciate da Rampini.

L’errata analisi sulle «ideologie del passato»

Infatti, o il fascismo è altra cosa dal movimento politico che ha esasperato il nazionalismo, introdotto il razzismo ed esaltato i “sacri confini” o l’analisi di Rampini sul punto è zoppicante. Probabilmente, è la seconda ipotesi. Diversamente, avrebbe cercato nel passato recente e non in quello remoto le cause del «suicidio dell’Occidente». Trovandone molte proprio in quelle che lui individua come conseguenze, tipo la pretesa di spacciare per diritto ogni capriccio o nell’espellere tutto quel che può evocare l’idea di rischio, di prova, di severità, di dovere. O, ancora, nella sistematica distruzione di concetti come lavoro, risparmio, economia reale a tutto vantaggio di altri come assistenzialismo, indebitamento, turbo-finanza.

Crisi irreversibile?

Queste cose non capitano, si decidono. Sono frutto di scelte politiche e legislative, così come di modelli culturali ed educativi. E sono talmente incistate nel nostro way of life che chi ha provato a correggerle – leggi Donald Trump – si è ritrovato contro proprio l’Occidente. È appena il caso di ricordare (ma Rampini non c’entra, anzi) che l’America è tornata di moda solo con Joe Biden. Già, con l’Arancione alla Casa Bianca, gli States erano più che altro un bubbone sovranista. A ulteriore conferma che con il suicidio dell’Occidente le «ideologie del passato» c’entrano poco. Forse nulla.

di: Mario Landolfi @ 17:43


Apr 02 2022

Il cortocircuito dell’intellighenzia rossa: quel che Santoro non può dire sulla resistenza Ucraina

Bisogna risalire alla performance post-editto bulgaro per ritrovare un Michele Santoro così tonico e smagliante in tv. Un gigante di fronte ad un inceppato Corrado Formigli, forse sorpreso dalla verve sfoderata a PiazzaPulita dall’antico mentore. Che l’uno fosse il maestro e l’altro il discepolo è apparso chiaro fin dalle prime battute dell’intervista sulla guerra in Ucraina. E forse nessuno si sarebbe meravigliato se prima di alzarsi e lasciare lo studio l’anchorman anziano avesse ordinato a quello più giovane di andargli a comprare le sigarette. Esageriamo, ovviamente. In ogni caso, dato a Santoro quel che gli spetta, è impossibile non rilevare quanto il conflitto in corso stia lacerando l’intellighenzia di sinistra. In tal senso, PiazzaPulita è stata illuminante. Soprattutto nel momento in cui Formigli ha tirato fuori la lettera con cui Enrico Letta rimproverava al suo ospite di non usare la parola “resistenza“.

Brillante performance di Santoro a PiazzaPulita

Credeva di aver calato l’asso vincente, invece ha dovuto ritirarsi con perdite. «In Ucraina – ha infatti replicato Santoro – c’è una guerra tra opposti nazionalismi: la resistenza è un’altra cosa». Sembra una questione di lana caprina, invece è decisiva ai fini della narrazione interna alla sinistra. Che di quel riferimento ha bisogno come l’aria per riproporre anche sullo scenario ucraino il paradigma di sempre: i buoni, cioè se stessa, da una parte; i cattivi, cioè Putin e i putiniani, dall’altra. Non è un caso che i talk-show tendano sempre più a chiamare in causa Salvini o Berlusconi in veste di testimonial dell’innamoramento della destra per Zar Vladimir. Ma questo è il passato. Il presente, al contrario, consegna ben altre simpatie verso il Cremlino: i Vauro, i Travaglio, i Santoro e tanti altri etichettati “sinistra” in tempi ordinari e perciò assegnabili di diritto alla parte dei buoni.

«Tra Kiev e Mosca guerra nazionalista»

Scopo del ricorso alla suggestione resistenzialista è proprio quello di non regalarli ai cattivi, pena l’inservibilità del citato paradigma. Ma in un frangente che vede tragica protagonista l’Europa orientale, è facile solo a dirsi. E sì, perché quella è l’unica parte del globo dove lo schema buoni/cattivi può irrimediabilmente incagliarsi. Per la semplice ragione che i popoli dell’Est non guadagnarono né libertà né democrazia dalla sconfitta del nazifascismo nella Seconda guerra mondiale. Se prima a schiacciarli era lo stivale di Hitlter, dopo lo avrebbe fatto quello di Stalin, alleato degli Anglo-americani. Basterebbe questa banale constatazione a demolire radicalmente il significato che ancora si attribuisce a quel conflitto. Ad esso non era sotteso alcun obiettivo di liberare i popoli oppressi dai totalitarismi. Diversamente, quelli al di là della Cortina di ferro non avrebbero dovuto aspettare ancora mezzo secolo.

Pesa l’equazione antifascismo-democrazia

È il motivo per cui per buona parte della sinistra, non quella stinta dell’ex-dc Letta ma quella ideologica dei Santoro, parlare di resistenza ucraina contro la Russia è come per l’assassino tornare sul luogo del delitto. Solo che in questo caso la vittima è la verità storica. Non va infatti dimenticato che il (falso) mito della resistenza italiana si regge sull’equazione antifascismodemocrazia, smentita proprio dal prolungato martirio dell’Europa orientale ad opera dell’antifascistissima Unione Sovietica. Eppure, è su quella fuorviante equazione che l’intellighenzia rossa ha innestato la propria formidabile rendita di posizione. Dire perciò che l’Ucraina resiste all’invasore russo, erede di quello sovietico, è – per i suoi rappresentanti – come ammettere di raccontare solo balle da settant’anni.

di: Mario Landolfi @ 13:28


Mag 05 2021

Gioventù Nazionale compie sette anni, è la voce dei giovani patrioti italiani contro l’omologazione

Gioventù Nazionale compie 7 anni. Forse sono ancora pochi rispetto alla lunga storia politica di cui ci siamo fatti testimoni ed eredi. Ma son tanti rispetto al tempo pazzo che viviamo, piegato dalla disillusione e dal disimpegno.
Sta di fatto che la prova del tempo vogliamo vincerla. Vogliamo diventare un punto di riferimento certo nell’immaginario dei giovani italiani. Vogliamo mettere al riparo la rigenerazione che, di volta in volta, di militante e militante, cambia i volti di Gioventù Nazionale ma non la sua aspirazione fondamentale. Vogliamo essere puntuali lettori del presente per prendere di petto un futuro troppo spesso senza certezze. Vogliamo dare forza alla voce della nostra generazione, acciuffando per mano i nostri coetanei più rassegnati. Vogliamo rappresentare nel tempo un modello, nutrito dalla speranza e dal coraggio. Un esempio, nutrito dall’esperienza. Vogliamo fare questo. A Dio piacendo, per sempre.

Di generazione in generazione. La nostra storia infinita.

L’attualità conferma che la nostra esistenza è necessaria. La nostra Gioventù Nazionale, come nella migliore tradizione della destra giovanile italiana, rappresenta uno sguardo alternativo e metodi alternativi di ingaggio alle questioni del proprio tempo. Se questa visione del mondo resiste e convince, è perché prima di noi, Giorgia Meloni, oggi leader del nostro partito, Fratelli d’Italia, insieme alla sua generazione ha saputo interpretare il proprio tempo e consegnare il testimone di quella storia, raccolto a sua volta da altre generazioni.

La giovane destra italiana in prima linea contro il disagio giovanile

Ora tocca a noi, a raccogliere i dissapori e proporre soluzioni tecniche e serie per trovare il coraggio di alzare la voce contro lo smantellamento in corso dello Stato di diritto, il rovesciamento delle dinamiche istituzionali, il silenzio colpevole del governo sull’università e la scuola. Per denunciare lo smarrimento di migliaia di ragazzi che si agitano tra libri e lavoretti part time senza una meta. In questo ultimo anno, abbiamo lottato incessantemente per farci sentire, per riprendere la nostra vita, contestare la DAD, dare battaglia all’insensato e antiscientifico coprifuoco.

Patrioti vs Globalisti: la sfida del nostro tempo

È nostra prerogativa, nonché nostro dovere, indicare quelle che sono che le grandi sfide che dovremo combattere. Recentemente, Gioventù Nazionale ha realizzato una campagna dal titolo “Patrioti vs Globalisti”. Noi crediamo che lo scontro del nostro tempo si fondi su questi due fronti.

Combattere l’omologazione, difendere l’identità

Da una parte chi crede ciecamente nella globalizzazione, in un regime economico iper- liberista su scala planetaria che annienta il bello della diversità a vantaggio di multinazionali che, come funghi, sorgono in ogni parte del globo, offrendo a tutti gli stessi prodotti, ed omologando il mercato e gli uomini. Dall’altra chi crede in una economia dal volto umano. A protezione delle botteghe artigianali, così come delle piccole e medie imprese che costituiscono l’ossatura dell’Italia ma che, oggi, non riescono a competere con i colossi internazionali che a colpi di delocalizzazioni e sfruttamento dei lavoratori, sono in grado di offrire merce di dubbia qualità a prezzi stracciati.
Da una parte chi definitivamente si è votato alla religione del consumismo, la mentalità che vede nell’accumulo di denaro e di prodotti il fine ultimo della esistenza umana. Esistenze ormai spoglie di profondità e valori tradizionali. Dall’altra chi continua a coltivare lo spirito.

Recuperare i propri riferimenti e orientarsi nel fantomatico “progresso”

Da una parte chi si è sottratto ai grandi ed eterni interrogativi della vita: chi siamo? Da dove veniamo? A cosa torneremo? Cosa ci facciamo qua? Hanno pensato, abiurando alla loro razionalità, che queste domande automaticamente si elidessero inseguendo il fantomatico “progresso”. Ma la scienza è uno strumento a servizio dell’uomo, non risolve la nostra ansia di eternità e soprattutto non deve sopprimere il senso alto della vita umana. Dall’altra chi ancora spera in una società fondata sul rapporto umano, sul solidarismo e che rifugge il materialismo.

Contro la cultura del “no limits”

Da una parte chi è approdato alla cultura del “no limits”, della assenza di confini. Intendono abbattere i confini nazionali, economici, sessuali, di età. Da una parte c’è chi, soprattutto, ha tradito i padri, rinnegando la propria terra, per infatuarsi della dimensione globale. In preda al globalismo, ha ritenuto che l’attaccamento alla Patria, intesa come sintesi fra territorio, lingua e cultura, fosse una congettura da bigotti. E che moderno è chi rinuncia alla sua identità e scimmiotta costumi esteri.
Sappiamo anche che in  questo secolo di cambiamenti e progressiva liquefazione della società, resisterà solo chi saprà trattenere con i denti la sua anima.

I nuovi paladini della sinistra, scompariranno presto.

La sinistra del politicamente corretto agita scomposta i suoi nuovi paladini interpreti del globalismo: da Carola Rackete a Fedez tutto condito in salsa di “Sardine” scadute prima del tempo.

Noi continueremo ad essere la voce libera dei giovani patrioti d’Italia

Dall’altre parte noi, una gioventù autentica, libera, fiera della propria storia, della propria cultura, delle sue tradizioni. Siamo orgogliosi di essere italiani, capaci di immaginare il futuro, consapevoli del proprio ruolo nel mondo. Oltremodo scanzonati, scomodi ai poteri forti, impegnati nel volontariato, utili a costruire. Portatori di valori eterni, interpreti di un modo di essere, allergici alle omologazioni. Una comunità di uomini e donne che diventano esempio, schifano i furbi, combattono le mafie, non si arrendono alla cultura della morte, allontano la droga e cantano la vita. Ragazzi e ragazze normali in un mondo di mediocri che si credono straordinari. Questa è Gioventù Nazionale, la voce libera dei giovani patrioti italiani, che voglio ringraziare e abbracciare simbolicamente tutti. Un autentico miracolo del nostro tempo.

di: Fabio Roscani @ 11:25


Apr 07 2021

“Rebecchini, l’impegno e la coerenza di un cattolico”: il ricordo di Pedrizzi, un anno dopo

Riceviamo e volentieri pubblichiamo.

E’ passato un anno dalla scomparsa dell’ingegner Gaetano Rebecchini (2 aprile 2020 all’età di 95 anni), una delle poche figure che nell’ultimo mezzo secolo ha contrastato con impegno e coerenza la deriva progressista e modernista del mondo cattolico.

Il mio amico Gaetano apparteneva a una importante famiglia romana. Il padre era stato sindaco di Roma. Il fratello più piccolo, Francesco, è stato sottosegretario e senatore, e anche gli altri fratelli, Paolo, Luigi e Filippo, si sono distinti per il loro impegno imprenditoriale e civile.

Agli inizi degli anni Settanta, quando il Partito Comunista conquistò Roma e si apprestava a governare l’Italia, Rebecchini, si impegnò con generosità e vigore per arginare il pericolo comunista. Per questo creò una delle prime emittenti private in Italia, Tele Roma Europa.

Negli anni successivi la sua casa fu sempre un punto di incontro per coloro che combattevano il processo di degrado culturale e morale del nostro Paese. Rebecchini fu uno dei fondatori di Alleanza Nazionale e fu presidente della “Consulta etico-religiosa”, carica che mantenne sino a quanto si dimise, nel luglio 2005, non condividendo la posizione di Gianfranco Fini sulla procreazione assistita. Dopo di lui la Consulta cattolica fu presieduta da Gustavo Selva e Riccardo Pedrizzi. Dal 1991 al 2011 fu Consultore dello Stato della Città del Vaticano. A lui mi legava una forte amicizia fondata sui comuni valori della Tradizione cristiana e nazionale.

E’ stato una delle vittime del Coronavirus.

 

di: Luca Maurelli @ 20:09


Mar 17 2021

Gioco illegale, una piaga italiana nell’era del Covid. Pedrizzi: “Più sostegno alla Guardia di Finanza”

Riceviamo da Riccardo Pedrizzi, già parlamentare e presidente della Commissione Finanze del Senato, e volentieri pubblichiamo.

Il cittadino italiano ha una particolare propensione al gioco, per cui davanti alle restrizioni per Covid ha continuato a giocare, indirizzandosi verso il gioco illegale ed in particolare verso le piattaforme che vengono intercettate dall’Agenzia e dalla Guardia di Finanza, l’impegno perciò è quello di riportare sull’ambito del gioco legale queste attività, come dimostrano le brillanti operazioni portate a termine dal benemerito corpo di polizia finanziaria. Eccone solo alcune, che dimostrano che la criminalità organizzata opera su tutto il territorio nazionale.

1) operazione “ALL IN” conclusa nel giugno 2020 dal Nucleo di polizia economico-finanziaria di Palermo che, sotto la direzione della locale Procura della Repubblica, ha eseguito misure cautelari personali nei confronti di 10 soggetti, ritenuti responsabili, a vario titolo, di concorso esterno in associazione di stampo mafioso, riciclaggio e trasferimento fraudolento di valori con il sequestro preventivo dell’intero capitale sociale e del complesso aziendale di 8 imprese, 5 delle quali titolari di concessioni governative. Le indagini hanno consentito di riscontrare l’interesse di “Cosa Nostra” nella gestione delle concessioni statali dei giochi e delle scommesse sportive e di individuare un gruppo di imprese dedite a riciclare denaro di origine illecita. I profitti ottenuti grazie alle attività di gioco, con volumi pari a 100 milioni di euro, contribuivano al sostegno economico delle famiglie dei consociati in regime detentivo.

2) operazione “DIRTY SLOT” conclusa dal Nucleo di polizia economico-finanziaria di Lecce, che ha portato all’esecuzione di misure cautelari personali nei confronti di 10 soggetti, per i reati di estorsione, truffa informatica, gioco d’azzardo e violazione della normativa a contrasto degli illeciti in materia di apparecchi e congegni da divertimento e intrattenimento. (a)

3) operazione “MERCATO” conclusa nel luglio 2020 dal Nucleo di polizia economico-finanziaria di Bari, unitamente al Servizio Centrale di Investigazione sulla Criminalità Organizzata, nei confronti di 39 persone fisiche e di 14 imprese, tra cui 10 esercenti l’attività di sale giochi, per i reati di riciclaggio, reimpiego e trasferimento fraudolento di valori.

4) operazione “CRISTALLO” del Gruppo di Torino, che ha consentito di scoprire un software sviluppato specificamente per le A.W.P. (new slot2), installabile mediante una periferica usb, che permetteva di alterare abusivamente i contatori fiscali.

Il sistema di frode, creato a danno dei giocatori, permetteva un’illegale riduzione della percentuale di vincite erogate (c.d. payout), assicurando al proprietario/gestore degli apparecchi illeciti proventi.

L’operazione si è conclusa con la denuncia di 142 soggetti per i reati di frode informatica e di interruzione illecita di comunicazioni telematiche, con il sequestro di 354 videoslot e di 882 nulla osta.

5 – 6 – 7) operazioni “REVOLUTIONBET”, “SCOMMESSA” e “GALASSIA”, che hanno portato al sequestro di beni per un valore di circa 1 miliardo di euro, nei confronti di soggetti ritenuti responsabili dei reati di associazione mafiosa, trasferimento fraudolento di valori, riciclaggio e autoriclaggio, illecita raccolta di scommesse online e fraudolenta sottrazione ai prelievi fiscali dei guadagni conseguiti. Le attività investigative, svolte dallo S.C.I.C.O. e dai Nuclei di polizia economico-finanziaria di Catania, Bari e Reggio Calabria e dal Nucleo Speciale Tutela Privacy e Frodi Tecnologiche, sotto il coordinamento delle locali Direzioni Distrettuali Antimafia, hanno interessato numerosi esponenti della criminalità organizzata radicata nei singoli distretti e hanno permesso di accertare un complesso sistema organizzato di raccolta illegale di scommesse su eventi sportivi e non, gestito con modalità mafiose, tramite un circuito parallelo illecito costituito da piattaforme informatiche che ha garantito un volume di giocate stimato in oltre 4,5 miliardi di euro.

In questa direzione di marcia bisogna continuare se si vuole perseguire con efficacia l’obiettivo principale delle forze dell’ordine, G.d.F.; Polizia di Stato e Carabinieri, che oltre al contrasto alla criminalità, è anche quello di tutelare tutti gli attori della filiera regolare e legale del gioco dalla concorrenza sleale di operatori abusivi e i giocatori da proposte di gioco illegali, insicure e prive di alcuna garanzia, salvaguardando le fasce più deboli, prime fra tutte i minori, la salute del cittadino consumatore ed, in genere, l’ordine pubblico.

di: Luca Maurelli @ 11:52


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