Economia circolare e riutilizzo: un affare che vale miliardi. E fa bene al Pil, non solo all’ambiente

6 Feb 2023 12:12 - di Mario Bozzi Sentieri
economia circolare

Tra la tendenza consumatoria, tipica del vecchio capitalismo, e l’estremismo ambientalista, antieconomico e pauperista, sembra emergere, oggi, con le inevitabili incertezze tipiche delle fasi nascenti, una sorta di “terza via” produttivistica, impegnata a coniugare sostenibilità ambientale e attività produttive. Gli “argini” di questa nuova tendenza sono rappresentati dalla economia circolare e dal re-manufacturing.

Cosa sono e a cosa puntano l’economia circolare e il re-manufacturing

Sul primo versante (circular economy), si tratta di un modello pensato per sostituire l’economia lineare (estrazione, produzione, distribuzione, consumo e smaltimento) con un sistema di produzione e consumo in grado di sfruttare i prodotti e le risorse naturali esistenti, con l’obiettivo di estenderne il ciclo di vita e ridurne i rifiuti derivati. Attualmente l’economia circolare si pone come una soluzione realistica per affrontare le sfide ambientali come il riscaldamento globale, la mobilità sostenibile, la scarsità di risorse e la gestione dei rifiuti, riducendo l’uso di risorse non rinnovabili e le emissioni di CO₂, e allo stesso tempo per creare, attraverso l’innovazione, nuove opportunità commerciali e posti di lavoro. Sul secondo versante (re-manufacturing), l’idea è di smontare un prodotto o un componente già utilizzato, rimetterlo a nuovo e riportarlo sul mercato. Con tutta una serie di  vantaggi: per  il produttore, che guadagna di più rispetto alla fabbricazione ex novo e può più facilmente accedere a modelli di business 4.0; il consumatore finale, che spende di meno; l’ambiente; l’occupazione.

Quanto vale questa “terza via” produttivistica

Non a caso “Siamo veramente all’alba di una nuova stagione industriale?” è  stato l’interrogativo che è emerso  al convegno sulla “Circular economy e il re-manufacturing”, organizzato, alcuni giorni fa, dall’assessorato allo Sviluppo economico di Regione Liguria, in collaborazione con la Camera di Commercio di Genova. I numeri sembrano indicare una chiara tendenza. In Europa, l’economia circolare richiede, secondo gli analisti, investimenti per 4,5mila miliardi entro il 2030. In Italia, secondo Agenda Digitale, l’economia circolare riguarda 519mila persone e vale 3,5 miliardi di euro di Pil, valore superiore al valore medio europeo (2,2 miliardi di euro).

“Siamo all’alba di una nuova stagione industriale?”

L’incontro genovese ha rappresentato  un’occasione per delineare con istituzioni, esperti e rappresentanti del tessuto imprenditoriale ligure la situazione attuale e le opportunità che l’economia circolare prospetta per il prossimo futuro. «Il nuovo settennato dei fondi Fesr 2021-2027 pone obiettivi sfidanti che vogliamo e dobbiamo cogliere in vista di un necessario cambio di paradigma, che deve tener conto di materie prime sempre più limitate. Opportuno perciò capire il fenomeno a cui stiamo andando incontro e le aspettative che ripone sul tema la comunità ligure – ha spiegato l’assessore regionale allo Sviluppo economico, Andrea Benveduti – Per farlo, con questo convegno, in continuità con i precedenti incontri tematici, abbiamo acceso un faro su come la Liguria possa intraprendere la strada del Green Deal europeo, evitando che la transizione ecologica generi danni alle filiere industriali. Con la nuova programmazione avremo 30 milioni di euro da destinare alle imprese liguri in quest’ambito, dobbiamo fare in modo che ogni euro venga speso al meglio».

Verso l’affermazione di un nuovo paradigma economico sostenibile

Se questa è la prospettiva di lavoro che emerge dai territori, l’economia circolare può diventare realmente  il nuovo paradigma economico sostenibile in grado di conservare nel tempo il valore di prodotti e servizi e slegare lo sviluppo di imprese e territori dal consumo delle risorse naturali esauribili? La transizione verso un’economia circolare ha in sé numerosi vantaggi/aspettative, tra cui la riduzione della pressione sull’ambiente, l’ottimizzazione della disponibilità di materie prime e un inevitabile impulso all’innovazione e alla crescita economica. I consumatori potranno avere a disposizione prodotti più durevoli, che consentono un risparmio economico, e innovativi, in grado di migliorare la qualità della vita. Il recupero dei territori e la rigenerazione urbana diventeranno lo snodo attraverso cui conciliare crescita economica, benessere, occupazione e, ovviamente, la tutela del nostro pianeta.

I vantaggi ambientali e sociali del riciclo e del riutilizzo

Il riciclo e il riutilizzo dei materiali di scarto comporta anche un altro importante vantaggio, di natura sociale, attivando la collaborazione tra le aziende. In questo modo, scarti di produzione in determinati settori possono essere trasformati e diventare materia produttiva per altri settori. L’economia circolare si pone inoltre come risposta al crescente problema della disoccupazione, soprattutto nel nostro Paese. A partire dall’emergere di figure altamente qualificate nella gestione di processi produttivi legati a tematiche ambientali. Ultimo, ma non ultimo, obiettivo quello della raccolta differenziata, puntato sulla realizzazione degli impianti per la chiusura completa del ciclo.

La necessità di “accompagnare” una nuova stagione industriale

In questo sintetico elenco di opportunità e di scadenze la domanda “Siamo veramente all’alba di una nuova stagione industriale ?”, emersa nell’incontro genovese, rende esplicite le problematiche relative alla transizione e, nel contempo, la necessità che su queste diverse “opzioni” si individuino – a livello di sistema-Paese – chiare modalità d’intervento. A partire da organici piani di settore e territoriali, essenziali per  “accompagnare” l’attuale fase di passaggio, insieme digitale ed ecologica. Una fase che ci piace immaginare foriera di una “terza via” produttivistica, nella quale innovazione tecnologica e conservazione ambientale sappiano trovare un nuovo equilibrio. Senza dimenticare il valore-lavoro, fattore essenziale di coesione, dentro e fuori le aziende. In questo mix (innovazione, conservazione ambientale, ruolo dei territori, centralità del lavoro) l’alba di una nuova stagione industriale non sarà solamente un’aspettativa, quanto soprattutto una sfida vincente, in grado di realizzare una nuova spinta propulsiva per le politiche industriali del Terzo Millennio.

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