Apr 12 2018

Redazione @ 18:43

Regioni sempre più inutili: in 6 anni la spesa per investimenti crolla del 32%

Regioni indietro tutta sulle spese finali. Una drastica riduzione – 1,5 per cento tra il 2009 e il 2015 – innescata sia dalle esigenze di contenimento   del debito sia dagli effetti della crisi economica. A rimetterci, nei sei anni esaminati, le sole spese per investimenti crollate addirittura del 32 per cento. In compenso, è rimasta invariata la spesa corrente, i cui impegni nel 2015 superavano del 3,1 per cento quelli del 2009, È quanto emerge dal Rapporto sui bilanci regionali, curato dall’Ires per conto della Cgil e presentato oggi a Roma a due anni dall’avvio della riforma per l’armonizzazione dei documenti contabili.

[premium level=”1″ teaser=”yes” message=”Per continuare a leggere l’articolo”] Presentato il rapporto Ires sui bilanci delle Regioni

Il secondo elemento “fotografato” impietosamente dai dati dell’Ires – si legge nel Rapporto – riguarda la «difficoltà delle regioni di sostenere interventi anti-crisi e di realizzare le infrastrutture più qualificate». Dalla lettura dei bilanci, infatti, emerge come il risparmio accumulato sia stato impiegato prevalentemente per le operazioni di rientro dal debito e non per il finanziamento degli investimenti diretti (3,2 miliardi in meno tra il 2014 e il 2016). Sulle regioni a Statuto ordinario pesa soprattutto il processo di ”sanitarizzazione” della spesa corrente, passata dal 79,5 per cento registrato nel 2009 all’83,3 del 2015. Un processo che riguarda in special modo Veneto (88,6 per cento), Toscana (87,3) ed Emilia-Romagna (86,3). La rimanente quota di spesa corrente libera da sanità si concentra in pochi settori, in particolare trasporti e organi istituzionali, che in Sicilia e Friuli Venezia Giulia, «incidono con percentuali molto rilevanti». Risultato: ora sono le politiche sociali la Cenerentola dei bilanci delle regioni a Statuto ordinario dove assorbono ormai meno del 2 per cento della spesa corrente.

Ma crescono le addizionali Irpef

Un capitolo a parte meritano le politiche tributarie: le regioni impegnate in piani di rientro dal deficit, hanno rivisto in alto l’addizionale Irpef, causando la lievitazione della pressione fiscale: Nel dettaglio, dal 2012 al 2018, l’addizionale Irpef per i redditi medi in Piemonte è passata dall’1,53  al 2,13 per cento, nel Lazio dall’1,73 al 2,73 per cento e dall’1,23 all’1,81 per cento in Liguria. Particolare attenzione ha riservato il rapporto Ires alla spesa corrente per la sanità, rimasta stabile nel biennio 2012-2014 (105,3 miliardi), riprendendo a crescere nel 2015-2016, con un incremento complessivo solo del 2,7 per cento registrato nel 2012-2016. In compenso, nello stesso periodo, sono diminuite le risorse aggiuntive per il finanziamento dei Lea (Livelli essenziali di assistenza) facendo scendere la spesa complessiva per la sanità da 118,1 a 117,9 miliardi. La spesa per la sanità è pari al 6,7 per cento del pil ed è destinata ad un ulteriore ridimensionamento, fino ad assestarsi, nel 2020, a quota 6,3. Nell’area euro meno dell’Italia per la sanità spendono solo Polonia, Spagna, Grecia e Portogallo.

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