Mag 04 2024

Annalisa @ 12:48

Guglielmo Marconi, il genio poco celebrato: tutta colpa dell’oicofobia e del 25 aprile politicizzato

Il protagonismo eccentrico dei novelli resistenti a gettone, Scurati & Co., ha finito per “oscurare”, è il caso di dire, uno dei più importanti “25 aprile” della storia d’Italia, che gli “oicofobi” nostrani si guardano bene dal ricordare, impegnati come sono nella propaganda in favore del ripudio dell’intera storia italiana precedente la liberazione.

Il 25 aprile 1874, centocinquanta anni fa, a Bologna, nasceva Guglielmo Marconi, un grande italiano, patriota e convinto fascista, che deve la sua fama a una strabiliante scoperta: nel mondo dell’invisibile è possibile catturare una fitta ragnatela conduttrice di segnali. Ciò che a quei tempi era l’inimmaginato mistero della natura venne alla luce.

Nessuno voleva crederci, neanche Emilio Sineo, ministro delle poste del governo Rudinì, che dinanzi al trabiccolo offerto da un Marconi appena ventenne, nel 1895, su un foglio annotò: “alla Longara!”. Si riferiva alla località che ospitava l’ospedale psichiatrico romano.

Per molto, troppo tempo l’Italia non fu generosa con Marconi, che pure l’amava più di se stesso. Già al momento di prestare servizio militare si vide assegnare dalla Marina la qualifica di “operaio”, nonostante fosse laureato in ingegneria, e venne assegnato alla categoria che comprendeva fabbri, carpentieri e bottai anziché a quella dei torpedinieri o dei telegrafisti. Per non parlare della fredda indifferenza della comunità scientifica italiana di fine ‘800. Ci vollero gli spettacolari esperimenti effettuati in un’altra nazione, l’Inghilterra, perché l’ufficialità scientifica delle sue teorie venisse accettata anche nel suo paese. Marconi ne diede una giustificazione sarcastica: “Badate bene, l’Italia non disse già che l’invenzione non valeva nulla, ma che il telegrafo senza fili in quei giorni pareva contenere delle promesse soprattutto dal punto di vista marinaro e fu così che me ne andai a Londra”.

La freddezza delle élite non scalfì il suo profondo senso di patriottismo, che lo portò a resistere non solo alle pressioni affinché prendesse la cittadinanza britannica, ma anche alle richieste di cessione alla “Wireless Telegraph and Signal Company” i diritti di brevetto per l’Italia. Gli dispiaceva che l’Italia, in tempo di guerra, potesse correre il rischio di restrizioni nell’uso della radiotelegrafia. Arrivò a rifiutare la somma di centomila lire dagli inglesi per “creare alla sua Patria una condizione di favore” – come scritto in una relazione del Ministero della Marina. Di lì a poco l’apoteosi: Marconi riuscì a collegare con la radiotelegrafia senza fili l’Europa all’America attraverso l’Atlantico!

Ricevette per quest’altra scoperta riconoscimenti in tutto il mondo, tra cui il premio Nobel per la fisica nel 1909, senza che ciò lo distogliesse nel parlare sempre italiano. Da raffinato cultore della lingua non si adeguò mai al francese, allora in voga, e neanche all’inglese, che pure conosceva benissimo. E il suo disprezzo per l’esterofila, non solo linguistica, fu causa di raffreddamento di diverse sue relazioni. Interrompeva il suo impegno scientifico solo per assecondare l’innato patriottismo. Tornò precipitosamente in Italia per mettersi a disposizione della Marina all’inizio delle ostilità sia della guerra italo-turca che della Grande Guerra. E non fece mancare la sua prestigiosa presenza in molte altre occasioni, come nella missione americana del 1917, nella Conferenza di Pace di Parigi (1919) e poi anche a Fiume, dove si recò con l’Elettra per attestare a tutto il mondo l’alto significato dell’epopea dannunziana in difesa dell’italianità.

Nel 1923 Marconi si iscrisse al Partito Nazionale Fascista, precisando che lo faceva “per convinzione e non per convenienza”. Preceduto dalla sua fama di scienziato, dal 1930 al 1937, fu presidente dell’Accademia d’Italia, fondata nel ’26 per “promuovere e coordinare il movimento intellettuale italiano nel campo delle scienze, delle lettere e delle arti”. Durante il suo settennato rivelò raffinate capacità diplomatiche e grande volontà realizzatrice. Incontrava molto spesso Mussolini, privatamente e sempre da solo, senza cioè avvalersi della compagnia di testimoni e “controllori”, riottoso com’era a ogni tipo di rituale convenzionale o prudenza d’obbligo. Da convinto assertore della missione civilizzatrice dell’Italia nel mondo, contro l’assedio delle potenze colonialiste, non esitò a prendere posizione contro le sanzioni all’Italia fascista, denunciando apertamente quella che definì “la disumana crociata economica e finanziaria contro l’Italia”.

In occasione dei suoi funerali, dal 18 al 21 luglio del 1937, per le strade di Roma un corteo di popolo seguì il feretro per ore fino a Santa Maria degli Angeli. Mentre per disposizione di tutti i governi del mondo, ogni emittente cessò di trasmettere per alcuni minuti. Senza Marconi – un grande italiano – l’etere non avrebbe avuto una voce e l’umanità intera sarebbe stata più povera e impotente.