Meloni sulla scena internazionale si muove da habitué. La retromarcia è “loro”

31 Gen 2023 11:11 - di Carmelo Briguglio 
Meloni

La vedete, no, nel planetario politico? Parlo dei cento giorni di Giorgia Meloni: sulla scena internazionale si muove da habitué. A suo agio. Ha saltato il noviziato. Non so chi e cosa l’aiuti. Il depositum fidei politico, l’esperienza istituzionale, le letture fantasy, il culto notturno dei dossier, la conoscenza delle lingue? O il berlusco “quid”, ricordate? Magari c’entra il vento del consenso che soffia. O il miele lunare che dura. Ho pensato pure all’Angelo custode. Fatto sta che lei ha annegato il daimon dell’underdog in posture sicure ed esami passati con scioltezza; la premier d’Italia si é conquistata le stellette di leader maggiore in Europa e Oltreoceano. E le fa conquistare pure alla Nazione.

Leader affidabile al cento per cento

Gli ultimi passi nei paesi del Mare di Mezzo in nome del “resuscitato” Mattei, la telefonata a cinque con Biden sull’Ucraina, il vis a vis con Michel, il tour tra Berlino e Stoccolma, ci mettono il sigillo: é così. L’unico capo di governo donna del G20 ha ormai una legittimazione universale, incontestata. Nessuno pone più il tema delle Cancellerie: ma quante pietre le hanno tirato? Ora non se ne parla più. Ma fermi tutti. Non ve la cavate così. A questo punto, posatevi un po’ su questa disgrazia degli oppositori: Meloni é l’unico leader politico italiano affidabile, cento su cento, per gli alleati: da Bruxelles a Washington. L’unico. É il dato dei dati. Che dire? Non doveva essere lei un rischio per Ue, Nato, Occidente? Vedo e sorrido dei ripetuti titoli sulla “retromarcia”; guardate invece questa, di marcia indietro: l’autodafé silente dei direttori dei fogli nostrali, rispetto ai granitici teoremi sulla presidente del Consiglio balbettante e non affidabile per le ambasciate di Vecchio e  Nuovo continente. Invece, quanto sopra: é una bella botta, che fracassa la narrazione sulla unfitness di Giorgia  

A sinistra Conte pacifinto ed Elly palombella rossa

Guai a tornarci su e a fare confronti a sinistra. Con chi? Con Giuseppi Conte pacifinto? Con i quattro primaristi Pd, Elly Palombella Rossa in testa. E neppure – sottovoce, sennò qui mi sgridano – con altri dubbiosi del centrodestra. Ci siamo intesi: sono lei e Mattarella a guidare il convoglio Italia in questo difficile tornante della Storia. Ma chi doveva dirlo? 

Ve lo dico io, a modo mio: é Dante – quello che il provocatore Sangiuliano ha provato a “miniculpopizzare” a destra – nel XX^ dell’Inferno, a condannare gli indovini a camminare all’indietro: “ché da le reni era tornato ’l volto, e in dietro venir li convenia, perché ’l veder dinanzi era lor tolto”.  Quanti dei nostri “medium”, che avevano divinato una Meloni scacciata dai Grandi della Terra, finiranno in quel girone? Intanto, fanno dietrofront muto, quaggiù.  Va bene, va bene: mi stoppo qui. Ma in finale vi butto sulla strada il masso, bello grosso di Orban? Non ve lo aspettavate, eh? Risolviamo la questione: é Viktor o Giorgia che retrocede dagli impegni atlantici di fronte alla minaccia Putin? Voi che dite? E soprattutto, ai teorici della marcia indietro: vi piace il terzaforzismo barra neutralismo filo-russo, in salsina ungherese? E che fate, adesso, vi torcete? Scappate? All’indietro? Lo sapevo. Attenti a non farvi male. 

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