Il Censis fotografa un’Italia «passiva» e «impaurita» che rifiuta demagoghi e influencer

2 Dic 2022 12:30 - di Redazione
Censis

Malinconici, spaventati dagli eventi globali che possono da un momento all’altro compromettere presente e futuro, sempre meno disposti a seguire le sirene degli influencer e del lusso ma anzi indignati dallo sfoggio di denaro e dalle diseguaglianze economiche ostentate nella vita e sui social. È il ritratto degli italiani che emerge dal 56° Rapporto Censis, quello che fotografa un Paese «entrato nel ciclo del post-populismo». Sullo sfondo il primato europeo dei Neet, le aule scolastiche sempre più vuote a causa della contrazione demografica e la sanità che dovrà affrontare una carenza di personale. Il report arriva a valle di una drammatica sequenza di eventi di portata mondiale: il Covid, la guerra in Ucraina, l’inflazione in crescita e la crisi energetica.

Presentato il 56° Rapporto Censis

Un poker micidiale che va a sommarsi alle vulnerabilità preesistenti e che determina negli italiani «una rinnovata domanda di prospettive certe di benessere» ma anche «istanze di equità non più liquidabili come aspettative irrealistiche fomentate da qualche leader politico demagogico». Post-populismo, dunque. E d’altronde il 92,7 per cento degli italiani è ben convinto che la corsa dei prezzi durerà a lungo. Il 76,4 per cento pensa che le entrate familiari nel prossimo anno non aumenteranno, mentre quasi il 70 pensa anzi che il proprio tenore di vita peggiorerà. Diventano quindi «socialmente insopportabili» le forbici economiche. Il Censis le elenca: il gap tra i salari dei manager e quelli dei dipendenti (odioso per l’87,8 per cento), le buonuscite milionarie dei top (86,6) ma anche gli eccessi, i jet privati e le auto costose. L’81,5 per cento non tollera gli «immeritati guadagni» degli influencer, personaggi «senza competenze certe».

No cortei, ma astensionismo elettorale

A fronte di ciò, tuttavia, salvo «improvvise fiammate», l’Italia non registra «intense manifestazioni collettive come scioperi, manifestazioni e cortei». E a comprovarlo c’è anche il dato record dell’astensione elettorale. C’è piuttosto un ripiegamento in sè. «Una filosofia molto semplice – annota il Censis – “lasciatemi vivere in pace nei miei attuali confini soggettivi”». Una tentazione alla «passività» che si riscontra nel 54,1 per cento degli italiani. Ma, nel complesso, 4 su 5 «non hanno voglia di fare sacrifici per cambiare». L’83,2 per cento non vuole più sacrificarsi per seguire gli influencer, l’81,5 per vestire alla moda, il 70,5 per acquistare prodotti di prestigio, ed è attorno al 60 la percentuale di chi non smania per sentirsi più giovane o attraente.

Il timore della guerra

Si frena anche al lavoro: al 36,4 non interessa più sacrificarsi per far carriera o guadagnare di più. Crescono paure nuove: ormai l’84,5 degli italiani, in particolare i giovani e i laureati, ritiene che anche eventi geograficamente lontani possano cambiare le loro vite. Il 61 per cento teme che possa scoppiare la Terza guerra mondiale, il 59 la bomba atomica, il 58 che l’Italia stessa entri in guerra. Oltre metà degli italiani, inoltre, teme di rimanere vittima di reati sebbene nell’ultimo decennio le denunce siano in calo del 25,4 per cento, gli omicidi volontari siano diminuiti del 42,4, così come le rapine (-48,2) e le case svaligiate (-47,5). Sono però aumentate, sempre dal 2012, le violenze sessuali (+12,5 per cento) e le estorsioni (+55,2), oltre ai reati informatici.

Il Censis: aumentano le famiglie in povertà assoluta

Nel Paese è rilevata anche una tendenza all’invecchiamento e all’impoverimento: nel 2021 le famiglie in povertà assoluta erano 1,9 milioni, pari al 7,5 per cento del totale, aumentate di 1,1 punti rispetto al 2019, per un totale di quasi 5,6 milioni di individui. Gli over 65 sono il 23,8 per cento, +60 rispetto a trent’anni fa, e tra vent’anni si calcola che saranno il 33,7 per cento. Il trend si riflette sulla scuola, ma anche sulla sanità. Il Censis calcola che tra vent’anni tra i banchi potrebbero sedere 1,7 milioni di giovani in meno, con uno tsunami demografico che investirà in primo luogo la primaria e la secondaria di primo grado. I 6-13enni, già nel 2032, potrebbero essere quasi 900mila in meno rispetto a oggi.

Tsunami demografico nelle scuole e nella sanità

E anche le immatricolazioni all’università sono date in contrazione forte tra il 2032 e il 2042. Intanto i Neet – chi non studia né lavora – sono al top d’Europa: il 23,1 per cento dei 15-29enni, che sale al Sud al 32,2. Invecchia anche il personale sanitario: l’età media dei 103.092 medici del Ssn è di 51,3 anni, tra gli infermieri è di 47,3 anni. Il Censis stima che nel 2022-2027 i pensionamenti tra i medici saranno 29.331 e 21.050 tra gli infermieri. Dal 2008 al 2020 il rapporto medici/abitanti è passato da 19,1 a 17,3 per 10mila abitanti, mentre quello relativo agli infermieri da 46,9 a 44,4 per 10mila.

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