Coldiretti: cala del 10% il prezzo del grano. Ora la Ue dia il via libera alle nuove semine in Italia
Il prezzo del grano è sceso del 10% nell’ultima settimana. Si attesta oggi su valori minimi da inizio marzo pari a 9,84 dollari per bushel (27,2 chili). Con una netta inversione di tendenza. Nonostante l’annuncio della Russia dello stop alle forniture del proprio grano ai Paesi “non amici”.
Coldiretti: cala il prezzo del grano
È quanto emerge dall’analisi della Coldiretti alla chiusura settimanale della borsa merci di Chicago, punto di riferimento mondiale. Che evidenzia come in calo risultino tutti i principali prodotti agricoli. Dal mais sceso a 7,35 dollari per bushel alla soia. I in forte diminuzione a 15,83 dollari per bushel anche per le buone previsioni di raccolto in Usa.
Spiragli pace nella guerra in Ucraina
Si tratta forse anche dell’effetto degli spiragli di pace intravisti dagli analisi. Con il superamento delle difficoltà nelle semine e nel commercio internazionale dei cereali. Con blocchi alle esportazioni e dei trasporti. Che hanno riguardato anche la disponibilità di fertilizzanti necessari alla coltivazione, osserva Coldiretti. “Con la guerra in gioco c’è oltre un quarto del grano mondiale perché l’Ucraina insieme alla Russia controlla circa il 28% sugli scambi internazionali. Con oltre 55 milioni di tonnellate movimentate.
L’Italia importa il 64% di grano
Ma anche il 16 % sugli scambi di mais (30 milioni di tonnellate) per l’alimentazione degli animali negli allevamenti. E ben il 65% sugli scambi di olio di girasole (10 milioni di tonnellate)”. Sulla base dei dati del Centro Studi Divulga. Un’emergenza internazionale che riguarda direttamente l’Italia. Che è un Paese deficitario ed importa addirittura il 64% del proprio fabbisogno di grano. Soprattutto per la produzione di pane e biscotti. E il 53% del mais di cui ha bisogno per l’alimentazione del bestiame.
Allevatori in ginocchio, Sos speculazione
La speculazione su mais e soia – continua il rapporto – sta mettendo in ginocchio gli allevatori italiani. Costretti ad affrontare incrementi di costi pari al 57% secondo il Crea. Che evidenzia il rischio concreto di chiusura per la maggioranza degli allevamenti italiani. Che oggi lavorano con prezzi alla stalla al di sotto dei costi di produzione. Con la fine della guerra sarebbero possibili le semine primaverili in Ucraina. Che rischiano di essere dimezzate su una superficie di 7 milioni di ettari. Rispetto ai 15 milioni precedenti all’invasione della Russia. Con carestie e speculazioni su scala mondiale. Dall’Ucraina in Italia arriva appena il 2,7% delle importazioni di grano tenero per la panificazione. Per un totale di 122 milioni di chili ma anche ben il 15% delle importazioni di mais destinato all’alimentazione degli animali per un totale di 785 milioni di chili, secondo l’analisi Coldiretti su dati Istat relativi al 2021.
Ora la Ue dia l’ok alla semina italiana
In questo contesto è importante il via libera dell’Unione europea alla semina in Italia di altri 200mila ettari di terreno. Per una produzione aggiuntiva di circa 15 milioni di quintali di mais per gli allevamenti, di grano duro per la pasta e tenero per la panificazione. “Ettari necessari per ridurre la dipendenza dall’estero”, dice il presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel sottolineare che “si tratta di un quantitativo che nel medio periodo può aumentare di almeno cinque volte. Con la messa a coltura di un milione di ettari lasciati incolti per la insufficiente redditività. Per gli attacchi della fauna selvatica e a causa della siccità, che va combattuta con investimenti strutturali per realizzare piccoli invasi che consentano di conservare e ridistribuire l’acqua”.