Il guastafeste D’Alema. Letta vuole il premier al Colle, ma lui lo silura: «Il draghismo è pericoloso»
Premette di avere in programma una missione nell’Artico «per tentare di demilitarizzare il Polo Nord. Un tema – rivela al Manifesto – che mi appassiona tantissimo». E tanto basta per capire che a parlare è uno che si sente almeno una spanna al di sopra dei comuni mortali. Poiché è di sinistra, non può che trattarsi di Massimo D’Alema. Infatti, è lui. L’intervista che concede al quotidiano comunista è lunga ed articolata come è normale quando a rispondere alle domande è un leader allevato a furia di robuste letture e non a colpi di tweet da pensiero breve. E D’Alema non tradisce le attese: spazia dagli scenari mondiali al ruolo della sinistra al tempo della globalizzazione per poi planare sulle questioni di casa nostra, stabilmente occupate da futuro di Draghi, partita del Quirinale e lotta al Covid.
D’Alema intervistato dal Manifesto
L’ex-premier (l’unico proveniente dal Pci) è reduce da un’intervista seguita da feroci polemiche. A far rumore, più che la scontata polemica con Renzi, fu l’attacco a Draghi e all’ipotesi che questi potesse salire al Colle dopo aver piazzato un “suo” tecnico a Palazzo Chigi. Un concetto sul quale ritorna. Più che Draghi, tuttavia, D’Alema ce l’ha con il «draghismo», tendenza che definisce «impressionante». A sostegno della sua preoccupazione il Lìder Maximo porta un florilegio di dichiarazioni colte qua e là sui giornali. Dal «finalmente abbiamo un premier di cui non si sa per chi vota, dunque non può perdere le elezioni amministrative», al «bisogna fare in modo che Draghi resti a Palazzo Chigi a prescindere da quale sarà il risultato delle prossime elezioni».
«Gli osanna della stampa danneggiano Draghi»
Se sulla prima sfida chiunque a trovare «un paese democratico al mondo in cui non si sa per chi vota il capo del governo», sulla seconda si chiede: «Se il messaggio è questo, come si fa a chiedere alle persone di andare a votare?». Parole che sembrano descrivere un’Italia che balla sul baratro della sempre annunciata “involuzione autoritaria“. Peggio ancora, sembra rispondere D’Alema, che punta l’indice contro «l’idea che [Draghi, ndr] possa governare dal Quirinale mettendo una persona di fiducia a Palazzo Chigi».
«Sì al proporzionale alla tedesca»
Una soluzione che descrive come «un’esplosione di antipolitica, elitismo e spirito antidemocratico». L’apice, incalza, «si è raggiunto quando si è scritto che il problema non è quello che pensa il Parlamento bensì quello che vuole Goldman Sachs a proposito della futura collocazione del presidente Draghi. È umiliante per il nostro Paese e danneggia il premier». Quanto al ruolo della sinistra, D’Alema accenna a una mezza autocritica quando ricorda la nascita di Articolo 1: «La scissione è stata una sconfitta, ma anche il Pd deve rendersi conto di cosa non funziona nel profondo». Un ultimo accenno riguarda la legge elettorale: «Va riformata in senso proporzionale sul modello tedesco».