Quirinale, dopo le parole di D’Alema cresce nel Pd il terrore per i franchi tiratori contro Draghi

5 Gen 2022 12:17 - di Valerio Falerni
Quirinale

Se il suo obiettivo era ritagliarsi un ruolo in vista dell’appuntamento del Quirinale, Massimo D’Alema l’ha centrato in pieno. Dopo la sua sparacchiata tre-palle-un-soldo contro Draghi, Renzi e Letta, gli occhi dei massimi esponenti del Pd si sono girati su di lui. Scontato, del resto, dal momento che da quelle parti è ben vivo il ricordo della famigerata “carica dei 101“. Altrettanti franchi tiratori che nel 2013 impallinarono la candidatura al Colle di Romano Prodi. Opera di Renzi o di D’Alema? Forse di tutti e due, che all’epoca di scambiavano “corrispondenze di amorosi sensi”. Comunque sia è un fatto che quando l’orizzonte della sinistra s’increspa, il Lìder Maximo non manca di contribuire a renderlo ancor più minaccioso suggerendo soluzioni ardite quando non proprio cervellotiche. E chissà che non sia così anche stavolta.

Sul Quirinale pesa il ricordo della “carica dei 101”

Già, per quanto il Renzi di oggi tenda a farlo apparire come una sorta di Willy Coyote vittima delle trappole da lui stesso apparecchiate, nel Pd D’Alema è tuttora ascoltato e, per certi versi, persino temuto. Tra i nomi che circolano quali sue possibili sponde interne al Nazzareno spicca quello del vicesegretario ed ex-ministro Giuseppe Provenzano. Ma anche un esponente di maggior peso come Andrea Orlando, attuale ministro del Lavoro, potrebbe essere attratto da un’eventuale orbita dalemiana. Tanto più che dopo l’appuntamento del Quirinale, nel Pd scatterà la stagione congressuale. Una concatenazione di eventi in grado di stuzzicare fantasie inconfessabili dagli effetti micidiali.

D’Alema ha evocato la «deriva semipresidenzialista»

Come senz’altro sarebbe l’utilizzo dell’elezione del presidente della Repubblica come test per saldare nuovi equilibri interni. Tradotto, vuol dire un numero imprecisato di franchi tiratori per i quali la tolda di comando del Nazzareno è più importante dello scalone del Quirinale. È in questa zona salmastra che l’influenza di D’Alema potrebbe fare la differenza. Nella sua critica alla possibile candidatura di Draghi al Colle, cui potrebbe seguire l’insediamento di un tecnico draghiamo a Palazzo Chigi, l’ex-premier ha suonato il tasto giusto per far scattare l’allarme contro quella che la sinistra bolla come «deriva semipresidenzialista». Impallinare Draghi oggi come Prodi ieri è prospettiva che Letta non vuol neppure considerare. Ma D’Alema è tornato, si salvi chi può.

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