Covid, Crisanti: «Il punto non è inseguire il virus, ma anticiparlo: ecco come in tre mosse»

4 Nov 2020 19:25 - di Prisca Righetti
Covid Crisanti

Covid, Crisanti lancia il suo piano in 3 mosse per evitare la terza ondata di contagi. «Possiamo abbassare la trasmissione virale con il lockdown: con vari tipi di lockdown e diversi moduli di restrizioni. Oppure possiamo usare in maniera intelligente i test rapidi. Ma queste soluzioni lasceranno sempre una trasmissione residua, che può di nuovo re-innescare il contagio. Allora, come evitare la terza ondata di Covid-19? C’è solo un modo: creare nel nostro Paese un sistema di sorveglianza che integri tre elementi». Ne è convinto Andrea Crisanti, docente di microbiologia all’Università di Padova.

Covid, Crisanti: ecco il mio piano in 3 mosse

«Il primo dei quali – spiega l’esperto – è la capacità di fare un numero sufficiente di tamponi: non a tappeto, ma mirati. E in grado di bloccare la trasmissione e saturare lo spazio di interazione di ogni singolo individuo». Cioè, andando a testare tutte le persone con cui un positivo ha interagito negli ultimi giorni. Tutti: parenti, familiari, colleghi. È questo il punto di partenza per Andrea Crisanti, da cui muovere nuovi passi contro l’epidemia. Da cui ripartire per scongiurare i rischi di una terza ondata del virus. Il primo punto di un programma articolato in tre mosse e che lo specialista, direttore del Laboratorio di microbiologia e virologia dell’Azienda ospedaliera di Padova, articola e argomenta, durante l’audizione in Commissione Sanità del Senato sul tema del ricorso ai test e al tracciamento per il contenimento della pandemia di Covid-19. Un intervento in cui l’esperto ha esordito proprio elencando le armi da schierare in campo per evitare lo tsunami di una terza ondata di contagi.

Un sistema integrato per evitare la 3a ondata

Tamponi mirati per intercettare le catene di trasmissione (che si trovano all’interno dello spazio di interazione di un positivo). E, secondo punto, «questo processo deve essere integrato con strumenti informatici che permettano di collegare l’App Immuni e, allo stesso tempo, di monitorare come i casi si distribuiscono regione per regione. Dati che poi dovremo integrare con altri parametri demografici come la densità di popolazione. La mobilità delle persone, e così via, in modo da – aggiunge Crisanti – riuscire a « prevedere quello che succede dopo. Perché il problema non è inseguire il virus: ma anticiparlo. E l’unico modo che noi abbiamo per farlo è avere la possibilità di intercettarlo e avere informazioni». Terzo elemento infine: «Questo sistema deve avere la logistica. Per rendere accessibili questi test là dove sono necessari», conclude Crisanti.

«Se l’ha fatto il Vietnam, possiamo farlo anche noi»

«In Italia peraltro – aggiunge l’esperto – ci sono delle differenze drammatiche in termini di accessibilità ai test. Divergenze che vanno da regione a regione. All’interno delle stesse regioni, Da città ad aree remote. Ma per combattere questo virus non dobbiamo lasciare indietro nessuno», è il monito di Crisanti. Il quale, infine, conclude con una considerazione ottimistica rispetto alla lotta al virus: «Io penso che se l’ha fatto il Vietman, una cosa del genere è tranquillamente alla portata dell’Italia»...

 

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