Buttafuoco infiamma la Biennale di Venezia: “Noi strumento e luogo di pace”. E cita Jünger (video)

18 Apr 2024 14:16 - di Adriana De Conto
Buttafuoco Biennale Venezia

“Questa non è solo la Biennale  Arte”. Lungo applauso e standing ovation per Pietrangelo Buttafoco, presidente della Biennale di Venezia, al termine del suo intervento all’ inaugurazione della rassegn a veneziana. Parole che hanno scaldato una platea mai così numerosa.  Sono oltre 4.200 i giornalisti accrediti di cui 2.850 stranieri, pari al 67 per cento. “Si tratta di un dato in crescita” rispetto ai circa 4.000 della precedente edizione del 2000.  Maria Cristiana Costanzo, capo ufficio stampa del settore Architettura e Arti Visive della Biennale di Venezia ha scnocciolato le cifre della 60/a Esposizione Internazionale d’Arte dal titolo “Stranieri ovunque”.

Biennale di Venezia, Buttafuoco: “L‘aristocrazia del pensiero faccia fronte alla catastrofe”

“La parola di oggi è pace, come pace è la parola del futuro”, è stato il fulcro del discorso del presidente. “Questa non è solo la Biennale Arte. In tempo di guerra è necessario ed è urgente che i saggi, gli artisti, l’aristocrazia del pensiero facciano fronte alla catastrofe: incontrandosi, parlandosi, misurandosi nella dialettica, io me ne assumo la responsabilità. E vi dico che questa Biennale è uno strumento di pace, è l’agone dove misurare la vicinanza tra i popoli, le culture, le religioni e le più irriducibili differenze. E la Biennale – me ne assumo la responsabilità – deve diventare il punto alto di intersezione dove concorrano i raggi di una stessa luce”.

Standing ovation per Buttafuoco, presidente della Biennale di Venezia

E’ a questo punto che Buttafuoco  ha incassato un lungo e caldo applauso: per lui tante strette di mano e complimenti al termine della conferenza di pre-apertura con la stampa internazionale. E oltre a far commuovere a tratti la platea di giornalisti con il racconto di alcuni apologhi, Buttafuoco è stato apprezzato anche per la profondità culturale che ha voluto riservare al suo discorso ufficiale: il filosofo tedesco Ernst Jünger; il presidente francese François Mitterand e il cancelliere Helmut Kohl sancirono simbolicamente la fine della secolare ostilità bellica tra Francia e Germania; il gigante del pensiero illuminista Immanuel Kant, autore del saggio “Per la pace perpetua”; il deputato democristiano all’Assemblea Costituente Giorgio La Pira, “sindaco santo di Firenze”; che durante la Guerra Fredda convocava nella sua città “I convegni per la pace nel mondo”; il parlamentare comunista Pio La Torre, tra i primi protagonisti nella lotta alla mafia in sede legislativa.

“Ernst Jünger,  autore di un libro che è parola, viatico, futuro”

“Come siamo arrivati a questo punto? Non possiamo ignorare l’ospite silente che incombe nel cuore di tutti noi e la domanda è: come siamo arrivati a questo punto?”, ha detto Buttafuoco facendo riferimento alla guerra che è tornata a insanguinare l’Europa e il Medio Oriente. E ha offerto un fotogramma ben preciso, risalente al 22 settembre 1984, in occasione della cerimonia per il 70º anniversario dell’inizio della Prima guerra mondiale: Kohl e Mitterrand mano nella mano nella Foresta Nera che vanno a rendere omaggio all’ultimo soldato insignito della Croce di ferro, Ernst Jünger: “che è anche autore di un libro che è parola, viatico, futuro. E la parola è ‘pace’. Ed è a lui che Kohl e Mitterrand consegnano il suggello di pacificazione di una guerra che non ha mai avuto fine tra i loro popoli – la Francia e la Germania -. E sono mano nella mano entrambi per rendere onore all’ultimo soldato la cui parola di destino è pace”.

“Come siamo arrivati a questo punto?”

E’ stato un discorso in piena “modalità Buttafuoco”, ossia di grandi spessore, pieno di riferimenti storici e culturali tutti da gustare. Ha ricordato che “nel prossimo 2025 tutti noi saremo chiamati a segnare una distanza dal 1795. È l’anno di pubblicazione della ‘Pace perpetua’ di Kant. E chissà il prossimo anno dove saremo arrivati,- si interroga e interroga il presidente-. Chissà quale ‘clausola salvatoria’ – questo è quello che detta Kant – avrà modo di riparare i danni dell’ospite che oggi è in tutti noi. Noi non ci possiamo rassegnare di avere smarrito il dovere di pace quando, arrivando a questo punto, già sappiamo di non poter fare tesoro della fatica operosa di un Giorgio La Pira, quando nella sua Firenze convoca da tutto il mondo i nemici irriducibili per costringerli al dialogo. E quindi come siamo arrivati a questo punto se una persona come Pio La Torre, un martire, giustamente ricordato nel suo luogo, ovvero nel Parlamento della Repubblica Italiana, oggi di certo non avrebbe voce; sarebbe considerato, in virtù della sua battaglia di pace, un nemico, e quindi additato come un nemico interno al servizio dello straniero?”

“Stranieri ovunque”: la vertigine dell’ignoto

“Noi non possiamo fare finta di niente – ha continuato Buttafuoco – e oggi che la 60/a edizione della Biennale d’Arte trova nel titolo ‘Stranieri Ovunque’ questa vertigine dell’ignoto e ci conduce ben oltre la contemporaneità, ci impone anche di dismettere definitivamente la dimensione internazionale: perché la contemporaneità cede nel qui e ora dell’accadimento che non è evento. E quel che ci riguarda è il futuro. L’internazionale, questa parola, riflettiamoci, è come una sorta di centrino dimenticato nel tiretto di un mobile in disuso e tarlato, perché non c’è altro orizzonte che l’universale. Ed è l’esatta misura che Adriano Pedrosa ha chiamato a Venezia – città unica al mondo dove ogni straniero da sempre trova domicilio: le geografie dimenticate, il ritorno alla ‘res extensa’, il riverbero plurale di una bellezza altrimenti dimenticata, esclusa, cancellata”.

Buttafuoco ha pertanto ringraziato il curatore Adriano Pedrosa: perché “nel suo lavoro ha ritrovato la bussola che ci consente di interpretare il paradigma a cui siamo chiamati: che non è quella di un’epoca di cambiamento ma un cambiamento d’epoca. Pedrosa viene dal Sud America e conosce bene la collocazione dei punti cardinali e sa che queste forme, che sono simboli, si sono antropizzati. E lo sappiamo: il nord se ne sta in testa con tanto di cappello e il sud è possibilmente a piedi scalzi. È straniero dunque l’essere straniero tra gli stranieri, a piedi scalzi; è il viandante in cammino tra i percorsi più impervi, è il mendicante i cui stracci spesso servono a nascondere la presenza di un Dio. Ed è quel nume sconosciuto a se stesso da cui gemma da sempre il rinnovarsi delle stirpi”.

Buttafuoco: “Qui non si boicotta nessuno”

Buttafuoco è poi planato sull’attualità più stringente, sul conflitto tra Israele e Palestina che si è allargato anche all’Iran: “Non possiamo fare finta che non sia successo niente. Il Padiglione di Israele che decide di non aprire, nell’assoluto della verità, capovolge l’atto estremo scelto dell’artista nel mettersi in opera della verità: il cessate il fuoco e la liberazione degli ostaggi, e questo per dirlo con Magritte, non è un padiglione, è un fatto d’arte. È il genio dell’arte che sa trovare risposta“. Buttafuoco ha ricordato che proprio a Venezia, presso la Fondazione Cini nell’isola di San Giorgio, “sovietici e americani si incontravano per scongiurare quella guerra che a farla oggi, immaginarla oggi, è soltanto catastrofe. E non dimentichiamo la vergogna delle università dove è stato censurato il corso di Paolo Nori dedicato a Dostoevskij: perché qui si apre, si riapre, qui non si boicotta nessuno”.

Biennale di Venezia: code di 100 metri per entrare

“Grazie a tutta la squadra della Fondazione la Biennale di Venezia che è innanzitutto per me cattedra di spirito critico, di immaginazione ed è potenza di vivo segno”. Parole alte, riferimenti profondi per una “aristocrazia del pensiero” c cui Buttafuoco si è richiamato. E intanto si sta prospettando una pre-apertura da record per la Biennale Arte 2024 intitolata “Stranieri Ovunque – Foreigners Everywhere”.  Al terzo giorno di vernice, anche questa mattina, prima delle 10, orario in cui aprono mostre e padiglioni nazionali, sia all’Arsenale che ai Giardini si sono registrate code di oltre cento metri, con visitatori che si erano messi in fila già alle 9 per poter entrare tra i primi.

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