Dopo lo scontro con la Meloni, gli Elkann gettano la maschera: più soldi dallo Stato o licenziamo

2 Feb 2024 8:18 - di Luca Maurelli

Lo scontro, come sempre in questi casi, si gioca sui soldi. Sono trascorsi un po’ di giorni da quando il quotidiano degli Elkann, “Repubblica”, titolava sulle svendite all’estero dei gioielli nostrani, “Italia in svendita“, un titolo che provocò la dura reazione del premier Meloni, che ribaltò le accuse facendo notare che Stellantis, ex Fiat ormai francese, stava arretrando dall’Italia da tempo e senza riunciare ai sussidi. Ieri i nodi, e le maschere, sono venute al pettine, quando il supermanager superpagato, Carlos Tavares, ha lasciato intendere che senza ulteriori sussidi al gruppo, oltre a quelli già promessi dal governo Meloni, i tagli e le delocalizzazioni saranno inevitabili.

Stellantis, il manager degli Elkann minaccia la fuga

“L’Italia – ha detto il manager all’agenzia Bloombergdovrebbe fare di più per proteggere i suoi posti di lavoro nel settore automobilistico anziché attaccare Stellantis per il fatto che produce meno nel nostro Paese. Si tratta di un capro espiatorio nel tentativo di evitare di assumersi la  responsabilità per il fatto che se non si danno sussidi per l’acquisto di veicoli elettrici, si mettono a rischio gli impianti in l’Italia”, ha aggiunto Tavares. Più soldi per l’elettrico: un miliardo di euro di sussidi pubblici non bastano per restare, questo sembra il senso della dichiarazioni.

La provocazione di Urso: “Stellantis ceda una quota allo Stato”

Tavares parla di progetti e di investimenti senza citare il tema del contendere, la volgar pecunia, di cui invece parla esplicitamente il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, mettendo però sul tavolo la proposta-provocazione di entrare nel capitale del gruppo, non di gettare soldi a pioggia. “Se Tavares o altri ritengono che l’Italia debba fare come la Francia, che recentemente ha aumentato il proprio capitale sociale all’interno dell’azionariato di Stellantis, ce lo chiedano”, ha detto il ministro al termine del tavolo automotive convocato per illustrare il nuovo piano di incentivi da 950 milioni di euro. Una proposta o una provocazione? Di sicuro nella partita a scacchi, che già allarma i sindacati, Tavares fa riferimento a tagli in alcuni stabilimenti italiani, Mirafiori e Pomigliano, ma anche Cassino. “Non si possono dare soldi pubblici senza garanzie: ora risposte al Paese. Chiediamo alla presidente del Consiglio un incontro urgente con l’amministratore delegato e le organizzazioni sindacali per garantire la produzione e l’occupazione nel nostro Paese” afferma l segretario generale Fiom-Cgil, Michele De Palma. Anche per il segretario generale della Uil Campania, Giovanni Sgambati, “le dichiarazioni di Tavares non rassicurano le realtà del Mezzogiorno, e soprattutto Pomigliano”.

Il governo chiede investimenti, prima di elargire a pioggia

Urso spiega che il 2024 sarà un anno sperimentale per gli incentivi: si dovrà verificare il funzionamento ed eventualmente procedere con una loro revisione. Se l’obiettivo dell’aumento della produzione di auto nel nostro Paese non verrà raggiunto – dice il ministro – dal prossimo anno le risorse del fondo automotive saranno indirizzate non più a incentivare i consumi, ma a sviluppare nuovi investimenti produttivi nel nostro Paese, anche di riconversione produttiva, e una seconda casa automobilistica in Italia”. Il mercato italiano ha iniziato il 2024 con un dato positivo: a gennaio sono state immatricolate 141.946 auto, il 10,61% in più dello stesso mese del 2023. Tutta la filiera chiede che si faccia in fretta a renderli operativi perché l’attesa potrebbe creare un blocco del mercato.

E le opposizioni? Sia la Schlein che Conte si schierano, ovviamente, con Stellantis, con il leader del M5s che chiede di trattare l’ingresso dello Stato in Stellantis ‘considerando la consolidata partecipazione dello Stato francese’.

“Forse il leader del M5S ha perso la memoria o soffre di crisi d’identità. Gliela rinfreschiamo noi: la firma dell’accordo di fusione tra Fca e Psa è del dicembre 2019 e la fusione è diventata effettiva il 16 gennaio 2021. Chi c’era a Palazzo Chigi? Giuseppe Conte, il M5S e il Pd”, è la replica del deputato di Fratelli d’Italia Francesco Filini.

Commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *