Ridateci il PCI: la mancanza di “metodo” e di disciplina del Pd fa rimpiangere la vecchia politica

27 Lug 2023 16:19 - di Mario Campanella
PCI

La domanda è: il PCI avrebbe mai chiesto di convocare la commissione antimafia per discutere di un palinsesto Rai o avrebbe accusato il nemico storico, all’epoca la DC, di avere provocato in nove mesi di governo un cambiamento climatico secolare? Oppure, dall’alto della sua ortodossia, avrebbe mai consentito che alla prima presidente del Consiglio donna, nel giorno del suo insediamento, venisse detto in aula “stia attenta a non farsi schiacciare dal maschilismo?”. Il paragone è retorico e impietoso ma noi tutti vorremmo avere una bacchetta magica e far ritornare, al posto di una conventicola di dilettanti come il Pd, la gloriosa falce con il martello.

Perché il PCI era una scuola, un’organizzazione sistemica, un apparato micidiale ma perfetto in cui, per citare Battiato, “quando si trattava di parlare si aspettava sempre con piacere ‘.

Piuttosto che questa amalgama di comunisti improvvisati e giacobini, tenuti insieme da una quotidianità antitetica, sarebbe molto, molto meglio contrastare un colosso dogmatico, nel quale ogni parola era pesata e la gerarchia era un obbligo imprescindibile.

Il PCI aveva più serietà e metodo del Partito Democratico

La differenza non è solo semantica. Perché questo Pd che annaspa in una resistenza immaginaria non ha nessuna identità di riformismo. Non che ce l’avesse il PCI, ovviamente, che era l’ emblema del conservatorismo massimalista ma con una qualità che a Largo Nazareno non conoscono: il metodo. Era un metodo propriamente leninista, finalizzato all’abbattimento del nemico ma con la ricerca della serietà e della disciplina.

Di quella genesi che ha caratterizzato i drammi del novecento al Pd è rimasto solo il giacobinismo. Fatto e interpretato male però. Non una batteria di cecchini ineguagliabili come Pajetta, Chiaromonte, Napolitano o di collateralismi di prestigio, uniti dalla religiosità politica, ma un parterre misero e provinciale che fa spendere addirittura il segretario nazionale e un ex guardasigilli a chiedere che si discuta in antimafia di Saviano.

Certo, fare raffronti qualitativi sarebbe sbagliato in partenza. Gli uomini e le donne sono diverse e se prima era Pasolini, con la sua seducente lirica, il totem culturale, oggi bisogna accontentarsi della mimica di Saviano.

Se pure il comunismo, come ironizzava Churchill , era” condivisione di povertà “ il “ pidismo “ è elevazione di pressappochismo. L’unico punto in comune è la definizione del nemico, la sua identificazione e demonizzazione, la successiva cancellazione ma gli attori sono mutati e le invenzioni divenute del tutto differenti.

“Se cade un fulmine è colpa di Meloni”

Quello che ci separa, disse l Arcivescovo di Canterbury al Papa, “ è solo la verità” E la verità divisoria tra l’attuale Pd e il vecchio PCI che ne è in qualche modo la matrice, è la serietà. Forse rimane il cinismo come punto in comune ma oggi che non esiste nemmeno più la questione di classe riesce difficile capire in cosa possa essere credibile il partito democratico. Se il caldo è colpa di Meloni e l’antimafia deve occuparsi di cosa accade tra una pubblicità e un’altra non diventa impossibile immaginare che un eventuale ritorno dello scudetto alla Juventus o un ritiro dalle scene di Vasco Rossi, oppure ancora una conversione tardiva di Tinto Brass al monachesimo vengano interpretate dalla classe dirigente democratica come conseguenza della destra al governo. Come il famoso discorso di Don Vito Corleone al summit convocato dopo la morte del figlio Sonny quando avverte gli astanti dicendo “io sono un uomo di pace ma ho un altro figlio accusato ingiustamente di una cosa che non ha commesso se gli succede qualcosa, se cade un aereo e muore, allora io non perdono”. In fondo, poi, come diceva Bertold Brecht,” il comunismo è una cosa facile da fare ma difficile da realizzare “. E se è impossibile essere realmente comunisti basta un metaverso che ne imiti maldestramente il senso. Più per sopravvivere che per vivere.

 

 

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