Brasile, l’assurda pretesa dell’Anpi: “Meloni doveva dire che erano fascisti”. Ma ci fanno o ci sono?
La sinistra italiana, nelle sue varie declinazioni, riesce a rendersi ridicola anche di fronte ai drammatici fatti che stanno investendo il Brasile. Nelle sue file, infatti, c’è chi cerca di far passare l’idea che nel governo italiano vi sia una connivenza nei confronti dei facinorosi o, per lo meno, una reticenza nel condannarli. Una teoria adombrata nei talk show e in dichiarazioni come quella dell’Anpi che fanno a cazzotti con i fatti, ovvero con le preoccupazioni e le condanne espresse con nettezza e tempestività dal presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, in giù. Così, anche in questo frangente, ci si trova di fronte al solito dilemma: a sinistra ci fanno o ci sono?
L’assurda pretesa dell’Anpi sul Brasile: il governo doveva fare i nomi dei responsabili
«Colpisce che i facinorosi si dichiarino “patrioti’, come è nel linguaggio degli eredi del fascismo, che operino con metodi squadristici: la violenza e la devastazione», ha commentato il presidente Gianfranco Pagliarulo, aggiungendo subito dopo che «le istituzioni italiane si devono pronunciare con la massima chiarezza nominando i responsabili di questo violentissimo attacco alla democrazia». Ora, dove voglia andare a parare il ragionamento è intuitivo e già così se ne percepisce l’estrema forzatura. Ma è l’analisi dei tempi a dare la misura esatta di quanto sia assurdo.
La tempistica delle condanne
La dichiarazione di Pagliarulo è stata battuta dall’agenzia di stampa Adnkronos alle 10.30 di stamattina. Il primo intervento del premier è stato intorno alle 22.30 di ieri, dunque 12 ore prima, con il rilancio di un tweet del ministro degli Esteri Antonio Tajani. «Sto seguendo con preoccupazione quanto sta accadendo in Brasile. Ogni atto di violenza contro le istituzioni democratiche deve essere condannato con grande fermezza. I risultati elettorali vanno sempre e comunque rispettati», vi si legge. Successivamente, intorno a mezzanotte, il premier ha pubblicato un altro post nel quale ha scritto che «quanto accade in Brasile non può lasciarci indifferenti. Le immagini dell’irruzione nelle sedi istituzionali sono inaccettabili e incompatibili con qualsiasi forma di dissenso democratico. È urgente un ritorno alla normalità ed esprimiamo solidarietà alle Istituzioni brasiliane».
La presa di distanza di Bolsonaro
Dunque, una netta condanna, pur in una situazione che era in evoluzione e della quale tutti stavano cercando di capire i contorni. Ma per l’Anpi non basta, bisognare fare i nomi. Ma i nomi di chi? Stamattina lo stesso Bolsonaro, dal suo ritiro americano, ha condannato l’accaduto, rifiutando al contempo «le accuse, senza prove, che l’attuale capo dell’Esecutivo del Brasile mi ha attribuito». Le dichiarazioni – che comunque la si pensi non si possono non registrare – sono state battute alle 7.40, dunque circa tre ore prima di quella dell’Anpi, che però ha ugualmente sostenuto che le istituzioni italiani, mentre i fatti erano ancora in corso, avrebbero dovuto scovare e additare un colpevole, con tanto di nome e cognome. Un compito che, va da sé, non spetta alle istituzioni di un Paese straniero.
Sul Brasile pure a Omnibus tutti con l’orologio in mano
Uno schema simile è andato in scena stamattina a Omnibus, dove in studio è stato lamentato che la dichiarazione di Meloni sarebbe arrivata in ritardo rispetto a quella di Tajani (per altro, si diceva, immediatamente rilanciata dal premier). «La notizia vera è che abbiamo un premier sempre sul pezzo, che lavora anche di domenica a mezzanotte», ha replicato un perplesso Federico Mollicone, al quale non è rimasto che arrendersi, allargando le braccia, quando Raffaella Paita di Italia Viva ha recriminato sul fatto che mancasse un tweet di Matteo Salvini, nonostante intorno alle 23 fosse arrivata la condanna della Lega, della quale, a beneficio dei deboli di memoria, Salvini è e resta il segretario.