Strage di Roma, il piano di fuga, un blog delirante, la morte del figlio, le liti: ecco chi è il killer

12 Dic 2022 13:01 - di Greta Paolucci
Strage di Roma

La strage di Roma, le grida prima degli spari, il piano di fuga, il blog delirante, la morte del figlio, e quella vita da eremita esplosa in un giorno di ordinaria follia che ha seminato morte e dolore in una domenica come tante della capitale. Chi è Claudio Campiti, l’uomo di 57 anni che ha ucciso 3 persone in una riunione di condominio nella zona di Fidene a Roma? E soprattutto, come e quanto lo conoscevano i condomini del consorzio del Reatino? Oggi, all’indomani di un massacro senza un perché, gli interrogativi su quel killer spietato e solitario, riempiono le pagine dei giornali e le menti di tutti coloro che tentano disperatamente di trovare una spiegazione alla terrificante sparatoria di ieri.

Strage di Roma, Claudio Campiti: chi è il killer

Un perché alla morte delle tre vittime. Un barlume di logica a un gesto che ha distrutto vite e famiglie e ridotto in pericolo di vita una delle tre persone ferite nella sparatoria di ieri in un gazebo di Via Monte Gilberto a Fidene: Fabiana De Angelis. La donna ricoverata in rianimazione all’ospedale Sant’Andrea in una situazione che i medici definiscono “complessa”. Migliorano invece le condizioni di Bruna Martelli, ricoverata in prognosi riservata al Policlinico Umberto I, condizioni che non destano preoccupazioni. E’ ricoverato poi al Policlinico Agostino Gemelli, in osservazione, Silvio Paganini, l’uomo che ieri mattina è riuscito a disarmare Campiti: quello che tutti chiamano il ‘testimone-eroe’, rimasto ferito al volto, potrebbe essere dimesso già fra qualche giorno.

La pistola sottratta al Poligono di tiro e quei 170 proiettili in tasca…

E ancora. Sul fronte investigativo sappiamo che la Procura di Roma contesta al 57enne originario di Ladispoli, Claudio Campiti, oltre al triplice omicidio volontario con le aggravanti della premeditazione e dei futili motivi, anche il pericolo di fuga. L’uomo, a quanto si apprende, quando è stato bloccato dopo la sparatoria aveva con sé il passaporto e uno zaino con alcuni indumenti, oltre a seimila euro in contanti. Sappiamo che nella sparatoria ha usato una pistola Glock 45 sottratta al poligono di Tor di Quinto. Che alla riunione del consorzio Valleverde aveva con sé un totale di 170 proiettili e anche un secondo caricatore. E che in quei terribili attimi di violenza e sangue, ha esploso 7-8 colpi. Mentre altri sette erano nel caricatore. E 155 gli sono stati trovato addosso.

Il porto d’armi negato e quelle liti in corso con il consorzio

Sappiamo anche che in passato aveva chiesto il porto d’armi, ma gli era stato negato. Il no alla sua richiesta era arrivato grazie alle informazioni fornite dai carabinieri del luogo di residenza, che avevano riferito delle liti in corso con il consorzio. Già le liti: e non sono nemmeno gli unici precedenti inquietanti che oggi emergono dal passato di un uomo schivo e solitario, che dietro l’apparente stranezza, celava ombre e segreti angoscianti e sconvolgenti. Lati oscuri che sono cominciati ad emergere dopo la morte del figlio, perso 10 anni fa in seguito a un incidente in montagna, pochi giorni prima di compiere 15 anni, nel 2012. Il ragazzo, con uno slittino, si schiantò contro un albero su una pista della Croda Rossa in Alto Adige.

Campiti, killer solitario: una vita da eremita in una sorta di rudere

Un uomo, Campiti, che aveva allontanato tutto e tutti. Che i testimoni descrivono come una figura che viveva in uno stato di profonda debolezza. Un uomo che abitava in una casa senza acqua e senza luce. Solo, in una sorta di rudere. Fuori la sua auto. Pochi mobili all’interno, qualche sedia e nulla più nella parte visibile. «Era arrivato qui nel 2016 – racconta Maria Bellini dalle colonne del Messaggero –. Si vedeva poco in giro e sembrava mite, ma sapevamo del blog e delle minacce: sembrava una sorta di dottor Jekyll e Mister Hyde. E c’è un episodio che, riletto ora, diventa inquietante».

Quella reazione furibonda contro dei bambini: il racconto dei testimoni

«La vicenda risale alla scorsa estate», prosegue il quotidiano capitolino. «Alcuni bambini, correndo, erano finiti nella sua area – aggiunge la donna –. Campiti ha cominciato a inveire, li ha cacciati. Una simile reazione aveva sorpreso. Che fosse scontroso lo sapevamo, ma è stato un comportamento eccessivo e immotivato. Perché prendersela con dei bambini? Ma era finita lì». Poi, quello «striscione con la scritta Consorzio raus era inquietante, ma solo ora si legge come un pericolo». Il pericolo incarnato da un uomo che, racconta oggi chi lo ha conosciuto anche solo superficialmente, «aveva avuto problematiche. Non so se era instabile». E su cui, di sicuro, oggi in quel comprensorio di Valleverde, con una splendida vista sul lago del Turano, tornano alla mente quegli allarmi lanciati da un blog…

Strage di Roma, Campiti: killer solitario, freddo e spietato. Il blog e le denunce

Un blog delirante, dedicato proprio al consorzio Valleverde. E su cui Campiti aveva scritto, il 2 novembre 2021: «Benvenuti all’inferno, qui con il codice penale lo Stato ci va al cesso. Denunciare è tempo perso. So’ tutti ladri». Il post, poi, continua con un lunghissimo elenco di accuse agli altri consorziati. Riferimenti a presunte “mafie”. E passaggi inquietanti come «mi stanno tenendo senza pubblica illuminazione. Ma si sa, al buio si vede meno, e si può sparare in tranquillità». Insomma, in passato c’erano state denunce incrociate tra Campiti e il Consorzio e, nel suo blog, il killer della strage di Roma, raccontava il suo rapporto conflittuale con la struttura del Lago di Turano. Un odio culminato nel massacro di ieri, covato in anni di schermaglie condominiali e malessere esplosi in una domenica d’inverno, che ha lasciato il gelo addosso a tutti.

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