Salta la fiera dell’utero in affitto di Milano, il vergognoso mercato dei bimbi di mamme altrui

15 Apr 2022 20:51 - di Monica Pucci

“Buona sera amici. Vittoria! A quanto pare, dopo le numerose proteste tra cui anche la nostra, la vergognosa fiera dell’utero in affitto ‘Un sogno chiamato bebè’ , programmata a Milano per il prossimo mese di maggio è stata rinviata a data da destinarsi”. Così il senatore della Lega, Simone Pillon annuncia la resa (per adesso solo temporanea) degli organizzatori della manifestazione a sostegno della possibilità di adottare figli commissionati a mamme che li vogliano vendere, prassi vietata in Italia ma lecita in altri Paesi. Pillon ricorda che “si sarebbe trattato di una evidente violazione delle norme penali del nostro Paese”. “Ora speriamo che venga annullata, e che si giunga presto alla moratoria internazionale sull’utero in affitto. Giù le mani dalle donne e dai bambini!”, aggiunge il leghista.

La fiera dell’utero in affitto annullata o solo rimandata?

“Un sogno chiamato bebè”, dunque, non approda in Italia dopo aver trovato spazio in diverse capitali europee (Parigi, Berlino, Colonia e Monaco), un rinvio di un anno che forse nasconde la difficoltà di organizzare l’evento in un Paese nel quale questo “mercatino dei neonati” “a causa di circostanze al di fuori del nostro controllo”, come fanno sapere gli organizzatori con una newsletter recapitata oggi agli iscritti.

Una “decisione difficile”, si legge ancora nella comunicazione. Il Salone avrebbe dovuto svolgersi a Milano il 21 e 22 maggio in uno spazio di via Mecenate, alla periferia est della città.  L’annullamento è anche una vittoria del senatore Gasparri, che aveva presentato una interrogazione al ministero della Salute in cui chiedeva di “evitare in Italia qualsiasi azione illegale che facendo leva sulla voglia di genitorialità sfrutta persone deboli, in questo caso soprattutto donne, e non ha alcun rispetto per la vita dei bambini, trattati come un prodotto da banco”. Identica presa di posizione era arrivata anche da Isabella Rauti di FdI.

Anche la Rete per l’inviolabilità del corpo femminile aveva denunciato la deriva materialista della procreazione: “Nello spazio, ancorché privato, si preannuncia un reato ai sensi della legge 40/2004 che non solo vieta e sanziona la gestazione per altri realizzata in Italia, ma punisce anche la semplice propaganda, là dove afferma che ‘Chiunque, in qualsiasi forma, realizza, organizza o pubblicizza la commercializzazione di gameti o di embrioni o la surrogazione di maternità è punito con la reclusione da tre mesi a due anni e con la multa da 600.000 a un milione di euro’ (articolo 12, comma 6)”.

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