Omicron, Palù: no allarmismi, non è scontato che diventi prevalente in Italia. Ma è bene stare all’erta

20 Dic 2021 8:33 - di Filomena Auer
Palù su Omicron

Con la pacatezza e la fermezza che contraddistingue la sua comunicazione, Giorgio Palù, il virologo del Comitato tecnico scientifico, affronta la spinosa questione variante Omicron, in tutte le sue sfaccettature e angolazioni possibili. E rassicura opinione pubblica e addetti ai lavori contro facili allarmismi e disinformazione. Lo fa dalle colonne del Corriere della sera dove, in una lunga ed esaustiva intervista, fa riferimento a dati clinici e formule esperienziali. Cominciando col dire: «Non è scontato che in poche settimane la variante Omicron diventi prevalente in Italia. Non abbiamo dati sufficienti per affermarlo. In ogni caso è bene essere guardinghi e rafforzare le misure di protezione e prevenzione collettive ed individuali: vedi ricorso alla mascherina e al tampone. Le restrizioni in arrivo sono necessarie».

Variante Omicron, Palù: «Non è scontato che a breve diventi prevalente in Italia»

E a proposito di banca dati di riferimento e riscontri di casa nostra, Palù sgombera il campo dagli equivoci e dalle facili deduzioni, basate su supposizioni e casistica. E al quotidiano di via Solferino spiega:  «Noi attualmente ci basiamo sui dati del Sudafrica, dove il nuovo ceppo virale ha preso il predominio. Sugli ancora preliminari dati epidemiologici europei. E sui pochi studi eseguiti. Ma le condizioni del Sudafrica sono diverse. Oltretutto disponiamo di elementi troppo scarsi per trarne conclusioni. E chi traccia scenari allarmistici appare quantomeno precipitoso».

Palù: «Servono più dati per capire la variante Omicron»

Il che significa altresì che: servono più dati per capire quest’ultima, insidiosa, mutazione del virus. Tanto che alla sua premessa, nell’intervista Palù aggiunge: «In Europa, dai dati aggiornati al 14 dicembre, i casi di Omicron erano 2-3 mila su alcune centinaia di migliaia. In Gran Bretagna sabato scorso sono stati riportati 10.000 nuovi casi sui circa 90.000 positivi al Sars-CoV-2. L’Italia ha individuato sinora poco più di 80 sequenze – continua Palù – in quanto svolge un’attività di sequenziamento molto bassa. Siamo penultimi in Europa con la Spagna. Questo virus presenta circa 35 mutazioni sulla proteina Spike che gli è necessaria per agganciare le cellule umane e che costituisce la base del vaccino. Molte di queste mutazioni sono state identificate in precedenti varianti come responsabili della capacità del virus di eludere la sorveglianza del sistema immunitario e di infettare efficacemente la cellula ospite».

«Omicron riesce a sfuggire agli anticorpi sia sviluppati dal vaccino sia dall’infezione»

«Non sappiamo però ancora esattamente se quella che viene descritta come maggiore capacità diffusiva della variante Omicron sia dovuta ad un processo infettivo più efficiente o ad una maggiore abilità di evadere l’immunità – avverte il virologo –. Alcuni studi non ancora pubblicati ci informano che per fermare il nuovo virus ci vuole una quantità di anticorpi 10-40 volte superiore a quelli che bastano a neutralizzare il ceppo originale. Non sappiamo se Omicron è più o meno virulenta della variante Delta. L’esperienza del Sudafrica che sembrerebbe indicarlo non fa testo. La popolazione sudafricana è più giovane di quella europea. Il tasso di copertura vaccinale è intorno al 25%. E attualmente il Paese si trova nell’estate australe. Omicron riesce a sfuggire agli anticorpi sia sviluppati dal vaccino sia dall’infezione. Con due dosi ci si può reinfettare».

Con due dosi ci si può reinfettare: la terza chiude il ciclo come per quasi tutti i vaccini

La terza dose, aggiunge l’esperto, «non solo funziona: è il completamento del ciclo come avviene per quasi tutti i vaccini. È uno schema che rientra nella storia della vaccinologia. Non bisogna pensare che la necessità di fare i richiami sia la prova del fallimento di questi anti Covid. È bene farla per una semplice esigenza di tutela della salute e come approccio prudenziale». Poi, conclude il suo ragionamento il virologo, «occorre incentivare il programma di sequenziamento del genoma virale per monitorare l’evoluzione del virus e rispondere adeguatamente alle nuove sfide. Oggi in Italia siamo su una media di 28.000 casi al giorno – chiosa Palù –. E sono appena un’ottantina le varianti Omicron individuate. Potrebbero essere molte di più, ma non lo sapremo mai se continueremo a basarci sui dati degli altri Paesi. Serve un grosso investimento nella ricerca virologica di base per comprendere i meccanismi di Covid-19. Individuare i virus con potenziale pandemico. E stimolare anche sviluppi industriali innovativi». Come a dire, per un approccio scientifico efficiente e dirimente, siamo solo alla tesi: servono ancora studi e riscontri per formulare antitesi e sintesi.

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