Migranti, “assieme a quelli di colore sono arrivati i soldi”: la frase sconcertante di don Zanotti, frate pro-accoglienza
Un nuovo sconcertante tassello dell’indagine su migranti e business, che ha coinvolto don Zanotti, porta gli inquirenti a concentrare l’attenzione sempre di più sul frate, che gestiva alcuni centri di accoglienza in Lombardia. Il religioso, arrestato il 17 giugno scorso, è attualmente ai domiciliari, ma le indagini vanno avanti. Tanto che le nuove acquisizioni investigative confermerebbero che l’imprenditore in abito talare, come riporta il sito de Il Giornale, che rilancia l’inchiesta de La Verità, «avrebbe gestito fiumi di denaro pubblico per propri interessi personali». Non solo: da quanto emerso nelle intercettazioni pubblicate sul quotidiano diretto da Belpietro, Zanotti si vantava di quella sua doppia veste.«Sono un imprenditore. Io sono nato così non lo so. Sono frate, ma mi hanno detto tutti tu sei un grande imprenditore»…
Migranti, frate Zanotti: “Con loro sono arrivati i soldi”
Insomma, un don tuttofare sul fronte dell’accoglienza. Anzi, come scrive il quotidiano diretto da Sallusti, «non solo frate ed immagine di uomo pio che gestisce strutture di accoglienza. Ma anche imprenditore che cerca di far fruttare le sue attività. Ruotanti attorno la cooperativa “Rinnovamento”». Dunque, un attività caritatevole ma ancor di più remunerativa se, come riporta Il Giornale, «in effetti le sue attività fruttavano parecchio. Solo che i benefici spesso non andavano né alla stessa cooperativa, e né ai suoi ospiti, bensì arricchivano il patrimonio personale. Le carte sull’inchiesta che il 17 giugno scorso ha portato padre Antonio Zanotti agli arresti domiciliari hanno svelato ancora di più cosa c’era attorno la sua cooperativa»…
Le intercettazioni che inchiodano il religioso
E ancora, secondo quanto emerge dai dati riportati dai quotidiani citati sopra, emergono chiaramente le reali intenzioni del religioso 73enne nella gestione dei flussi e dell’accoglienza: «Dio mi ha mandato quelli di colore. E assieme a quelli di colore sono arrivati i soldi», avrebbe dichiarato il frate nell’intercettazione di un dialogo con la sua collaboratrice Anna Maria Preceruti. Una soddisfazione entusiasta che, stando sempre all’inchiesta sul caso e ai dialoghi intercettati, don Zanotti avrebbe anche giustificato ammantato tutto con toni trionfalistici ed espressioni colorite. Come quando, sempre al telefono, l’imprenditore religioso dichiara: «Dio non si dimenticherà mai perché me l’ha promesso la Madonna – ripete in una telefonata alla collaboratrice – non ti prometto di essere né povero né ricco, ma tutto quello di cui tu avrai bisogno io te lo darò».
Un desiderio di arricchimento ammantato di spirito caritatevole?
Insomma, a sentire le conversazioni del frate, quei remunerativi affari coi migranti sarebbero stati parti di un eccezionale segnale divino. Ma più che sacro, il giro d’affari sembra davvero profano e temporale. Per gli inquirenti, infatti, più che un segnale divino, la gestione dei suoi centri di accoglienza rappresenterebbe uno spirito tutt’altro che basato su presupposti evangelici e caritatevoli. Attraverso Rinascita, infatti, come scrive sempre Il Giornale, « Zanotti riceveva una valanga di soldi pubblici, con i quali più che pensare all’accoglienza dei migranti il frate provava ad arricchire il proprio portafoglio. È questa l’accusa principale mossa nei suoi confronti». Mentre, stando ad altre intercettazioni tra don Zanotti e suoi collaboratori, nei centri d’accoglienza si stringeva la cinghia su tutto: persino sul cibo.
Un business dell’accoglienza mirato a fare affari imprenditoriali
Un quadro, insomma, quello ricostruito dalle indagini avviate a Bergamo, drammaticamente chiaro. Tanto che, le carte dell’inchiesta riportano: «Padre Zanotti utilizza il denaro destinato all’accoglienza dei migranti per mantenere in vita le attività commerciali e produttive create all’interno della cooperativa, al solo fine di generare fondi neri dai quali poter attingere denaro per scopi personali». E tra le varie voci in capitolato, figura non a caso «una compravendita di mobili pregiati, allestita in un capannone a Barbata».
Il business dei mobili donati e acquistati
Dove, tra i mobili accatastati figurano quelli donati da benefattori accanto a quelli acquistati direttamente dal sacerdote. «Tutti i soldi provento dell’accoglienza dei migranti sono utilizzati dal prete – affermano ancora due suoi collaboratori e riferisce Il Giornale – per mantenere in vita tutte le attività commerciali inserite nella cooperativa. Tra cui quella presso il capannone di Barbata”. Uno dei luoghi da cui, insieme al centro di accoglienza di Fontanella, sono partiti i primi sospetti e scattate le indagini…
La città di Bergamo non piange solo le vittime dell’epidemia, deve pure vedere gli sciacalli!