“L’ho strangolata perché mi ha trasmesso il coronavirus”. Il delirio del killer di Lorena

1 Apr 2020 16:37 - di Penelope Corrado

“Mi aveva trasmesso il coronavirus e l’ho uccisa”. Questo ha detto durante l’interrogatorio Antonio De Pace, l’uomo che ieri ha strangolato la sua compagna, Lorena Quaranta, a Furci Siculo (Messina). Ma gli inquirenti ritengono il movente inconsistente. Una positività smentita dal tampone a cui è stato sottoposto l’assassino. “Abbiamo eseguito il tampone sia sul ragazzo che sulla vittima – ha spiegato il procuratore di Messina Maurizio de Lucia – Entrambi hanno dato esito negativo”.

L’ha strangolata all’alba del 31 marzo

L’ennesimo femminicidio in Italia, forse indotto anche dalla convivenza forzata per la quarantena. De Pace ha strangolato Lorena e poi ha tentato il suicidio usando un coltello per tagliarsi i polsi e la gola. Intorno alle 8 del 31 marzo ha avvisato i carabinieri. Una versione che è al vaglio degli investigatori.

Sono in corso accertamenti su cosa ha provocato la lite tra i due giovani. I carabinieri stanno sentendo diverse persone ed i cellulari dei due ragazzi sono al vaglio degli inquirenti che ancora non hanno esaminato i tabulati. Nel frattempo la procura ha chiesto al gip la convalida del fermo.

“Lorena vittima di un gesto vile e ignobile”

“Non riesco trovare le parole per dare conforto a questa famiglia – ha detto il sindaco di Favara, Anna Alba -. Il nostro paese è in lacrime lacrime, la nostra concittadina Lorena è scomparsa per un gesto vile, ignobile. Favara vive la tragedia nella tragedia, perché stiamo già vivendo il grande momento d’angoscia legato all’emergenza sanitaria del Coronavirus”.

Si associa al lutto il sindaco di Furci Siculo, Matteo Francilia, che ha proclamato il lutto cittadino nel giorno in cui la salma della ragazza sarà trasferita a Favara per i funerali: “Ieri mi sono subito recato sul posto, anche la nostra comunità è molto scossa – dice -. Il nostro paese è in prima linea nella lotta alla violenza contro le donne, è infatti presente un centro antiviolenza ormai attivo nel territorio da dieci anni. Lorena non aveva la residenza qui, ma è come se fosse stata una nostra concittadina. Non ci aspettavamo di dover vivere un’esperienza così straziante”.

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