La lettera-verità di una guardia medica positiva: «Tanti medici lavorano con sintomi di Covid-19»

28 Apr 2020 10:45 - di Redazione

L’allarme dei medici contagiati. E senza direttive chiare. Renata Gilli, guardia medica, sta continuando a lavorare   nonostante i sintomi del Covid-19. Senza nessuna sorveglianza. O il tampone da parte dell’azienda sanitaria. Un auto-isolamento volontario. E il ritorno al lavoro con il rischio di infettare i colleghi.

Covid-19: la lettera del medico contagiato

Per lanciare l’allarme la dottoressa prende carta e penna. E racconta la sua storia in una lettera inviata al sito MedicalFacts.it. Fondato dal virologo Roberto Burioni. “So di tantissimi colleghi, di diverse Asl, che sono andati a lavorare nonostante la comparsa di sintomatologia. Magari subito il giorno dopo la scomparsa della febbre”, scrive la Gilli.  E lo hanno fatto su indicazione dei servizi di igiene”. “Il paradossoto – denuncia la dottoressa – è questo. Per farti stare a casa o per decidere di farti il tampone, devi avere avuto un contatto con un caso di Covid-19 accertato. Altrimenti sostengono che sia influenza. Ma come si può sapere se uno ha avuto un contatto accertato? Se sul territorio praticamente il tampone non lo si fa a nessuno? Chissà quanti medici e infermieri sono positivi e stanno infettando mezzo mondo“.

La dottoressa ricostruisce nella lettera quanto le è accaduto: “Il 9 marzo sera ho avuto i primi sintomi, febbricola e mal di gola. Seguiti da tosse e perdita del gusto e dell’olfatto. Dalla Asl dove faccio guardia medica mi hanno dato l’ok per tornare a lavorare appena passata la febbre. Quindi avrei potuto riprendere il 12 marzo, secondo loro. Visti i sintomi molto tipici ho, però, ho deciso autonomamente di fare mille cambi di turno. E auto-isolarmi per 14 giorni. Non hanno voluto farmi il tampone subito. Io ho insistito, dicendo che la sintomatologia era molto tipica. E si sono decisi a farmelo solo il 20 marzo, ovviamente positivo. Visto che l’esito del tampone sarebbe arrivato il 24, ho chiesto se potevo rimanere a casa il 23 marzo. Ma non mi sono arrivate disposizioni ufficiali di isolamento, nonostante fossi in attesa di esito tampone”.

L’allarme: molti medici lavorano con sintomi

E ancora. “Quindi, quel turno non l’ho potuto in nessun modo evitare. E l’ho fatto. Era in centrale operativa e ho condiviso con tre colleghi una stanza chiusa per 12 ore. Avevo mascherina, ma non vuol dire molto. Così, adesso, tre miei colleghi sono stati a contatto con un Covid-19 positivo. E, nonostante la mia segnalazione immediata, probabilmente continueranno a lavorare per la lentezza delle indagini di sorveglianza.  La cosa grave – continua la dottoressa . è che se non mi fossi auto-isolata dal 12 marzo in poi avrei normalmente lavorato. E avrei messo a rischio di infezione decine di persone (quasi tutti anziani e malati cronici, visto che sono questi che per lo più chiamano la guardia medica)”.

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