Coronavirus, i ricercatori militari cinesi studiano i “pazienti cronici”: pochi sintomi e contagio lungo

1 Apr 2020 19:25 - di Federica Parbuoni
pazienti cronici

Il coronavirus potrebbe aver subito una mutazione, dando origine a un nuovo sottotipo in grado di dare vita a forme croniche di Covid-19. È l’ipotesi su cui sta lavorando un gruppo di ricercatori cinesi, che hanno osservato il caso di un paziente che ha convissuto con il virus per 49 giorni. L’anomalia di questo paziente, oltre alla durata della positività, sta nel fatto che aveva sintomi lievi, intermittenti e non coerenti con quelli osservati finora nei malati di Covid-19. Un dato particolarmente allarmante perché, se confermato, aprirebbe un ulteriore fronte di circolazione del virus difficile da controllare. Gli studiosi cinesi si stanno concentrando in particolare sulla possibilità che gli eventuali pazienti cronici possano trasmettere il virus ad altre persone.

Un “rapporto simbiotico tra virus e ospite”

La notizia, rilanciata in Italia dal Giornale via InsideOver, è riportata dal South China Morning Post. Il paziente preso in esame presentava una “elevata carica virale”, ma valori immunitari stabili. Secondo i ricercatori dell’Università di medicina militare di Chongqing, che hanno presentato il caso la scorsa settimana sul sito di Medrxiv.org, “il virus e l’ospite potrebbero aver sviluppato un rapporto simbiotico”. Da sottolineare che Medrxiv, come avverte la sua stessa homepage, fornisce solo “indicazioni preliminari” e spunti a disposizione della comunità scientifica, non ancora validati e da non considerare come acquisiti. Dunque, la mutazione su cui lavorano i ricercatori militari cinesi resta, allo stato attuale, solo un’ipotesi.

Covid-19 difficile da riconoscere nei pazienti cronici

Il paziente osservato, un uomo di mezza età, non presentava i sintomi tipici del Covid-19. Aveva febbre lieve e intermittente, niente tosse, brividi o respiro affannato. Insomma, non presentava alcuno dei sintomi “classici” della malattia da coronavirus. Ciononostante ne era infetto. Ed è rimasto positivo per 49 giorni, ben oltre la media di circa 20 giorni osservata finora e ben oltre anche il caso limite di 37 giorni già registrato. Un’altra anomalia sta nel fatto che, in genere, la durata della malattia si associa alla sua gravità: più è lunga, più è grave. Non nel caso di questo particolare paziente paucisintomatico, nel quale il virus è stato debellato solo grazie a una trasfusione di plasma da pazienti che ne erano usciti. La cura ha fatto effetto in due giorni. Nessun altro trattamento, invece, aveva dato risultati.

 

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