Libia, è guerra civile. Il Paese va commissariato, altro che elezioni “democratiche”
Ennesimo attentato suicida in Libia. Ieri c’è stato un attacco armato contro la sede del ministero degli Esteri libico a Tripoli, i morti sarebbero almeno otto. Secondo alcuni testimoni, le esplosioni sono state accompagnata anche da raffiche di mitra. Dalle immagini diffuse dai siti di informazione libici si scorge una colonna di fumo levarsi dall’edificio principale del ministero degli Esteri, ubicato sul lungomare della città, a 500 metri dall’ambasciata d’Italia, una zona paradossalmente considerata sicura. Alcuni uomini armati, forse sei, poco dopo le alle 9 italiane) hanno assaltato il ministero, sparando contro i militari della Guardia presidenziale, che già in altre occasioni precedenti hanno dimostrato la loro inefficienza. Si è scatenato un conflitto a fuoco, seguito da alcune esplosioni, causate da due o più terroristi che si sono fatti saltare in aria.Altri componenti del commando sono stati uccisi dalle forze di sicurezza, non prima però di aver ucciso alcuni civili tra cui il direttore generale del Dipartimento relazioni islamiche del ministero degli Esteri libico. I componenti il commando terrorista, secondo i libici, sarebbero di origine subsahariana come quelli dell’attacco condotto contro la sede della National oil corporation lo scorso settembre. Oggi l’Isis avrebbe rivendicato l’azione terrorista.
Impossibile votare adesso in Libia
In questo clima è impossibile svolgere elezioni, considerate però da Onu e Ue come la panacea per tutti i mali della Libia. Lo stesso presidente del consiglio italiano Giuseppe Conte, che in origine si era dichiarato contrario alle elezioni in questo momento, è stato costretto o convinto a fare dietrofront dall’estasblishment mondiale, che vuole pe rforza chiamare i cittadini di un Paese diviso e in guerra alle urne. In un’intervista a La Stampa infatti Giuseppe Conte, che pochi giorni fa era in Libia per incontrare il “premier”Al Sarraj, voluto dalla Francia e dalla Ue e da Gentiloni, il generale Khalifa Haftar, che ha il controllo dell’est del Paese, e altri attori degli equilibri libici, ha dichiarato che “non c’è dubbio che il processo politico debba transitare da elezioni. Il mio auspicio, in questa mia azione di sostegno all’operato dell’Onu, è che il 2019 possa rappresentare davvero l’anno della svolta per la Libia”. Da parte sua l’inviato delle Nazioni Unite per la Libia, Ghassan Salamé più pragmaticamente auspica che i libici possano “presto” superare le divergenze “perché l’unità nazionale è la più forte garanzia di sovranità e il rafforzamento dei legami interni è la migliore cura contro le interferenze esterne”. Salamé insiste anche sull’importanza dell'”attaccamento alla patria, che abbraccia e unisce tutti”. Insomma, neanche l’Onu sa che pesci pigliare. E’ evidente che la Libia vada in qualche modo commissariata dall’Occidente prima che sia davvero troppo tardi.