Khashoggi, l’accusa dell’Onu a Riad: vittima di un’esecuzione extragiudiziale
E’ durissimo l’attacco dell’Onu all’Arabia Saudita per l’omicidio del giornalista saudita Jamal Khashoggi, ucciso il 2 ottobre nel consolato di Riad a Istanbul: le NazioniUnite lo considerano vittima di una «esecuzione extragiudiziale». Un’accusa pesante formulata da un pezzo da novanta dell’Organizzazione intergovernativa: Agnes Callamard, relatore speciale sulle esecuzioni extragiudiziali, sommarie o arbitrarie delle Nazioni Unite che, in un’intervista all’emittente araba al Jazeera, imputa ai sauditi, rigettando le loro spiegazioni, di aver volutamente assassinato Khashoggi nell’ambito di una esecuzione extragiudiziale. Un’accusa che era già stata formulata ai primi di ottobre da Amnesty International, organizzazione in cui la francese Callamard ha lavorato dal 1998 al 2001 come Chef de Cabinet per il Segretario generale occupandosi di diritti umani, soprattutto delle donne, in paesi come l’Africa, l’Asia e il Medio Oriente.
«Quello che sappiamo è sufficiente a suggerirci che Khashoggi sia stato vittima di un’esecuzione extragiudiziale e che il governo dell’Arabia Saudita è coinvolto, in un modo o nell’altro», accusa esplicitamente la relatrice speciale sulle esecuzioni extragiudiziali, sommarie o arbitrarie delle Nazioni Unite invocando un’inchiesta internazionale sull’omicidio di Khashoggi nel corso di una riunione dell’Onu a New York.
Reagisce Faisal Fahad, rappresentante dell’Arabia Saudita presso la commissione delle Nazioni Unite: «per favore, nessuna opinione personale durante questo incontro ufficiale».
E mentre il primogenito del giornalista, Salah bin Jamal Khashoggi, che ha doppia cittadinanza come il padre, arriva negli Stati Uniti dopo che le autorità saudite hanno revocato le restrizioni imposte alcune mesi fa sui suoi movimenti, il presidente turco Recep Tayyip Erdopgan rivela che il procuratore capo dell’Arabia Saudita sarà domenica a Istanbul per incontrare funzionari turchi nell’ambito delle indagini sull’uccisione di Khashoggi.
Erdopgan, che ha chiesto dove si trovi il corpo del giornalista saudita, ucciso all’interno del consolato di Riad a Istanbul lo scorso 2 ottobre visto che finora sono risultate senza esito le ricerche effettuate dagli inquirenti turchi all’interno del consolato, nella residenza consolare, nella foresta di Belgrado vicino a Istanbul e anche all’interno di un’abitazione di proprietà di uno dei membri della squadra sospettata dell’omicidio del giornalista, insiste: «le diciotto persone arrestate per il caso Khashoggi sanno chi ha ucciso il giornalista, in quanto il colpevole è tra loro».
Ieri il ministro degli Esteri della Turchia Mevlut Cavusoglu, che oggi ha avuto un colloquio telefonico con il suo omologo saudita Adel al-Jubeir, era tornato ad ammonire Riad ricordando alla comunità internazionale che ci sono delle domande alle quali l’Arabia Saudita non ha ancora dato risposta. Tra queste, su quali basi e con quali accuse siano stati arrestati 18 cittadini sauditi. E poi, chi ha ordinato l’omicidio?
Domande sulle quali è tornato nuovamente a battere oggi Erdogan durante un incontro dei leader provinciali dell’Akp ad Ankara: «Dov’è il corpo di Khashoggi? Chi ha ordinato l’uccisione di Khashoggi? Le 18 persone arrestate lo sanno. Chi ha inviato in Turchia le 15 persone (della presunta squadra omicida, ndr)? Le autorità saudite devono spiegare questo. Ma la domanda principale è, chi è il loro collaboratore locale? I sauditi lo devono dire presto», ha avvertito il presidente turco. Che ha messo in guardia Riad: «l’Arabia Saudita trasferisca in Turchia i 18 cittadini sauditi arrestati per l’uccisione del giornalista del “Washington Post” Jamal Khashoggi, in modo che siano le autorità turche a processarli».