Strage di Bologna, lo Stato si è venduto i beni di valore delle vittime

10 Mag 2018 2:43 - di Paolo Lami

Orologi, anelli. E altri oggetti di valore. Erano di proprietà delle vittime della strage di Bologna. E lo Stato italiano, nel 2006, ha deciso di vendere quei beni, di metterli all’asta e di alienarli per fare cassa. O, forse, per liberare spazio nelle stanze dei corpi di reato. E’ clamorosa la rivelazione al nuovo processo per la strage di Bologna preteso dall’associazione familiari delle vittime contro l’ex-esponente dei Nar, Gilberto Cavallini e in corso davanti alla Corte di Assise della città felsinea.

Proprio cinque giorni fa il nostro collega Massimiliano Mazzanti aveva rivelato in un articolo sul Secolo che i reperti del materiale esplodente ritrovati all’epoca sul luogo della strage e, solo apparentemente, custoditi dalla giustizia sono andati perduti.
Oggi si scopre che, in realtà, alcuni di quei reperti come, per esempio, i sacchi contenenti terriccio e altro materiale recuperato proprio all’interno della cavità prodotta dall’esplosione, sono stati distrutti in un inceneritore su ordine di un giudice nel 2006 e altri resti, come oggetti preziosi, appartenenti alle vittime della strage e ritrovati alla stazione di Bologna, sono finiti all’asta e venduti dallo Stato perché “non reclamati”.
Un gesto che, se da un lato dimostra il totale disinteresse delle istituzioni verso la Verità – e non una verità di comodo – sulla strage di Bologna, dall’altro dà la misura della mancanza di rispetto e di sensibilità che le istituzioni hanno verso le vittime delle stragi.

Ma non è solo questo. Oggi davanti alla Corte di Assise di Bologna che sta processando l’ex-Nar Gilberto Cavallini su richiesta del presidente dell’associazione familiari delle vittime, il parlamentare del Pd, Paolo Bolognesi, con l’accusa ,  a 38 anni di distanza, di concorso nell’attentato, ha giurato il perito parmiggiano Danilo Coppe, forse il massimo esperto di esplosivi in Italia.

Coppe, al quale la Corte ha posto una serie di quesiti molto stringenti, ha chiesto un mese di tempo per ordinare gli atti. E per capire, appunto, dove sono finiti i reperti della strage di Bologna e se c’è rimasto ancora qualche reperto che non è andato distrutto o venduto. Ma già, rispetto a quanto emerso oggi in udienza, si capisce che il lavoro di Coppe non sarà semplice. Anche se c’è da dire che, attualmente, tecniche e tecnologie non sono più quelle di 38 anni fa.

L’esperto esplosivista, già perito di parte civile nel processo per l’attentato di piazza della Loggia del 28 maggio 1974, dovrà, intanto, cercare di stabilire quale esplosivo è stato usato a Bologna, quanto ne è stato usato e se c’era un timer elettrico o un innesco chimico o un radiocomando. Un tema delicatissimo non solo perché, appunto, i reperti da poter esaminare potrebbero essere nulli o pochi ma, anche, perché sul tipo di esplosivo utilizzato nella strage di Bologna si è innestato fin dalle prime indagini un dibattito che non sembra trovare fine.

Si ritiene che l’ordigno contenuto nella valigia fosse costituito da 23 kg di esplosivo militare composto da una miscela di 5 kg di tritolo e T4, detta anche Composit B o Compound B, arricchita da 18 kg di cosiddetto gelatinato, cioè nitroglicerina a uso civile. Una questione che il perito dovrà affrontare è se l’esplosivo fosse italiano o straniero.
Va detto che cinque mesi dopo l’attentato di Bologna, una valigia contenente un esplosivo identico, venne fatta ritrovare, grazie a una segnalazione dei Servizi segreti italiani, sul treno espresso Taranto-Milano. Venne poi accertato che si trattava di un depistaggio degli 007 italiani ai danni di esponenti dell’estrema destra.

Ma non fu, quello, l’unico depistaggio sull’esplosivo. Nel 1991 fu creato un falso documento che faceva risalire la responsabilità agli uomini di Gladio. E si tentò di sostenere che l’esplosivo della strage di Bologna provenisse dai depositi dell’organizzazione militare. Anche in questo caso il depistaggio venne scoperto per tutta una serie di incongruenze.

Le teorie più recenti, accreditate da tutta una serie di elementi ulteriori, parlano di un esplosivo di tipo Semtex, cioè militare e di fabbricazione orientale.
La questione si intreccia in maniera importante con l’intensa e sanguinaria attività terroristica, condotta  negli anni ’70-’80, specialmente in Europa, dal superterrorista Carlos e la vicenda, emersa solo recentemente, del cosiddetto “Lodo Moro“, cioè dell’accordo stretto fra il governo italiano e i terroristi internazionali, compreso “Lo Sciacallo“, ai quali veniva consentito di transitare sul territorio italiano portando armi ed esplosivi e contrattando, in cambio, che non venissero realizzati attentati in Italia.

Un accordo delicato e pericolosamente instabile, voluto da Aldo Moro, che vide diversi terroristi del gruppo Carlos transitare in Italia anche a bordo di furgoni caricati di esplosivo e armi dai servizi segreti dell’est, provenienti proprio da lì, dove il Semtex veniva prodotto, in paesi come la Cecoslovacchia, e da dove veniva esportato in varie nazioni fra cui la Libia che ne acquistò 700 tonnellate e lo utilizzò per il sanguinoso attentato di Lockerbie Così come il Semtex fu ampiamente impiegato dal terrorismo internazionale in attentati dagli esiti devastanti in Francia e in Germania.

Ora Coppe dovrà stabilire anche  il tipo di innesco che potrebbe essere stato utilizzato a Bologna. Anche se i più recenti accertamenti sono giunti alla conclusione che l’esplosivo possa anche essere detonato accidentalmente nel corso di un trasporto – come disse anche il terrorista Carlos in un’intervista nel 2000 – trattandosi di un materiale altamente instabile e fortemente sensibile, non solo al caldo e al freddo ma perfino ai campi elettromagnetici indotti, per esempio, dall’utilizzo delle classiche radio utilizzate, all’epoca, dalle forze dell’ordine.

Il perito parmiggiano chiamato a dirimere la questione dell’esplosivo dovrà anche comparare la strage di Bologna, dal punto di vista dell’ordigno utilizzato e dei suoi effetti, ad altri attentati “storici” e, in particolare a quelli compiuti da Carlos nello stesso periodo in giro per l’Europa, come, per esempio, l’attentato “gemello” di Bologna, quello del 31 dicembre 1983 alla stazione Saint Charles di Marsiglia, dove una valigia, carica di esplosivo simile, deflagrò, pochi secondi prima dell’arrivo di un treno affollato, nel deposito bagagli facendo, per puro caso, solo 3 morti. Contestualmente venne fatto esplodere un ordigno su un Tgv francese vicino a Tain-l’Hermitage.

Infine c’è un altro aspetto, forse ancora più misterioso, che il perito Danilo Coppe dovrà dirimere e chiarire come ha chiesto e ottenuto – sia pure fra le vibrate proteste dei familiari delle vittime della strage di Bologna che si ritengono indignati e offesi per questa richiesta – l’avvocato Pellegrini, uno dei difensori di Gilberto Cavallini.

La questione riguarda una delle vittime, la giovane madre Maria Fresu, che la vulgata ufficiale vuole completamente “disintegrata” dall’esplosione: “E’ plausibile che l’esplosione abbia disintegrato una persona?“, ha chiesto l’avvocato Pellegrini in udienza ottenendo che il quesito venisse girato ufficialmente dalla Corte al perito ma indispettendo non poco il parlamentare Pd, Paolo Bolognesi.

Secondo le ipotesi del giudice Rosario Priore e del ricercatore Valerio Cutonilli, cristallizzate nel libro “I segreti di Bologna”, il corpo della Fresu fu fatto sparire per “compensare” la presenza, sul luogo dell’attentato, di una terrorista, cioè di colei che, effettivamente, stava trasportando la valigia con l’esplosivo.

A supporto della tesi c’è la certezza che, alla distanza dall’ordigno da cui si trovava la Fresu al momento dell’esplosione, nessun corpo si disintegra. E, peraltro, una sua giacca, i documenti e la borsa furono ritrovati intatti. Accanto a lei, al momento dell’esplosione, c’era la figlia Angela di 3 anni che rimarrà uccisa dal crollo di una parete come un’amica di Maria Fresu, Verdiana Bivona. Un’altra amica, Silvana Ancillotti, si salverà. Ma di Maria Fresu ufficialmente più nessuna traccia. Solo un pezzo di pelle del viso. Ma il gruppo sanguigno non corrisponde.

Commenti

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  • Massimiliano 10 Maggio 2018

    Le risposte a questa strage se le è portate nella tomba ”il gobbo”…..