Strage di Bologna, mancano i reperti dell’esplosivo. Smarriti o mal custoditi?

5 Mag 2018 20:02 - di Massimiliano Mazzanti

Riceviamo da Massimiliano Mazzanti e volentieri pubblichiamo:

Caro direttore,

da Bologna, anzi, per la precisione, da Padova, sembra giungere una notizia destinata a deludere un po’ tutti coloro i quali speravano che il nuovo processo per la strage di Bologna riuscisse almeno a chiarire alcune delle dinamiche dell’attentato del 2 agosto 1980. L’informazione diventerà ufficiale solo mercoledì prossimo, quando riprenderanno le udienze, ma pare proprio che i reperti del materiale esplodente che furono rinvenuti sul luogo dell’esecrando delitto siano andati irrimediabilmente perduti. Dunque, le perizie disposte dal presidente della Corte d’appello, Michele Leoni, dovranno limitarsi al vaglio dei precedenti lavori, senza la possibilità di utilizzare i progressi scientifici degli ultimi quarant’anni, e prendere atto di come, nei vari processi pregressi, non si sia mai raggiunta nemmeno la certezza su “cosa” sia esploso a Bologna (e quindi anche sul “come”). Possibile – ci sarebbe da chiedersi – che un sistema giudiziario che ha la pretesa dell’imprescrittibilità per determinati, gravissimi reati non sia neppure capace di conservare adeguatamente le prove dei delitti che pretende di perseguire niente meno che per l’eternità? E una riflessione va fatta anche sull’aggettivo usato – adeguatamente – poiché, se dopo questa prima ricerca pare dall’esito negativo, questi “corpi di reato” saltassero fuori da chissà quale scatolone o cassetto, il dubbio sulla loro corretta custodia e sui possibili “inquinamenti” volontari sarebbe  tale da renderli processualmente inutili. La perdita di quei diabiolici reperti, però, non inficia completamente il senso della ricerca disposta dal giudice Leoni, dal momento che l’esperto nominato potrà comunque rilevare le incongruenze e le insufficienze delle vecchie perizie – che ci sono, altrimenti l’attuale corte d’appello non avrebbe sentito il bisogno di disporre nuove indagini -, evidenziando come anche le precedenti sentenze furono emesse alla luce di un quadro indiziario assolutamente lacunoso. Il che potrebbe giovare non solo all’attuale imputato, ma anche ai presunti complici, già condannati per il 2 agosto.

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  • Marino Brini 5 Maggio 2018

    Debbono chiederlo ai palestinesi