Usa, dall’abbattimento delle statue ai roghi di libri il passo è breve…

19 Ago 2017 14:15 - di Giancarlo Cremonini

Vi ricordate lo sdegno mondiale quando i talebani fecero saltare le statue dei Buddha? E vi ricordate le dichiarazioni scandalizzate quando l’Isis iniziò a distruggere Palmira? Negli Stati Uniti sta succedendo la stessa cosa. I talebani del politically correct fomentati da un Obama, che evidentemente ancora non ha metabolizzato e accettato la clamorosa e inaspettata batosta elettorale della Clinton, stanno demolendo monumenti dedicati agli Stati confederati ed ai loro eroi con il pericolo di rinfocolare un odio razziale mai sopito del tutto negli States. E a Chicago i democratici, presi da santo furore liberal, vogliono rimuovere anche il monumento a Italo Balbo. Qualcuno dirà che non è giusto paragonare i talebani ai democratici ultras ma in fondo è esattamente la stessa cosa. Entrambi vogliono distruggere e fare a pezzi tutto ciò che rappresenta cose a loro non gradite. Buddha sta ai talebani come il generale Robert Lee sta ai demoratici. Non mi piace quindi lo demolisco. E il passaggio dalle statue ai roghi di libri è breve. A quando sarà vietato per legge fischiettare Dixie’s Land o vedere Via col vento o Soldati a Cavallo? Ma la cosa veramente sospetta è che in otto anni di amministrazione Obama nessuno aveva mai protestato contro quei monumenti nè tantomeno chiesto di abbatterli. Appena eletto Trump è scoppiato il problema. Non sarà per caso che sarà un pretesto per mettere in difficoltà l’amministrazione Trump e per rinfocolare l’odio razziale ? Una cosa è certa: in un monento in cui l’Occidente è devastato dal terrorismo e la Corea del Nord sfida apertamente gli Usa, gli americani non trovano niente di meglio da fare che azzuffarsi e dividersi sui monumenti ai sudisti, tutto mentre il Presidente Trump, come in un noto show televisivo cui partecipava anni orsono, cambia i suoi collaboratori e il suo staff ogni settimana rendendosi ridicolo agli occhi del mondo. Uno spettacolo veramente indecoroso e poco edificante che ci viene della prima super potenza mondiale e che ci fa giocoforza rivalutare la figura di Vladimir Putin, che appare come uno dei pochi politici seri e affidabili della scena internazionale attualmente dominata da nani politici incapaci di gestire le crisi e di dare fiducia e orgoglio ai loro popoli.

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