Ustica: riesumati i resti del radarista di turno la notte della strage

12 Mar 2017 11:05 - di Carlo Marini

Il mistero di Ustica si arricchisce di un nuovo capitolo. La Procura di Grosseto ha disposto la riesumazione dei resti di Mario Alberto Dettori, trovato impiccato nel 1987 in circostanze mai del tutto chiarite. Il maresciallo dell’aeronautica prestava servizio come radarista nella base di Poggio Ballone ed era di turno la notte del 27 giugno 1980, in concomitanza con la sparizione dai radar del Dc9 dell’Itavia. 

Dopo Ustica il maresciallo non fu più lui

La coincidenza più impressionante di questa vicenda è che Dettori, la notte della strage di Ustica, dove morirono 81 persone, tornò a casa molto turbato, così come hanno riferito moglie, cognata e figlia. Dettori, che dopo quella data secondo i familiari non fu mai più lo stesso, venne mandato anche dall’Aeronautica militare per un lungo periodo in Francia. Sei anni dopo venne trovato impiccato in una piazzola di una strada di campagna, vicino a Istia d’Ombrone. All’epoca non venne effettuata nemmeno l’autopsia e il fascicolo giudiziario fu chiuso rapidamente indicando come causa della morte il suicidio.

La strage di Ustica, un mistero infinito

La riesumazione dei resti di Dettori è uno dei primi passi compiuti dalla magistratura grossetana dopo che nel dicembre scorso Barbara Dettori, la figlia del sottufficiale, ha presentato un esposto insieme all’associazione antimafia Rita Atria. L’esumazione è avvenuta già da qualche giorno, al cimitero di Sterpeto, ma se ne è avuto notizia solamente oggi.

La notte di Ustica disse alla moglie: “Abbiamo sfiorato la terza guerra mondiale”

Secondo il racconto della figlia Barbara (all’epoca aveva 16 anni) che il mattino successivo il padre tornò a casa e disse alla moglie Carla e alla cognata Sandra che quella notte a Grosseto «si era sfiorata la terza guerra mondiale». Dopo qualche giorno, il maresciallo aveva chiamato il capitano Mario Ciancarella: questi, è stato scoperto di recente, era stato radiato dall’arma con una firma falsa del presidente Sandro Pertini. «Ma di quello che babbo aveva visto durante il suo turno al radar a Poggio Ballone – ha detto Barbara al quotidiano Il Tirreno – non ha più parlato a casa, negli anni successivi. Era un militare che amava il suo lavoro e che credeva nelle regole».

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