L’ultima della Boldrini: la festa delle donne deve essere un funerale

8 Mar 2016 9:57 - di Luca Maurelli

Bandiere a mezz’asta, a lutto, a Montecitorio, come in un funerale di Stato. Per adesso solo lì, a casa sua, ma non è escluso che in futuro Laura Boldrini possa proporre il lutto stretto anche nelle scuole, nei palazzi della politica, per strada, allo stadio, in discoteca, al bar, lanciando l’idea di omaggiare signore e signorine con dei crisantemi, piuttosto che con le mimose, troppo allegre per i suoi gusti. Per il presidente della Camera, infatti, l’8 marzo non è una festa ma una sorta di funerale, visto che nel mondo sono ancora tante le donne che vengono uccise o sono vittime di violenze. Bella scoperta. La sua soluzione? Fare una legge? Convincere Renzi a stanziare più fondi per la difesa della donna? Provare a imporre anche ai suoi amici islamici qualche regola di rispetto del gentil sesso e magari l’abolizione del burka? No, la soluzione della Boldrini è mettere la bandiera a mezz’asta sul pennone di Montecitorio e fare un bel convegno con gli esperti.

La festa delle donne da celebrare col lutto

Quindi, ricapitolando, la Boldrini impone il lutto ma difende la celebrazione. Si deve festeggiare ma con moderazione, anzi, con un velo di tristezza. «Non è vero che l’8 marzo è una festa stanca, ha ancora senso celebrarlo, abbiamo ancora molta strada da fare e il nostro lavoro non è ancora terminato», ha sottolineato ieri introducendo nella Sala della Regina di Montecitorio il Recital di Daria Colombo e Roberto Vecchioni “La forza delle donne”, in anteprima alla Camera in occasione della Giornata Internazionale della Donna. E oggi farà il bis.

La presidente, l’avvocata, la direttora…

Come difendere le donne dalla violenza, dunque? Solita storia: leggi, fondi, cultura? No, con la grammatica. Tra le priorità della Boldrini, infatti, ci sono sempre i nomignoli al femminile, la presidente, la direttora… «Non è una mia fissazione. Noi diciamo operaia, contadina ma se una donna è ai vertici deve diventare uomo, abbiamo difficoltà a dire ministra o avvocata. C’è una barriera culturale». Ed ancora: «Se una donna è ai vertici, non vuol dire che vuole diventare un uomo. Io non sono 2signor presidente” e questa non è una quisquilia, una mia fissazione ma una questione importante». Più che una bandiera a mezz’asta, qui forse è meglio stendere un velo pietoso.

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