Ecco perché siamo in pericolo: parla Tawfik, poeta iracheno in esilio in Italia

13 Gen 2015 17:39 - di Antonella Ambrosioni

«Io ho paura, dovreste averne pure voi». A parlare con tale chiarezza dopo i fatti di Parigi non è un uomo qualunque ma un intellettuale musulmano, un poeta iracheno ben noto in Italia dove vive  dal lontano 1979, fuggito dalla sua città, Mosul, l’antica Ninive, ormai roccaforte degli jihadisti dopo la presa del potere di Saddam Hussein. Si tratta di  Younis Tawfik, esule a Torino, dove ha conseguito la laurea in Lettere – adora il nostro Dante – e dove dirige il Centro culturale italo-arabo Dar al-Hikma. Una vita per niente facile: di fede cristiana era suo fratello, ucciso nel 2008 dai terrorismi islamici che lo avevano già rapito in precedenza per interrogarlo sull’attività di Younis in Occidente. Ma la paura non lo frena e ora che Bompiani sta per dare alle stampe il suo libro sull’Isis che è tutto un programma – Il nuovo stato islamico. Industria della morte, i nemici non gli mancheranno. Eppure le parole spese in questi giorni sono coraggiose e squarciano il velo di ipocrisia che si avverte in molti dibattiti pubblici.

Lei ha definito il terrorismo islamico «più pericoloso di quanto si possa immaginare» e in tutte le azioni compiute in nome del Corano lei non ha fatto mai mancare il coraggio di analisi: dopo i fatti di Parigi perché ha più paura e ci sollecita a fare altrettanto?

Perché vedo che si analizza il fenomeno con molta superficialità e con una completa sottovalutazione del problema, dalla guerra in Siria all’occupazione completa da parte dei jijaddaisti della mia città, da giugno, in Iraq, diventata un covo di terroristi, un vespaio. Con la conseguenza si avere creato in questi due Stati delle roccaforti di questa organizzazione internazionale – l’Isis – che ha sotto mano il controllo di fonti petrolifero, banche, armi un potere economico- finanziario ingente.

Quale errore stiamo commettendo?

Ridurre quanto accaduto a Parigi a un questione di satira, di libertà d’espressione. C’è anche questo, ma la questione è più grave. Si sbaglierebbe ad esasperare il dibattito sull’offesa alla religione perché la questione è più politica che religiosa. I jihadisti strumentalizzano la religione per fini propri. In mancanza di ideologie, l’Islam, oggi polititicizzato, è diventato una nuova ideologia fatta da persone che hanno interpretato il Corano a loro modo e strumentalizzano questa interpretazione per fare il “lavaggio del cervello” ai giovani e ai deboli per spingerli a commettere atti terroristici del tipo che abbiamo visto, spingendoli ad abbracciare la causa del Califfato.

Qual è dunque la tattica dei terroristi dell’Isis?

C’è un sottofondo politico evidente proprio ora  che sono sotto l’attacco degli alleati in Siria. Si trovano attualmente in difficoltà e hanno cercato di deviare l’opinione pubblica verso l’esterno, attaccando l’Europa: il che vuol dire creare scontri, scompiglio e deviare l’opinione pubblica dal vero problema che è lo Stato islamico, l’Isis. Per deviare l’attenzione dai massacri che stanno compiendo – atrocità contro i cristiani, crocefissione di musulmani nelle piazze,  vendita delle donne come schiave – cercano di portare il conflitto all’estero per esercitare pressione sui governi occidentali a non intervenire.

Ci dica del suo libro in uscita, Il nuovo stato islamico. Industria della morte: un atto di accusa lucido e implacabile nei confronti di chi uccide, tortura e compie ogni efferatezza nel nome di Allah. Teme ritorsioni?

Non tanto per me, quanto per la mia famiglia. Ma sono convinto di fare la cosa giusta. Nel libro cerco di analizzare il fenomeno a vari livelli, sociali, economici, culturali. L’Isis ha un’organzione capillare. I seguaci dello Stato islamico vivono una non vita. Perde valore l’esistenza e la via del Paradiso passa per la negazione della libertà. La vita è un mero passaggio. Una concezione molto vicina a quella “animale”.

Il loro fine?

L’egemonia, l’accaparramento di posizioni.

Quindi c’è un conflitto aperto all’interno del mondo islamico?

Assolutamente sì,  sciiti contro sunniti, musulmani favorevoli allo Stato-nazione e chi pensa che i Paesi islamici vanno modernizzati. Sta passando sotto silenzio quanto sta accadendo in Egitto, per esempio, dove il presidente egiziano Abdel Fattah al Sisi, davanti alle autorità religiose dell’università di al Azhar ha chiesto una “rivoluzione” nell’Islam per “sradicare” il fanatismo. Lo Stato islamico vuole arrogarsi il diritto di rappresentare il “vero” Islam e considera gli altri islamici moderati, così come gli occidentali, i cristiani, degli “infedeli”. La dimostrazione di forza è indirizzata anche all’interno del mondo islamico.

Siamo in guerra, lei afferma: la possiamo fronteggiare a condizione che…?

Che non  minimizziamo le minacce, il peso delle parole, spesso più pericolose delle bombe. Non possiamo nasconderci che tra i musulmani in Europa, anche in Italia, c’è chi approva queste azioni terrificanti. Come esistono fiancheggiatori, finanziatori, terrorismi dormienti e pronti ad agire. Ed è in questo terreno che il terrorismo dell’Isis pesca le sue reclute, i cosiddetti “foreign fighters”. Quindi per combattere bisogna avere bene chiara la gravità e la complessità della situazione e considerare, dunque,  l’imprevedibilità del nemico. Ancora: cercare di non perdersi in chiacchiere sul velo, sulla satira, ecc., perché ci distrae dal pericolo più vasto. L’Isis è molto più abile, organizzato e strutturato di Al Qaeda, usa benissimo i mezzi di comunicazione, i social network.

Come fronteggiare l’imprevedibilità e l’impatto del proselitismo?

Tornando a dar vita a una Consulta islamica delle comunità italiane che facciano da cerniera, altrimenti in questo vuoto tra italiani e musulmani che vivono e lavorano da noi si può creare l’humus per questi “terrorismi dormienti” più deboli e disperati. Vinceremo la guerra se la combatteremo tutti insieme.

Lei in un’intervista sul sito lospiffero.it ha evidenziato la scarsa reazione dell’Islam moderato, come mai?

L’islam moderato sta pagando il prezzo più caro in questa fase di scontro interno: centinaia di migliaia di intellettuali iracheni sono stati perseguitati e uccisi, mio fratello, tra gli altri. Quindi hanno paura di tutti.

Lei pensa che le su posizioni e di chi la pensa come lei siano maggioritarie?

Assolutamente sì. L’Islam, che rappresenta una grande cultura, ha subito nei secoli colonizzazioni che hanno avuto lo scopo di farci arretrare dal fronte della modernizzazione. Lo sviluppo è malvisto e l’Isis ha tutto l’interesse a fomentare i settori più retrivi e fanatici. Ma sono certo che  milioni di altri musulmani la pensano come me.

 

 

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