È un compagno di “Ya Basta”, Gianfranco Bracaloni, l’uomo che ha portato gli spinelli a D’Erme a Regina Coeli

29 Set 2014 12:21 - di Redazione

Si chiama Gianfranco Bracaloni, idraulico, 53 anni, notissimo esponente del Centro Sociale “Ya Basta” di Roma ed era stato già arrestato in precedenza: è lui il “no global” che, in visita al carcere romano di Regina Coeli, accreditato come collaboratore personale dall’europarlamentare della lista “L’Altra Europa con Tsipras”, Eleonora Forenza, ha tentato di consegnare a Nunzio D’Erme una dose di hashish da 1,5 grammi.
Bracaloni non è un nome qualsiasi ma è un personaggio piuttosto noto già finito sulle prime pagine dei giornali internazionali quando nel settembre del 2000 tentò, insieme ad altri 852 italiani, di raggiungere Praga, a bordo del treno speciale “Global Action Express” per contestare il vertice del Fondo Monetario Internazionale che si svolgeva nella capitale Cecoslovacca.
Bracaloni, assieme ad altri tre no global, Franco Santonastaso, sempre del Centro Sociale “Ya Basta” di Roma, Silvia Liscia, di “Ya basta” Milano e Domenico Mucignat di “Ya Basta” Bologna, si erano recati a Praga un mese prima, ad agosto, per un sopralluogo in vista delle proteste che i no global era intenzionati di mettere in piazza nel corso del vertice Fmi di settembre ma erano stati intercettati dalla polizia ceca e identificati.
Così, il 25 settembre del 2000, quando erano tornati assieme ai loro compagni a bordo del treno “Global Action Express“, un treno organizzato dai movimenti ambientalisti e da Rifondazione Comunista, erano stati fermati nuovamente: il treno era stato bloccato alle 4 e 30 di notte dalla polizia ceca in assetto antisommossa a Horny Dvoriste, in mezzo alla campagna, al confine fra l’Austria e la Repubblica Ceca e a 22 persone, fra cui i quattro, era stato intimato di scendere e di tornarsene a casa come persone “non gradite” in Cecoslovacchia.
I quattro, ritenuti dalla polizia ceca che lavorava in collaborazione con l’Interpol, fra i responsabili delle violenze a Seattle, negli Usa in occasione della Conferenza Ministeriale della Wto, l’Organizzazione Mondiale del Commercio – i quattro secondo il ministro dell’interno di Praga, Peter Gross, hanno «precedenti per Seattle» – si erano rifiutati di lasciare il treno. Il resto dei passeggeri, colti nel sonno, non sono riusciti a organizzare una protesta.
Addirittura Silvia Liscia si era incatenata a un vagone. Dopo diciotto ore di stop al freddo polare della notte ceca, senza riscaldamento nè vettovaglie, i compagni dei quattro avevano iniziato a rumoreggiare e, così, i quattro “rivoluzionari de noantri” avevano preferito chiuderla lì e tornarsene a casa come indesiderati rinunciando a protestare contro il Fondo Monetario Internazionale. Non senza aver dichiarato “vittoria”, chissà perché poi.
Nel marzo 2003 per l’idraulico Bracaloni arriva l’arresto anche in Italia. E’ l’anno in cui le manifestazioni di no global, disobbedienti, anarco insurrezionalisti e black block si susseguono per protestare contro l’intervento militare in Iraq. I danneggiamenti di banche, distributori di benzina e società di empowering sono all’ordine del giorno. Bracaloni, all’epoca 42enne, viene arrestato dai carabinieri a bordo della sua Fiat Uno assieme ad altre quattro persone del centro sociale «Corto circuito» per aver tagliato i tubi di una pompa di benzina a piazza dei Navigatori, sulla Cristoforo Colombo.
Così Bracaloni spiegava al “Corriere” all’epoca le sue azioni di danneggiamento: «Le due del mattino: il carabiniere che ci vede pensa che stiamo rubando il carburante, invece…». Invece? «Ho cercato anche di spiegarlo al magistrato, stamattina: non basta dire un altro mondo è possibile. Bisogna costruirlo, il mondo diverso». E come, tagliando le pompe Esso?, gli chiede il giornalista.
«Con azioni dal basso. Colpendo le compagnie che sono dietro la guerra. Certo, so anch’ io che difficilmente le cose cambieranno. Ma di fronte a quest’ orrore della guerra bisogna rischiare in prima persona», risponde l’idraulico-no global.
Ma adesso lo rifarà? «È la stessa domanda che mi ha fatto il giudice. Gli ho detto che il mio obiettivo non è danneggiare una pompa, ma fermare la guerra». Quindi? «Ogni giorno si decide cosa fare, come andare avanti – recitava con aria ispirata l’idraulico no global della porta accanto – gli zapatisti usano un’espressione, camminare domandando. Significa questo, non fermarsi,chiedersi sempre cos’ è meglio fare».
Ma agire contro la legge con azioni in qualche modo violente non è in contraddizione con l’ idea di fondo, il pacifismo, la non violenza? «Ma si tratta di leggi ingiuste – ragiona filosofeggiando l’aggiustatubi – Non è ingiusto che i bambini sopportino 10 anni di embargo e ora le bombe? Cos’ è giusto: restare a guardare?».
Com’ è nata l’idea, ieri notte? «Avevo gli attrezzi da idraulico nella macchina, anche la sega. Ah, la macchina: l’hanno sequestrata, e io senza non posso neanche lavorare…».
Insomma Bracaloni non era proprio un signor nessuno ma, addirittura, considerato un “eroe” fra i no global per quei gesti di contestazione.
E ora, ovviamente, si profilano problemi seri per l’europarlamentare della lista “L’Altra Europa con Tsipras”, Elenora Forenza. E’ lei la persona che ha materialmente firmato il modulo all’ingresso del carcere di Regina Coeli accreditando che Gianfranco Bracaloni come un suo collaboratore. Difficile immaginare che la Forenza fosse completamente all’oscuro dello spessore del personaggio per il quale ha garantito presentandolo come un suo collaboratore e portandolo con se in carcere a visitare D’Erme. Al quale Bracaloni ha poi tentato di consegnare una dose da un grammo e mezzo di hashish. Lui, il leader storico del Movimento romano, era da alcuni giorni detenuto nel carcere di Regina Coeli per aver partecipato alla violenta aggressione di due agenti della Digos e di due ragazzi del Movimento Cattolico Politico Militia Christi.
È stata una guardia penitenziaria che accompagnava il terzetto nella visita al carcere ad accorgersi di quello strano movimento attorno a D’Erme e delle intenzioni di B. e l’ha bloccato, formalizzando poi la denuncia all’Autorità Giudiziaria.
Gianfranco Bracaloni era entrato nel pomeriggio, verso le 17.30, nel carcere ufficialmente come “collaboratore” dell’europarlamentare Eleonora Forenza de “L’Altra Europa con Tsipras” e con l’ex-parlamentare Giovanni Russo Spena che, in quanto ex-parlamentare, non aveva titoli per accreditare alcun collaboratore. Titoli che, invece, aveva la Forenza che, infatti, ha firmato il modulo previsto in questi casi assumendosi la responsabilità delle persone che portava al seguito, quindi sia Russo Spena, sia di Gianfranco Bracaloni.
Peggiora la situazione il fatto che l’europarlamentare sostiene ora che Bracaloni «non è una persona che lavora nella mia segreteria, ma un compagno dei Movimenti. Né io, né Giovanni Russo Spena, né Nunzio D’Erme eravamo a conoscenza delle sue intenzioni». Evidentemente la Forenza, quando ha firmato quel modulo, rilasciando dichiarazioni mendaci sull’identità della persona che l’accompagnava, ha mentito alla direzione del carcere.
A denunciare l’episodio è stato Massimo Costantino, segretario regionale Fns Cisl Lazio raccontando che «prontamente il personale di polizia penitenziaria ha evitato il passaggio di tale sostanza, marijuana, 1,5 grammi» e che l’uomo «è stato denunciato all’Autorità Giudiziaria».
Per la Fns Cisl «occorre rivedere l’accesso di tali collaboratori dei parlamentari poiché è inaccettabile che utilizzando il loro status possono approfittare di entrare in carcere e perpetrare un reato in un luogo di detenzione che serve a rieducare ed infliggere la pena. Le carceri non sono certo luoghi dove reiterare reati». Sotto la lente di ingrandimento ora, dopo la denuncia di Costantino, finiscono le procedure con le quali i parlamentari e gli europarlamentari fanno visite a sopresa nei carceri. E poi accreditano i loro collaboratori. Sulla propria parola.
«Non sapevo assolutamente nulla – sostiene ora l’europarlamentare Forenza – eravamo nelle vicinanza della cella di Nunzio D’Erme, quando ho visto il secondino che contestava il fatto, ma io non mi ero accorta di nulla. L’obiettivo della mia visita era quello di ispezionare il carcere per verificarne le condizioni ed incontrare Nunzio D’Erme, poiché da sempre mi sono occupata dei Movimenti (di cui ha fatto parte negli anni ’90 ndr). Quanto accaduto mi ha davvero sorpreso».
D’Erme è stato arrestato il 24 settembre con l’accusa di aver partecipato ai disordini, cinque mesi fa, nel tentativo di aggredire due militanti del Movimento Cattolico Politico Militia Christi che avevano chiesto di rincontrare un parlamentare a un convegno a favore dei transessuali per consegnarle una lettera.
Nell’occasione il gruppo degli assalitori aveva tentato di colpire con un punteruolo i due ragazzi di Militia Christi, aveva poi colpito con un casco uno degli agenti della Digos intervenuti e, infine, aveva fatto fuggire uno degli assalitori, già ammanettato e che era poi riuscito a dileguarsi, dopo l’aggressione agli agenti tanto che D’Erme era stato, fra l’altro denunciato per procurata evasione.

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