Pagine di Storia / Trent’anni fa l’assalto al Tempio d’Oro dei Sikh che provocò l’assassinio di Indira Gandhi

5 Giu 2014 20:32 - di Antonio Pannullo

Trent’anni fa in queste stesse ore si consumava in India uno dei fatti che maggiormente avrebbero inciso nella storia recente del gigante asiatico: l’attacco al Tempio d’Oro Sikh di Amritsar, nota in Occidente come l’Operazione Blue Star. Il Tempio d’Oro è il più importante edificio di culto Sikh, la religione indiana nata nel XV secolo che ha moltissimi seguaci. Si trova ad Amritsar, nello Stato del Punjab, che si trova all’estremo nord della nazione asiatica. La religione Sikh prevede che almeno una volta nella vita ci si debba recare, e oggi è una rinomata attrattiva turistica, visitata persino dai reali d’Inghilterra, e in cui fu ambientato anche il film di Richard Attenborough Gandhi. Ma nel 1984 in quel tempio si consumò un’autentica battaglia, ordinata dall’allora premier indiano Indira Gandhi, che mandò l’esercito regolare a combattere i militanti Sikh che si erano asserragliati nel loro tempio, accusati di terrorismo. Il potente esercito indiano riteneva di poter esaurire l’operazione facilmente, ma si trovò di fronte una resitenza tanto eroica quanto organizzata: edificio per edificio, casa per casa, viale per viale, i Sikh resistettero per ore mettendo in seria difficoltà i regolari, che dovettero fare ricorso in modo massiccio all’artiglieria pesante e persino ai paracadutisti. La battaglia si svolse di notte ed entrambi le parti subirono pesantissime perdite. Nuova Delhi esitava a far intervenire i carri armati, perché questo probabilmente avrebbe contemplato la distruzione della parte principale del Tempio d’Oro, ma dopo la distruzione di un veicolo blindato e altre pesanti perdite di soldati, il comando generale inviò venti carri armati di tipo Stephine, che spararono decine e decine di colpi contro l’edificio di culto, uccidendo gran parte dei separatisti in armi. Il marmo del pavimento del tempio fu completamente distrutto dai cingoli oltre ad altri danni alle opere d’arte. Alla fine i dati ufficiali parlarono di un centinaio di morti tra le forze armate indiane, oltre 400 vittime civili, 1500 arresti e centinaia di feriti da ambo le parti. Fu un’ecatombe, aggrava dal fatto che i Sikh non potevano perdonare la violazione del loro luogo di culto più sacro. E non lo perdonarono: come si ricorderà, il 31 ottobre di quello stesso anno la premier fu assassinata dalle sue guardie del corpo, due ufficiali sikh. L’omicidio portò a una vastissima ondata di repressione contro i Sikh in tutta l’India: si calcola che nei mesi successivi almeno diecimila di loro siano stati uccisi, molti dei quali in autentici linciaggi. Due anni dopo anche il capo di Stato maggiore indiano che aveva diretto l’Operazione blue star fu assassinato da due Sikh, i quali a loro volta furono poi impiccati. La frattura tra governo centrale e Sikh si protrasse per molti anni, e per certi versi dura ancora. Si stima che il numero di Sikh in India sia di circa 25 milioni di individui, i cui caratteri distintivi sono il turbante, capelli e barba non tagliati, un pettine di legno nei capelli, un pugnale, un bracciale di ferro e pantaloni corti alle ginocchia. Sono monoteisti e credono alla reincarnazione. In Italia vi sono parecchie comunità di Sikh, in particolare nell’Agro pontino e nella Pianura Padana, e oltre trenta edifici di culto. A distanza di decenni, il premier britannico David Cameron ha aperto un’inchiesta su quell’episodio del Tempio d’Oro, perché secondo alcuni documenti emerso in seguito pare che l’allora premier Margaret Thatcher non solo fosse a conoscenza della decisione deo governo indiano circa il blitz, ma che addirittura abbia fatto in modo di pianificarlo mediante l’invio di forze speciali del Regno, i Sas Special Air Service, i corpi d’élite).

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