Testimone al processo sul Forteto: il guru Fiesoli mi spingeva ad avere rapporti con una coetanea

5 Mar 2014 20:30 - di Redazione

«Da bambina credevo, e lo credevano tutti, che Rodolfo Fiesoli, il “profeta”, avesse il potere di leggere nella mente degli altri, lo temevamo anche per questo al Forteto», poi «entrata nell’adolescenza», arrivarono dagli adulti del Forteto le pressioni sulla sua vita sessuale: «Rodolfo Fiesoli e altre donne mi dicevano che per avere rapporti più profondi con una mia coetanea bisognava coinvolgersi fisicamente» ad esempio «toccarsi il seno o le parti intime». In pratica «mi fu detto di diventare lesbica» ma «io risposi: fatelo voi. Ero una ragazzina». Così, oggi pomeriggio, una nuova testimone al processo sulla comunità del Forteto a cui il tribunale dei minori di Firenze per un trentennio ha affidato ragazzi di famiglie disagiate. La teste è la nipote di uno dei ventitré imputati, Luigi Goffredi, “braccio destro” di Rodolfo Fiesoli detto il “profeta”. La donna, è cresciuta nella comunità con il padre – attuale dirigente della cooperativa agricola – e la madre che ce la portarono quando aveva tre anni e poi ci ha vissuto circa trent’ anni, fino al 2008 quando decise di rompere i rapporti e andare via per poter avere una famiglia normale con l’uomo di cui era innamorata. Al Forteto, ha detto la teste, «non si dovevano avere rapporti tra uomo e donna, i due generi vivevano separati. C’erano regole non scritte, e le regole principalmente erano dettate da Fiesoli» il quale, sempre secondo la testimone, riusciva a far rispettare norme di comportamento da lui imposte esercitando una specie di “controllo mentale” sugli ospiti, inducendoli a rivelare i loro pensieri. «Fiesoli – ha raccontato – anche quando ero bambina, diceva che lui leggeva negli occhi i nostri pensieri. Io sono stata spesso in punizione perché secondo lui avrei dovuto spiegare agli adulti le mie fantasie sessuali, anche se non le avevo». «Una volta – ha ricordato – ero adolescente, e Fiesoli mi si rivolse con la seguente frase: «Te lo leggo negli occhi che stanotte ti sei toccata”. Non ricordo neppure se era vero, ma forse mi convinse che era così». Tra le punizioni subite dalla teste c’era, principalmente, l’isolamento dal resto della comunità: «Una volta stetti un pomeriggio seduta su una sedia in sala mensa, un’altra in piedi. Nessuno mi parlava per giorni. In un caso Fiesoli mi tolse gli occhiali perché non avessi distrazioni guardando gli altri». «Ricordo – ha raccontato – di aver visto due uomini sfilare vestiti da donna nel posto dove mangiavamo, era un modo per metterli alla berlina». Sugli abusi sessuali a minori ospiti della comunità, la testimone ha detto: «Sapevo di ragazzi che avevano avuto rapporti con Fiesoli». La donna lavora ancora nella cooperativa il Forteto e ha spiegato di essere fuggita dalla comunità perché voleva «vivere l’esperienza di avere un figlio e un compagno», cosa vietata nella comunità: «Le donne che facevano questo erano considerate delle maiale».

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