La Kyenge vada a lezione da Cameron: niente sussidi agli immigrati che non parlano inglese

13 Dic 2013 20:05 - di Mariano Folgori

Il ministro Cécile Kyenge e tutti i fanatici dell’immigrazione senza controlli farebbero bene a guardare a quello che succede in Europa. A Nord delle Alpi, la linea di tendenza è quella di rendere compatibili i processi di integrazione con la stabilità sociale e la effettiva tutela dei diritti. Senza regole, l’integrazione stessa diventa impossibile, a meno di non confondere la parola “integrazione” con “disintegrazione” e “caos”.  Accade che, in Gran Bretagna,  il governo di David Cameron s’è reso conto che la politica delle porte aperte (il Regno Unito è la patria del melting pot) stava producendo fatalmente una serie di bombe sociali.  E così ha deciso di correre ai ripari. La prima misura è quella di introdurre test molto più severi rispetto a quelli esistenti per gli stranieri che chiedono i sussidi pubblici. Sarà determinante una buona conoscenza della lingua inglese: in caso contrario i funzionari potranno rifiutare l’aiuto dello Stato. I nuovi test saranno introdotti alla fine della prossima settimana nei centri di collocamento del Regno. Verrà richiesto un livello di inglese che permetta di trovare lavoro a Londra o in altre città britanniche.

«È di vitale importanza che ci siano regole più stringenti per proteggere l’integrità del nostro sistema di benefit», ha dichiarato Iain Duncan Smith, il ministro del Lavoro. Di sicuro questa iniziativa è destinata a creare nuovi attriti con Bruxelles. Anche per evitare il fenomeno del “turismo de benefit”, il premier aveva proposto di limitare la circolazione in Europa scatenando la reazione di Bruxelles che ha difeso la libertà di movimento come un principio non negoziabile. A differenza dell’Italia, la Gran Bretagna può però guardare con sereno distacco ai diktat  degli eurocrati: ha mantenuto la sterlina e può decidere del proprio destino senza passare sotto le forche caudine della Commissione europea e degli occhiuti controllori di Berlino. L’Italia è invece da troppo tempo stato schiaffo. Ma questo non è un buon motivo per non trarre utili insegnamenti da quello che accade nella  nazione in cui è nata l’idea liberale. Piaccia o non piaccia ai nuovi e ai vecchi ideologi dell’immigrazione selvaggia, che pontificano al di qua e al di là delle Alpi.

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