Solo Letta può convincere il Pd a non fare il boia del Cavaliere

4 Set 2013 16:51 - di Mario Landolfi

Sarà pur vero che il suo governo barcolla ma non molla o che egli stesso studia e suda giorno e notte per far quadrare i conti e mandare avanti la baracca Italia, ma è altrettanto vero che non può resistere e in fin dei conti esistere un premier perennemente in bilico o costretto agli alti e bassi di un elettrocardiogramma. La giostra ora va fermata e Letta deve decidere. Inutile che continui ad allontanare da sé l’amaro calice della decadenza del Cavaliere dando ad intendere che la vicenda non sia affar suo. Lo è, invece, eccome! Berlusconi non è uno che passa per caso sotto Palazzo Chigi. È un suo alleato, anzi il suo maggiore alleato e sostiene il suo governo con non poche milizie. Intendiamoci, nessuno chiede a Letta di aggiungersi alla folta schiera di apprendisti stregoni in cerca di improbabili soluzioni politiche o di scavare nell’argilloso terreno del Pd alla ricerca di un filo di buon senso che si fa di ora in ora più esile, ma nessuno gli può impedire di presentarsi davanti alle Camere e anticipare i tempi di una possibile crisi mettendo tutti davanti alle loro responsabilità. E gli argomenti non gli mancherebbero.

Secondo l’Ocse, l’Italia è l’unica nell’Eurozona ad essere ancora immersa nella recessione. I timidi ed incerti segnali di ripresa che pure ci riguardano non risultano tuttavia confortati dall’aumento dell’occupazione, anzi nel Sud la situazione sta assumendo proporzioni catastrofiche. Siamo inoltre in pieno balletto sulla copertura finanziaria per l’abolizione dell’Imu sulla prima casa che forse non risparmierà i fondi a sostegno della cassa integrazione. E come se non bastasse, quasi tutta la stampa ha innalzato un coro plaudente ad un non meglio precisato “Patto per la produttività”, troppo affollato di sigle per essere vero. E infatti contiene tante belle parole, grandi impegni ma non indica neppure una delle voci dove di spesa pubblica in cui dovrà incidere il bisturi per rinvenire le risorse necessarie a finanziare ricerca, occupazione, ammortizzatori sociali e via elencando. Del resto, la presenza della Cgil tra i sottoscrittori è garanzia che non si andrà oltre il bla-bla-bla d’ordinanza sindacal-confindustriale. Il tutto, mentre Marchionne ritorna ad invocare una legge per nuove relazioni aziendali in mancanza della quale si dice già pronto a sbaraccare tutto e a portare la produzione all’estero per la gioia dei sostenitori dei diritti perfetti in cambio di fabbriche chiuse.

Ecco, Letta ha solo l’imbarazzo della scelta per dire chiaro e tondo al Parlamento che il suo governo non può più sostenere il peso di una maggioranza che è tale solo sulla carta ma che non gli garantisce alcuna affidabilità in termini politici. Nel caso specifico di Berlusconi, facendo eco al ministro Cancellieri, potrebbe far capire o esplicitamente dire che un supplemento d’indagine da parte della Consulta su alcuni controversi aspetti della legge Severino non sarebbe un fuor d’opera ma semmai la certificazione dell’esistenza in vita delle larghe intese. Non c’è da giurarci, ma se lo facesse con una certa convinzione, forse riuscirebbe a ricordare al Pd di essere ancora un partito e non un plotone d’esecuzione. Probabilmente è tardi, ma vale la pena provarci a maggior ragione oggi che persino Renzi si è lasciato risucchiare dai furori giacobini. A questo punto il premier resta l’unico in grado di liberare il suo partito dall’atroce sospetto di non conoscere altra strada all’infuori di quella giudiziaria per sbarazzarsi dei suoi più scomodi avversari politici.

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