Letta: «Italia poco competitiva per colpa del sommerso». Così il premier mette il dito nella piaga

24 Lug 2013 18:28 - di Aldo Di Lello

Non sarà nuova né particolarmente originale la denuncia del premier Letta dei guasti provocati dall’economia in nero. Però è sempre un colpo allo stomaco quando qualcuno ricorda certe realtà e certi, disonorevoli primati italiani.  «Se ci si chiede perchè l’Italia è un Paese poco competitivo – ha detto il Presidente del Consiglio visitando l’Agenzia delle entrate – , rispondo perché l’economia in nero è così quantitativamente importante. Distorce la concorrenza e crea inefficienza». Per dare un’idea della gravità del fenomeno basterà ricordare che, secondo una stima dell’Istat riferita a pochi anni fa, l’area del sommerso oscillava dai 255 ai 275 miliardi di euro, pari a circa il 18-19 per cento del Pil. Anche volendo considerare queste stime approssimate per eccesso, non si sfugge alla sgradevole sensazione che l’economia italiana sarebbe assai più in salute e tutti noi staremmo assai meglio se tutta questa immensa  ricchezza emergesse in superficie.

La controprova di tale  ragionamento è nella considerazione dell’entità dell’evasione fiscale, stimata da anni introno ai 120 miliardi. A queste cifre sottraiamo tutte le tare  che dobbiamo sottrarre: quella dell’economia illegale ( tutte le attività illecite sono in “nero”, ma non tutte le attività in “nero” sono illecite o criminali), quella dei redditi in”nero” che  comunque entrano nel circuito alla luce del sole attraverso i consumi, quella delle attività , non necessariamente illegali, che cesserebbero di esistere se salissero in superficie. Rimane sempre una cospicua fetta di reddito che viene sotrattatta alla ricchezza sociale. Pensiamo soltanto  basterebbe recuperare la metà (circa 60 miliardi) di evasione fiscale stimata per risparmiarci Imu, aumento dell’Iva, aliquote fiscali intollerabilmente alte.

A questa considerazione si può obiettare  che l’Italia non è il solo Paese con un’alta evasione fiscale. È vero, ma si dà il caso che in Francia e in Danimarca, dove pure la tassazione è alta, l’evasione risulta la metà di quella italiana. Basterebbe insomma pagare le tasse come le pagano in questi Paesi per risolvere gran parte dei nostri problemi di bilancio pubblico. Poi sappiamo bene che fenomeni così giganteschi  non si risolvono a colpi di bacchetta magica né con i redditometri né instaurando uno Stato di polizia fiscale. Però è comunque amaro pensare che,   mentre tanti pensionati non riescono a pagare l’Imu e mentre tanti contribuenti onesti sono in gravi difficoltà a causa delle cartelle esattoriali di Equitalia, c’è chi prospera e se la ride nascondendo la propria ricchezza. E inguaiando tutti.

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