Il cuore è con Ilaria, ma siamo tutti uguali dinanzi alla legge

7 Giu 2013 15:30 - di Oreste Martino

La vicenda di Stefano Cucchi ha colpito tutti noi. Anche la destra legge e ordine che sta sempre con le forze di polizia. Giustamente, dato che ci garantiscono sicurezza e libertà nelle nostre città. Tanti di noi hanno compreso il dolore della famiglia Cucchi, le lacrime per una fine che “non doveva finire così” per le foto che hanno fatto il giro del web e dei media. Si può essere di destra o di sinistra, ma dinanzi alla vita umana e alla morte di una persona siamo tutti uguali, come scriveva un grande Totò nella sua “livella”. Ma siamo anche tutti uguali dinanzi alla legge. Viviamo in un paese strano. Dove si giocano derby di eguale intensità sia negli stadi che nei tribunali. Dove persone, italiani, se le danno di santa ragione a prescindere. Dove non si accettano i verdetti dei nostri tribunali, minacciando scioperi fiscali o deridendo la corte. Non esistono sentenze già scritte. Vale per tutti, nessuno escluso. Ha sorpreso tanti la decisione della corte sul “caso Cucchi”, anche se forse è giusto attendere le motivazioni per poter commentare una sentenza che comunque andrà rispettata. Hanno sorpreso anche le parole dell’accusa, cioè chi rappresentava la famiglia Cucchi. Per il pm Francesca Loy, «la corte ha accolto la nostra tesi, cioè che la responsabilità principale è stata dei medici». Esattamente quello che han deciso i giudici. La sorella di Stefano voleva di più. Comprensibile. E infatti farà appello. È un suo diritto. Sacrosanto. Chi la giudica negativamente dovrebbe mettersi nei suoi piani. Spesso il silenzio è lo strumento migliore per capire. Però la giustizia prevede che tutte le parti abbiano gli stessi diritti e gli stessi doveri. Le foto che mostrano Stefano in condizioni tali da far commuovere un Paese intero saranno sicuramente state usate in dibattimento dalla parte (l’accusa) della sua famiglia. Il giudice avrà dato il giusto peso a tutti i documenti prodotti dall’accusa, data anche la eccezionale pressione esterna dell’opinione pubblica sul “caso Cucchi”, un elemento mai positivo per qualsiasi processo, ma anche un dato di fatto ineliminabile. Oltre che un diritto di tutti i cittadini.
Le forze dell’ordine assolte potranno anche non esser simpatiche (i fatti di Terni ci hanno fatto capire come esista oggigiorno un clima anti-polizia), però hanno gli stessi diritti di coloro per il quale facciamo il tifo. E viceversa. Gli “altri” non sono giuridicamente e/o oggettivamente minus habens perché non sono della nostra stessa parte politica, della nostra stessa corrente ideologica o perché semplicemente antipatici. Le sentenze si rispettano. Se le si trovano incredibili forse è perché si avranno elementi di prova inoppugnabili che dimostrano il contrario. I tribunali sono aperti a tutti: basta presentarsi ed esibire tali prove. Poiché la famiglia Cucchi avrà fatto di tutto per avere “giustizia”, dubito ve ne siano altre e diverse da quelle fatte valere in dibattimento. Se poi invece si vogliono sentenze in un senso o nell’altro “a prescindere”, beh si tratta di un desiderio ben poco democratico. E anche contrario alla nostra cultura giuridica, alla nostra Costituzione e alle nostre leggi. In attesa di leggere le motivazioni, è meglio tacere, rispettando il dolore e i sentimenti di tutti. Ma anche il senso più profondo, i valori e i principi della giustizia.

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