Grillo contro l’articolo 67 della Costituzione. Ma fu la destra, per prima, a invocare una norma antiribaltone
Mentre i neoparlamentari dell’M5S, abbandonata l’agorà virtuale di internet arrivano a Roma e, assediati da giornalisti e telecamere, si barricano in un hotel della capitale, il loro padre fondatore continua a latitare su lidi toscani e a lanciare strali dal suo blog. L’ultima invettiva sferrata col rituale lessico familiare aggiornato al fuoco sacro della rivendicazione politica, riguarda l’articolo 67 della Costituzione della Repubblica italiana, quello che recita: «Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato». Un avvertimento, neanche troppo cifrato, celato nell’attacco alla norma costituzionale, spedito on line ai suoi neoeletti allo sbaraglio (“guai se cambiate casacca”) che nemmeno si conoscono l’un l’altro e che l’ex comico dal vivo lo hanno visto solo in qualche comizio. La pattuglia militante promossa dalla rete al presidio parlamentare va subito disciplinata e richiamata all’ordine movimentista che, in questo caso, parte dall’articolo 67 della Costituzione, quello che, appunto, istituzionalizza il principio secondo il quale gli eletti in Parlamento, una volta avuta l’investitura popolare, non hanno vincolo di mandato nella definizione di scelte e adesioni, dovendo rispondere solo alla propria coscienza politica. Un principio che confligge con il patto di fiducia conferito dagli elettori, contro cui Grillo si era scagliato già nei giorni scorsi, denunciando il «mercato delle vacche» allestito a sua detta dal Pd nei giorni successivi al responso delle urne. Non domo, proprio in queste ore dalle pagine del suo blog, torna sulla questione partendo dalla norma della Carta fondamentale dello Stato, sintetizzata nella definizione di «circonvenzione di elettore», con cui il «cittadino può essere gabbato a termini di Costituzione». Con la furia politica e l’irruenza dialettica che contraddistingue il lessico grillino, il leader movimentista genovese riapre dunque una ferita ben lontana dall’essere cicatrizzata e che, nella scorsa legislatura, ha provocato emorragie di deputati eletti nelle file della destra, poi confluiti in altri gruppi parlamentari. Grillo, che vuole sventare il pericolo di esodi prematuri e salti della barricata inattesi, riscopre così improvvisamente – e lo declina pro domo sua – l’annoso tallone d’Achille della nostra democrazia rappresentativa, che troppe volte ha legittimato ribaltoni e trasformismo parlamentare.