Messico al voto, sfida tra donne: la comunista nostalgica del ’68 contro l’imprenditrice di destra

2 Giu 2024 19:35 - di Robert Perdicchi

Il Messico al voto per storiche elezioni che porteranno all’elezione della prima presidente donna del Paese. In campo contro la super favorita Claudia Sheinbaum (in alto a sinistra), l’ex sindaca di Città del Messico e candidata della coalizione di sinistra guidata dal partito Morena del presidente uscente Andrés Manuel López Obrador, c’è infatti l’ex senatrice Xochitl Galvez, imprenditrice tech candidata dei tre partiti dell’opposizione di destra, tra i quali il Pri che ha governato il Messico per 71 anni.

Quale che sia quindi il risultato che uscirà delle urne – con 99 milioni di elettori messicani chiamati a partecipare alle più grandi elezioni della storia del Paese, con 20mila incarichi a livello federale e locale in palio, compresi 128 seggi al Senato e 500 alla Camera – sarà una presidente donna ad assumere la guida della seconda economia dell’America Latina, che deve fare i conti con crescente violenza dei cartelli criminali, una crescita economica rallentata, una corruzione dilagante e una costante crisi migratoria.

Messico al voto, la sfida tra donne

Sheinbaum si presenta nel solco della continuità con i 6 anni di Amlo, come viene chiamato il presidente uscente a cui la Costituzione ha impedito di candidarsi di nuovo. “Le fondamenta sono state messe”, ha detto chiudendo mercoledì scorso la campagna nella piazza del Zocalo nella capitale, la 61enne, laureata in fisica ed ingegneria, lodando gli sforzi fatti da Lopez Obrador per ridurre povertà e violenza.

Durante la campagna elettorale, Sheinbaum, a cui i sondaggi danno un vantaggio anche del 20%, ha sottolineato la necessità di rafforzare alcune politiche, in materia di energia, sicurezza e lotta alla corruzione, senza mai criticare Amlo, da lei considerato il suo mentore politico. E questo potrebbe essere il suo tallone d’Achille, dal momento che alcuni dicono che il molto più carismatico, e popolare nonostante il profilo polarizzante, presidente uscente potrebbe rimanere una presenza incombente.

Ovviamente di segno completamente opposto il messaggio di Galvez, che ha scelto di chiudere la campagna a Monterrey, la città settentrionale nel cuore industriale del Paese: “Basta con le bugie! Dicono che il Messico sta meglio che mai e non è vero, il Messico vuole pace e tranquillità”, ha detto l’ex senatrice, anche lei 61enne, che promette migliori programmi sociali, lotta alla corruzione e soprattutto alla criminalità, con il numero degli omicidi arrivato ad un record di 185mila durante la presidenza di Lopez Obrador.

La violenza ha segnato profondamente queste elezioni, anche nelle sue battute finali, con il candidato sindaco della coalizione di Galvez in una città dello stato di Guerrero che è stato ucciso, diventando il 36esimo candidato assassinato dall’inizio della campagna elettorale, nonostante fosse uno dei 560 candidati e funzionari elettorali a cui era stata data la scorta a seguito di minacce.

Il clima di violenza nel quale si va alle urne

Secondo i critici di López Obrador ad alimentare l’eccessiva violenza è stata la politica adottata dal presidente populista di sinistra di “Abrazos, no balazos”, cioè abbracci e non proiettili, nell’affrontare la violenza dei cartelli non con la violenza, ma andando alle radici del problema, considerate la povertà e la mancanza di opportunità. Una politica che Amlo ha anche condito di messaggi contro gli Usa, e la politica di lotta internazionale ai cartelli della droga, sostenendo di non voler fare “il poliziotto per nessun governo straniero, viene prima il Messico”.

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