Oh Valentina vestita di nuovo… Quando una Valentina Mira scriveva sulla testata sovranista “Gli Italiani”. Ma è lei o non è lei?

13 Apr 2024 11:36 - di Vittoria Belmonte

Si rimane sconcertati a leggere quello che a firma Valentina Mira (ma è lei o non è lei? E se non è lei chi è?) veniva pubblicato sulla testata sovranista “Gli Italiani” nel 2015. Si parla del 25 aprile, in quell’articolo, e con tono indulgente verso i ragazzi di Salò “in buona fede” ( “non si è mai capito cosa dovessero fare i giovani residenti nella RSI chiamati alla leva obbligatoria (pena, per i renitenti, la morte!)  dall’ordine costituito… è vero, si diceva in altri tempi “o tutti eroi o tutti morti”, ma i giovani di 18 anni, nati e cresciuti sotto al fascismo, che credevano nella lealtà della RSI come patria italiana, che colpa hanno?“) e si ridicolizza la proposta di Laura Boldrini sull’obelisco mussoliniano del Foro Italico (“A Roma molteplici persone si sono ritrovate il 25 Aprile a farsi dei selfie, sotto l’obelisco che Laura Boldrini vuole abbattere“).

Insomma davvero uno non ci si raccapezza. Ma come: c’è una Valentina Mira che scrive (nel 2024) un romanzo che si intitola “Dalla stessa parte mi troverai“, le domandano di che parte parla e lei tutta fiera risponde: “Dalla parte dell’antifascismo”. Dev’essere uno strano caso di omonimia, come ironicamente twitta Francesco Borgonovo su X.  Chi è la Valentina Mira che sempre sulla stessa testata (edita da Pagine srl, casa editrice vicina alla destra)  ricordava Ugo Venturini e Angelo Mancia? E quella che criticava i barconi pieni di africani? Mistero. Mica tanto però: quelli che hanno lavorato con la Valentina Mira di dieci anni fa se la ricordano: era bruna e voleva fare la giornalista. Ma soprattutto era di destra, nessun dubbio. La Valentina Mira del romanzo è bionda e di sinistra. Vabbé nella vita si può cambiare.

Ci soccorre nel nostro dubbio l’articolo odierno del quotidiano Domani che riporta una frase di Valentina Mira tratta dal suo romanzo-pamphlet antifascista: lei scriverebbe insomma per “espiare” una “sorta di colpa: il fascismo dentro e intorno a me”, scrive “per fornire anticorpi”. Un intento forse pedagogico, dunque, verso se stessa e verso gli altri. E questo spiegherebbe, a questo punto, lo “strano caso di omonimia”. Stiamo parlando della stessa Valentina Mira? Ora da una parte, ora dall’altra?

La scrittrice Mira del resto non fa mistero di avere subìto una violenza sessuale da un fascista, vicenda cui ha dedicato il suo romanzo d’esordio, “X”. Nel raccontare di questo libro in una intervista afferma: “Dal canto mio sono una scrittrice, non una vittima: lo stupratore l’ho preso e l’ho messo in un libro, e questo francamente è molto più da carnefice che da vittima. Lo rivendico, e il vittimismo lo lascio ai fascisti”.

In questo gioco dialettico tra carnefici e vittime emerge una tentazione: redimere il “prossimo”, curare le sue ferite gettando spazzatura sulle ferite di un mondo di cui non sa nulla e sul quale parla a sproposito. Quel mondo che la tragedia di Acca Larenzia la conosce bene e sempre difenderà le vere vittime di quella cieca violenza.

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