L’impresa “silenziosa”. Quando Marco Mancini e i servizi sventarono l’11 settembre italiano

29 Mar 2024 8:00 - di Andrea Moi

Le immagini dell’attentato di Mosca hanno fatto il giro del mondo e in molti sarà sorta nuovamente la domanda “come mai l’Italia è stato l’unico paese tra i grandi d’Europa a non subire attentati di matrice islamista?”. Francia, Belgio, Inghilterra, Germania e Spagna sono stati duramente colpiti eppure l’Italia, paese Nato, centro della cristianità, è rimasto illeso. Come mai? A rispondere al quesito è Marco Mancini, per trentacinque anni agente dei servizi segreti italiani e, prima ancora, nella squadra dei carabinieri del Generale Dalla Chiesa. Nel suo libro “Le regole del gioco” edito da Rizzoli, racconta l’inquietante e poco conosciuta vicenda del 11 settembre italiano, incredibilmente sventato.

Siamo nel 2004. La guerra in Afghanistan è infuriata da tempo. Gli Stati Uniti hanno colpito l’Iraq di Saddam: il Medio Oriente è un focolaio che non sembra spegnersi. L’11 marzo del 2004, una serie di bombe posizionate sui binari metro della capitale spagnola, mietono 192 vittime. Il primo di una lunga serie di attentati di matrice islamista che colpiscono l’Europa dopo l’attacco alle torri gemelle. I servizi segreti degli Stati occidentali sono partiti in una caccia al terrorista, sempre più difficile, soprattutto nei Paesi dove questi riescono ad avere garantite coperture economiche e protezione politica. È il caso di Ahmad Mikati, uomo chiave del salafismo in Libano. La cellula terrorista condotta da Mikati ha alle spalle una lunga scia di sangue con attentati ai McDonald e ad altre catene americane nella capitale libanese tra l’ottobre 2002 e l’aprile 2003

Il prossimo colpo previsto, l’ambasciata italiana a Beirut. La missione? Farla esplodere con 400 kg di tritolo. Grazie al certosino lavoro dei nostri servizi segreti, esattamente un giorno prima dell’attentato, Mikati viene arrestato dai nostri uomini capitanati da Marco Mancini che, personalmente, cattura il salafita. Mikati viene preso alle ore 12, di fronte alla moschea di Beirut, a poche ore da quella che sarebbe stata un’immane strage oltre che un duro colpo alla sicurezza nazionale. Ricordiamo che le sedi diplomatiche italiane all’estero, sono considerate territorio nazionale.

Mikati era ricercato non solo dai servizi libanesi, ma anche dalla CIA e dal Mossad. Solo i nostri uomini sono riusciti a catturarlo evitando quello che sarebbe stato, a tutti gli effetti, il nostro 11 settembre. Questa storia, ancora poco nota alle cronache nazionali, conferma quello che il sottosegretario con delega ai servizi Alfredo Mantovano, haraccontato in questi giorni. L’Italia ha, almeno fino ad ora, vinto la sua guerra al terrorismo islamista post 11 settembre, soprattutto grazie a una certosina opera di prevenzione svolta dai nostri servizi segreti. Costretti, per missione, nell’anonimato: in questi anni i servizi segreti italiani, sono stati i nostri angeli custodi.

Commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *