Caso dossier, De Gennaro: “GdF parte lesa. I controlli su Striano spettavano a Laudati”
La Guardia di Finanza è anch’essa “parte lesa” nel caso dei dossieraggi ed è “fortemente determinata affinché sia fatta piena luce”. A dirlo è stato il comandante generale delle Fiamme Gialle, Andrea De Gennaro, in audizione davanti alla Commissione Antimafia. De Gennaro, quindi, ha assicurato la “massima disponibilità all’autorità giudiziaria che ha affidato al nucleo di polizia valutaria le indagini” e ha anticipato che “non appena ve ne sarà la possibilità, in base alle norme vigenti”, Pasquale Striano, il finanziere indagato a Perugia nell’inchiesta sugli accessi illegali, “sarà sottoposto a Commissione disciplinare”, pur se vale il principio garantista per cui, anche in presenza “di indizi importanti, per noi è innocente finché non avrà avuto una condanna”. De Gennaro, però, davanti all’Antimafia, ha soprattutto ricostruito modalità e filiera di comando per l’utilizzo delle Sos, le segnalazioni operazioni sospette, al centro del caso.
Per l’accesso alle banche dati necessario il distacco dei finanzieri presso la Dna
“I nostri militari non possono accedere alle banche dati delle autorità giudiziarie ed è motivo per cui abbiamo mandato alcuni militari presso la Dna”, ha spiegato il generale, sottolineando che “mandare dei militari presso la Dna al solo fine di farli accedere alle banche dati non era però lo spirito del distacco”, che era invece “consentire al gruppo cosiddetto Sos, e a coloro che avevano la diretta responsabilità successiva, di fare serie interrogazioni che consentissero una armonizzazione delle informazioni, per capire se le Sos a carico di tizio fossero o no da inviare a una Direzione distrettale antimafia”.
La lunga permanenza di Striano alla Dia
De Gennaro, poi, ha spiegato che “nella scelta del personale da adottare in questi impieghi si fa riferimento al percorso professionale”. Striano, al controllo del 2019, era stato “ritenuto adatto per quel ruolo”. “Dal 1999 fino a 2018 Striano è stato impiegato presso la Dia” e “sul periodo in cui è stato alla Dia non abbiamo una chiara cognizione delle indagini che ha svolto”. Dunque, “per una lunghissima parte della sua carriera, pur essendo finanziere, il tenente Striano non è stato impiegato quotidianamente in un reparto della Gdf ma in strutture differenti, da ultimo la procura nazionale antimafia”.
De Gennaro: “Il controllo sugli accessi di Striano in capo a Laudati”
“Chi è abilitato a verificare il contenuto del lavoro che gli è stato assegnato è evidentemente colui il quale gli ha assegnato quel lavoro, che non è il comandante del nucleo di polizia valutaria”, ha spiegato ancora De Gennaro nel corso dell’audizione, chiarendo, in risposta alla domanda di un membro della Commissione Antimafia, che il controllo sugli accessi del finanziere Striano “era del responsabile del gruppo Sos, che in quel momento era Laudati“.
Foti: “Rivelazioni inquietanti, rafforzano l’ipotesi che Striano non abbia agito da solo”
Per il capogruppo di FdI alla Camera, Tommaso Foti, quelle emerse dall’audizione di De Gennaro “sono rivelazioni inquietanti e che rafforzano l’ipotesi che Striano non abbia agito da solo nell’inchiesta sull’illecita attività di dossieraggio”. “De Gennaro – ha sottolineato Foti – conferma, infatti, l’esistenza di una scala gerarchica e di figure di autorità superiori, ben consapevoli delle azioni compiute dal tenente Striano e che avevano anche il compito di controllare il lavoro che lo stesso svolgeva”.
La “necessità” di proseguire le indagini e chiarire “i mandanti”
“La testimonianza di oggi – ha proseguito l’esponente di FdI – evidenzia anche come le responsabilità non possano essere circoscritte al solo Corpo della Guardia di Finanza, ma coinvolgano anche l’ambito del Dipartimento nazionale antimafia. Resta ancora intricato il ‘verminaio’, così come definito dal procuratore di Perugia, Raffaele Cantone, dietro il quale si cela la verità sulle azioni di dossieraggio e che mostra la necessità di proseguire con indagini approfondite e trasparenti per individuare e perseguire tutte le responsabilità, prima fra tutte quelle dei mandanti ad oggi ancora occulti, connesse a questo gravissimo caso”.
Gasparri: “Resta il problema di fondo: cosa è successo alla Procura antimafia?”
Anche per il capogruppo di FI al Senato, Maurizio Gasparri, “resta il problema di fondo: cosa è successo alla Procura antimafia?”. “Io ho posto il problema dell’incompatibilità di Cafiero de Raho, che – ha proseguito il senatore azzurro – risulta ingigantito dall’audizione di oggi. Se è vero che una serie di vicende sono oggetto di mandati di chi gestisce il militare, cosa è successo alla Procura antimafia? Anche perché se uno fa accessi, ad esempio su Fedez o Casellati, è evidente che sta andando oltre la materia e che c’è stata manifestamente una attività non conforme ai criteri”. “Queste attività improprie chi le doveva controllare? La Gdf no, poi su questo vedremo se le norme vanno riviste, e allora nessuno alla procura antimafia si è accorto che venivano fatti questi accessi?”, si è chiesto quindi Gasparri.