Si cambia ritornello su Meloni: non più “fascista” ma una che non ha classe dirigente. Ma sono sempre dischi rotti
E ci risiamo. Ora per attaccare Giorgia Meloni va in disuso l’allarme fascismo e si rispolvera il refrain della classe dirigente mancante, squalificata, impresentabile. Intendiamoci, si tratta di un problema che riguarda e attraversa tutto l’arco partitico ma chissà perché quando si parla di Fratelli d’Italia si calca la mano. Basta una battuta, una farse male interpretata, un ddl che mai diventerà legge. Ma ora c’è anche lo scivolone di Pozzolo. E allora ecco che ritorna, a valanga, l’accusa a Giorgia Meloni di non avere una classe dirigente all’altezza.
Ricordiamo che ai tempi di Alleanza nazionale anche a Gianfranco Fini veniva mossa la medesima critica. Era fondata? Mica tanto, visto che nella classe dirigente di An c’era anche una certa Giorgia Meloni che oggi è presidente del Consiglio. Questo per dire che interpretazioni di questo tipo vanno bene un po’ per tutti i leader, per tutti i partiti e per tutte le stagioni politiche. E spesso sono anche interpretazioni infondate.
Oggi Marco Tarchi, per esempio, individua nella classe dirigente di FdI un limite che non è certo quello dell’inadeguatezza. E siccome trattasi di un politologo che il mondo della destra lo conosce bene è opportuno riportare il suo parere. “Fratelli d’Italia – osserva Tarchi, intervistato da Il Dubbio – ha assorbita una parte, seppur limitata, dei quadri intermedi di Alleanza nazionale, che avevano già un’esperienza politica consolidata. A questi si sono aggiunti gli esponenti della cosiddetta “generazione Atreju”, il cui limite è di essere cresciuti in un contesto in cui ci si occupava più di scelte ideali che di problemi pratici, per poi approdare ad un partito che faceva dell’opposizione ai governi la sua arma principale – con tutto ciò che ne consegue in termini di abitudini a una certa radicalità nei toni.
“Il passaggio al governo – continua Tarchi – è stato troppo rapido e brusco per favorire un adeguamento immediato ai nuovi compiti, ma non bisogna trascurare il fatto che vari esponenti del “terzo partito della Fiamma” occupano già da qualche anno incarichi amministrativi di rilievo, a partire dalle presidenze di Regione. Per quella via si impara, e mi sembra che già una parte del ceto parlamentare del FdI sappia interpretare il suo ruolo in modo corretto”. Per Tarchi dunque la classe dirigente c’è e sta maturando, e il suo limite è semmai un’eccessiva dose di idealismo.
Spesso si tende a dimenticare, inoltre, cosa c’è stato prima di Giorgia Meloni e prima di Mario Draghi, cui l’attuale premier viene polemicamente paragonata. Beh, prima c’era Giuseppe Conte e c’era la classe dirigente grillina. Stiamo parlando di un avvocato che cominciò la sua carriera politica tra le polemiche per un curriculum “gonfiato” e l’ha terminata con un’accusa di epidemia colposa (archiviata poi dal tribunale dei ministri). Di un partito fondato da un comico che è andato a processo ed è stato condannato per un grave incidente stradale e il cui braccio destro era Luigi Di Maio (e qui la sola menzione dovrebbe bastare…).
Si parla oggi di deputati pistoleri. Bene. Chi si ricorda più di Albino Ruberti, già braccio destro del sindaco di Roma Gualtieri, quello del famoso video “inginocchiati o sparo?”. Nessuno. Eppure era anche lui classe dirigente. Anzi lo è ancora, visto che è vicepresidente di Acea Ato 2 e amministratore unico di Risorse per Roma.
Dunque, sarà meglio accantonare la tentazione di dichiarare “impresentabili” quelli che governano perché non si sa mai chi potrebbe arrivare e i paragoni con coloro che sono venuti prima potrebbero risultare scomodi…