Transizione green, scenari foschi dall’Ocse: Pil dimezzato nel 2060. Ma il taglio del cuneo è una soluzione
È un quadro fosco quello delineato dall’Ocse in relazione alle conseguenze della transizione energetica. Secondo l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, infatti, da qui al 2060, nell’area di propria competenza e del G20, si registrerà una forte contrazione della crescita annua tendenziale del Pil reale, che risulterà pressoché dimezzata, dal 3% circa pre-Covid all’1,7% del 2060, soprattutto a causa dell’invecchiamento della popolazione e del rallentamento della crescita dell’efficienza del lavoro nelle economie dei mercati emergenti. L’Ocse, però, indica anche una possibile soluzione strutturale per cercare di mitigare questo scenario: il taglio del cuneo fiscale sul lavoro, nonché gli investimenti in ricerca e sviluppo e in politiche di sostegno all’infanzia.
Gli scenari a lungo termine dell’Ocse sulla transizione energetica
In particolare l’Organizzazione stima che, nel contesto della riduzione del Pil reale pro capite nell’area Ocse e G20, Cina e India continuano a rappresentare la maggior parte della crescita globale, con il contributo dell’India che supererà quello della Cina alla fine del 2030. La crescita del pil reale pro capite nell’area Ocse rimane intorno all’1,5% l’anno, ben al di sotto delle norme storiche. Si prevede che la crescita del pil reale pro capite rallenti nella maggior parte delle economie dei mercati emergenti del G20, ad eccezione di quelle in cui i risultati recenti sono stati relativamente deboli, tra le quali Argentina, Brasile e Sudafrica.
I rischi legati alla frenata del Pil
“In assenza di cambiamenti di politica, il mantenimento degli attuali standard e benefici del servizio pubblico, mantenendo stabile il rapporto debito pubblico/pil, potrebbe aumentare la pressione fiscale media Ocse 6,25 punti percentuali (pp) di Pil tra il 2024 e il 2060”, è l’avvertimento lanciato dall’Ocse nel rapporto sugli scenari di lungo termine legati alla transizione energetica, nel quale si rileva che in particolare l’aumento della pressione fiscale potrebbe superare i 9 punti percentuali di Pil in nove Paesi Ocse. “I miglioramenti nell’efficienza energetica e la decarbonizzazione del mix energetico continuano a seguire le recenti tendenze. Le emissioni globali di CO2 derivanti dall’uso dell’energia rimangono intorno ai livelli attuali, non riuscendo a soddisfare l’ambizione dell’Accordo di Parigi delle Nazioni Unite di limitare il riscaldamento a 1,5°C”, aggiunge l’organizzazione con sede a Parigi.
Le possibili soluzioni: taglio del cuneo, investimenti in ricerca e sviluppo e politiche per l’infanzia
In questo contesto l’Ocse indica che “l’utilizzo del gettito fiscale aggiuntivo per ridurre i cunei fiscali sul lavoro è una possibile opzione per rendere la transizione energetica più fattibile dal punto di vista politico”. “Grazie agli effetti positivi sull’occupazione, questa strategia fiscale potrebbe compensare più che completamente il calo della produzione altrimenti associato ai primi 10 anni di transizione energetica, lasciando nel 2035 un tenore di vita superiore a quello dello scenario di base nell’area dell’euro e nella maggior parte dei singoli individui”.
Per l’organizzazione con sede a Parigi “l’impiego del gettito supplementare in una combinazione di maggiore spesa in ricerca e sviluppo e sostegno all’assistenza all’infanzia avrebbe effetti simili”. “Anche altre riforme strutturali – prosegue – potrebbero contribuire a compensare i costi di produzione della mitigazione della CO2: le simulazioni mostrano che, per l’area Ocse nel suo complesso, la liberalizzazione del mercato dei prodotti orientandosi verso le migliori pratiche potrebbe più che compensare completamente i costi di mitigazione fino al 2050. Nelle economie dei mercati emergenti del G20, migliorare la governance fino a raggiungere il primo quartile dei Paesi Ocse avrebbe lo stesso effetto”.