Bologna, l’imperdibile manuale del Comune sul linguaggio inclusivo: “Se hai dubbi su astronauto guarda il dizionario”

16 Nov 2023 12:17 - di Viola Longo
bologna

Con un manuale di 59 pagine, la prima decina delle quali dedicate a lezioni su gender e grammatica, il Comune di Bologna ha ritenuto necessario spiegare ai propri dipendenti come devono “scrivere e comunicare rispettando le differenze di genere”. L’idea dell’amministrazione Pd, illustrata nell’agile trattatello, voluto in particolare dal vicesindaco Emily Clancy, di stretta osservanza schleiniana, è che “l’utilizzo del solo maschile per rivolgersi anche alle donne comporta che quest’ultime non siano pienamente rappresentate quando si ricorre a questa ‘strategia’ linguistica”. Il risultato, illustrato con tanto di schemetti, crocette e spunte, uso dei colori per indicare ciò che è “consigliato” e ciò che è “sconsigliato”, ha un sapore un tantino ridicolo, e, soprattutto, porta a un moto di solidarietà istintiva verso i dipendenti comunali di Bologna, chiamati ad arrampicarsi sugli specchi per non urtare la sensibilità di chi ritiene che dire “Buongiorno a tutti” possa rappresentare un’offesa per qualcuno.

Le “Parole che fanno la differenza” secondo il Pd di Bologna

L’esempio c’è davvero: a pagina 30 del volume “Parole che fanno la differenza”, nell’apposito schema dedicato alle “formule di saluto” si legge che dire “Buongiorno a tutti” è sconsigliato, mentre si dovrebbero preferire le formule “Buongiorno a tutti e tutte oppure Buongiorno a tutte e tutti”. Stesso chiarimento per la formula “Cari colleghi” che va accantonata a vantaggio di “Cari colleghi e care colleghe oppure Care colleghe e cari colleghi”, sempre con quella essenziale precisazione sulla possibilità di invertire l’ordine di maschile e femminile. Comunque, a fronte di questa che viene definita strategia della “visibilità”, c’è anche una strategia di “oscuramento” che taglia la testa al toro: ci si può anche limitare a “Ciao”, “Buongiorno” e “Gentile”.

Le “strategie” per evitare le trappole linguistiche del patriarcato

Insomma, non si mette niente e non se ne parla più. Tutto sommato, forse, la strategia vincente, che magari andrebbe estesa a un mutismo totale sia perché sembra che a Bologna tutto quello che dirai potrà essere usato contro di te, sia perché le altre strategie per adottare un linguaggio “inclusivo” sono da far venire il mal di testa: c’è, per esempio, la sollecitazione a usare le “perifrasi”, come “Ti diamo il benvenuto/bentornato” invece di “Benvenuto/bentornato”, o quella ad usare le “parafrasi”, come “Ricordati di lavare le mani!” o “Hai ricordato di lavare le mani?” in luogo del patriarcale “Ti sei ricordato di lavare le mani?”. E, ancora, “Grazie! Presto riceverai la nostra
newsletter all’indirizzo mail indicato oppure Grazie per aver completato la registrazione alla nostra newsletter” al posto dello scivoloso “Grazie per esserti registrato alla nostra newsletter”.

“Se hai dubbi sul perché dovresti usare ministra, ma non astronauto usa il dizionario”

Anche il suggerimento su come cavarsela in caso di difficoltà, in fin dei conti, fa tifare afasia. Il Comune di Bologna, infatti, prende in considerazione anche il fatto che, a fronte di casi ormai di scuola come “sindaco-sindaca”, “avvocato-avvocata”, “assessore-assessora”, possa  succedere di imbattersi in situazioni più difficili da dirimere, per le quali rimanda all’uso del dizionario. “Se hai dei dubbi sul perché dovresti usare ministra, ma non giornalisto, la presidente, ma non la presidentessa, la rettrice, ma non l’astronauto il vocabolario sa fugarli”, chiarisce il manuale, che si conclude “con qualche consiglio operativo, accorgimenti da adottare quando scrivi un testo a nome dell’amministrazione”, limitandosi in questo caso a suggerimenti legati alla comprensibilità del testo. E fa niente che poco sopra fosse stato consigliato l’uso della schwa o dell’asterisco in luogo della temutissima desinenza maschile.

L’ironia di FdI e i dubbi che attraversano anche la maggioranza

La vicepresidente del Consiglio comunale, Manuela Zuntini di FdI, citata da Libero, ha parlato di “indottrinamento” dei lavoratori e trovata “imbarazzante”, chiarendo che “la Clancy continueremo a chiamarla vicesindaco, come previsto dalla lingua italiana”. “Questa trovata è da mettere insieme alla spesa di 5mila euro di fine agosto per corsi on line di formazione Lgbt ai dipendenti, che fa il paio con i corsi di formazioni per le tate ‘comunali’ per bimbi da 0 a 3 anni dove si parla di inclusività e non per esempio di pronto soccorso”. Qualche perplessità, se così la si vuol chiamare, comunque il manuale l’ha provocata anche nella maggioranza, dalle cui file la consigliera Pd, Cristina Ceretti, delegata a famiglia e disabilità, ha fatto notare, per esempio, che “solidarietà” non si può usare in luogo di “fratellanza”, perché “sono parole assolutamente distinte”.

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