Cinquant’anni di Superpippo: una vita da goleador tra successi e paure per Inzaghi
Cinquant’anni non sono tanti per Pippo Inzaghi ma è difficile immaginare che il tempo passi anche per lui. Fino a undici anni fa giocava ancora a calcio e se non fosse stato per Max Allegri(che non volle fargli rinnovare il contratto al Milan) avrebbe continuato ancora. Da calciatore ha vinto tutto tranne quel maledetto Europeo del 2000 deciso da Trezeguet al golden gol: campione del mondo il 2006, due Champions ( una delle quali da trionfatore in finale) e scudetti con il Milan che più della Juventus è stata la sua squadra del cuore.
Se all’epoca ci fosse stata la Var molte delle sue reti sarebbero state annullate perché la sua forza era giocare sul filo del fuorigioco. Non era tecnico ma implacabile davanti al portiere. Memorabili le sue continue proteste contro i guardalinee ogni qual volta alzavano la bandierina.
Il ritiro e l’ipocondria: il secondo tempo di Inzaghi
Dopo il ritiro, la panchina del Milan, poi l’ipocondria con la paura infondata di avere una malattia. La carriera di allenatore non è stata fortunata come quella del fratello Simone che calcisticamente gli fu nettamente inferiore. Sulla sua ipocondria, il grande campione ha detto nel libro recentemente pubblicato ( Il momento giusto) “Giravo con i cd delle radiografie e delle ecografie in tasca e per un anno sono stato malissimo”. Temeva di avere la Sla e soffriva di attacchi di panico. Un calvario durato dodici mesi. L’ultimo anno a Reggio Calabria e il giudizio sospeso sulla serie B della Reggina (sarà il consiglio di Stato a decidere in settimana) non lo riguarda più perché si è dimesso. A Reggio è molto amato, anche per il civismo della ormai prossima moglie e l’attaccamento dimostrato alla città.
Superpippo è uno degli eroi di Berlino con la faccia stralunata alla Tardelli dopo ogni gol decisivo. Quella faccia da ragazzino che rimane scolpita nella mente di tutti, con gli occhi che orbitano perennemente. Auguri.