Sergio Ramelli e l’intolleranza dei “rossi”: Elly Schlein & C. hanno un vuoto di memoria

13 Mar 2023 10:10 - di Mario Campanella
sergio ramelli

Bisognerebbe un giorno raccontarla la storia degli Anni Settanta. Non era ancora nata, allora, Elly Schlein, ma avrà  avuto modo di studiare per poter ricordare. Ma se il racconto è dolore, dice Eschilo, anche il silenzio lo è. Ieri, in pieno e attivo periodo di neo antifascismo, è stato di fatto impedito alla sottosegretaria Frassinetti di ricordare Sergio Ramelli. Che fu ucciso, onorevole Schlein, per un tema. Sì, proprio per un tema scolastico In cui, pensando di vivere in un paese libero, enunciava le sue simpatie di destra e criticava non Pertini o Lama ma le Brigate Rosse.

Sergio Ramelli e tutti quei ragazzi che persero la vita

Elencare come i grani di un rosario le vittime di quella stagione sarebbe inutile. I fratelli Mattei, Angelo Mancia, Di Nella, Matankas, Acca Larentia e tantissimi altri. Tutti innocenti. Tutti sterminati, bruciati vivi, per il solo fatto di essere missini. Quindi, dalla parte sbagliata. E quelle morti, puntualmente non pagate in sede giudiziaria, alimentate dal collateralismo di un odio ingiustificato che individuava nella destra un pericolo eversivo, misero nel ghetto intere e brillanti generazioni, favorendo la terribile ritorsione dello spontaneismo.

Non una parola da parte della sinistra

Non una parola hanno detto Schlein e compagnia cantando sulle violenze di ieri. Confermando l’assioma che “ uccidere un fascista non è reato “. Perché ancora oggi si riesce ad eleggere come nume una docente scolastica che scrive una lettera imbarazzante in cui mescola Gramsci con Eros Ramazzotti e si tace su chi usa le maniere forti per impedire semplicemente di rendere omaggio a una vittima assurda della violenza. Perché, è inutile negarlo, finanche il 2023 nel Paese simbolo della cristianità non c’è pietà per chi non appartiene agli schierani del pensiero unico.

Sergio Ramelli e quell’intolleranza rossa…

Sarebbe stato bellissimo censurare l’insofferenza verso Sergio Ramelli o chi ancora  ha tanto odio in corpo da bruciare i fiori sulla lapide che ricorda Paolo Dì Nella. E la destra, da trent’anni , non è stata esente da colpe nella timidezza con la quale ha bisbigliato i nomi dei suoi caduti in una guerra subita e non voluta. Pino Rauti definiva questo processo come la rimozione di una colpa inesistente. La narrazione della contemporaneità è ancora affidata a chi sostiene il leninismo come strategia politica: tutto è lecito pur di abbattere il nemico e conquistare la vetta e il monopolio del ragionamento.

Capire quegli anni terribili

Eppure, con una crisi economica che investe il mondo, soffiare sul fuoco dell’intolleranza è un pericoloso esercizio. Eppure, bisognerebbe capire da quei terribili anni che niente deve essere riproposto e niente può e deve giustificare violenza. C’è una sola opzione possibile per sfuggire all’odio , come in tutte le teocrazie: la conversione. Accadde per Dario Fo, Eugenio Scalfari, Ingrao. Per tutti gli altri non c’è condono e del resto, solo quindici anni fa, a Roma, nella più importante università europea, fu impedito a un Papa, che era anche il più grande teologo del Novecento, persino di parlare.

Il conformismo e le omissioni

La balbuzie sulla vera cultura del Novecento ha ignorato che Giuseppe Prezzolini se ne scappò definitivamente in Svizzera per non arrendersi al conformismo legificato, che quando spararono a Montanelli il suo Corriere scrisse un trafiletto omettendone il nome, che Giuseppe Berto sanguinava sofferenza nella solitudine della sua genialità, che Guareschi fini in galera, che persino Edgardo Sogno, medaglia d’oro della resistenza fini nel tritacarne della maldicenza perché non era comunista. La tv generalista che consente a Lello Valitutti di minacciare tranquillamente vendetta in caso di morte di Cospito, non dice ancora nulla su quel sangue versato innocentemente. E nel buio tace anche la voce di Elly, sacerdotessa incontrastata di un dogma che resiste alla storia e alle sue innumerevoli sconfitte

 

 

 

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