Daniele De Santis s’è pentito: “Penso ogni notte a Ciro Esposito morto, basta violenza nel calcio”
“Ogni giorno, in cella, penso a Ciro Esposito. Non nego di aver anche desiderato che l’epilogo di questo dramma fosse a parti inverse. Mi pento di essermi trovato nel posto sbagliato al momento sbagliato. Al posto di Ciro poteva trovarcisi chiunque”. Dopo gli scontri sull’A1 tra tifosi della Roma e del Napoli, dopo la decisione di vietare le trasferte, parla all‘Adnkronos dal carcere di Rebibbia Daniele De Santis, l’ultras giallorosso condannato a 16 anni di reclusione per aver ucciso con un colpo di pistola il 3 maggio del 2014 il tifoso del Napoli Ciro Esposito negli scontri che anticiparono la finale di Coppa Italia tra Fiorentina e Napoli.
Il “dolore” che Daniele De Santis dice di provare per Ciro Esposito
“Quel giorno anche io ho riportato numerose lesioni ma i miei aggressori sono rimasti ignoti e impuniti – dice – Oggi sto bene, ovviamente per quanto si possa star bene nelle condizioni in cui vivo e nonostante le enormi difficoltà legate allo stato di invalidità fisica irreversibile che mi trascino da quel giorno. Mi rattrista quanto accaduto sull’A1, tutto quanto sta avvenendo oggi restituisce un’immagine del calcio ben lontana dalla vera essenza di questo sport. Se le persone vivessero la passione calcistica per quello che è, come un momento di sana condivisione agonistica e non considerando la partita solo come una sfida per affermare la propria superiorità rispetto all”avversario’, certamente non ci sarebbe bisogno di pensare a certe misure così incisive. Mi rendo conto, tuttavia, che comunque siano necessarie per contenere tutte quelle degenerazioni che non dovrebbero appartenere al mondo calcistico”.
L’appello alla non violenza tra i tifosi di calcio
E’ singolare che proprio De Santis, in carcere per aver ammazzato un ragazzo con una pistola durante scontri tra tifoserie, oggi parli di misure necessarie e di passione calcistica come un momento di sana condivisione agonistica. “Questo non significa che io rinneghi l’amore per una squadra e neanche la mia foga con cui ho sempre vissuto le partite della Magica Roma – si affretta a precisare – ma l’attaccamento, anche quello più passionale, non dovrebbe sfociare in violenza. Animosità e aggressività sono due cose distinte. Questo è l’insegnamento che vorrei che la mia esperienza lasciasse in eredità”.
Vedendo dal carcere cosa ancora accade tra le tifoserie del Napoli e della Roma a nove anni di distanza, l’ultras giallorosso De Santis dice all’Adnkronos che “non è una vera ‘guerra’ tra tifoserie opposte” e che “non è destinata a durare. Sicuramente è una accesa contrapposizione – spiega – e non è corretto generalizzare parlando di questo sport come di uno sport violento. Credo si tratti, più semplicemente, di un approccio sbagliato alla competizione sportiva”. L”approccio’ che De Santis dimostrò in quel tragico pomeriggio: “La mia verità l’ho consegnata nel corso del processo – risponde l’ultras – nella sede deputata a svolgere le valutazioni opportune. Peraltro, anche se non sembrerebbe conciliarsi con l’immagine che si ha di me, da credente sono convinto che l’unico vero giudizio arriverà in un’altra vita. Attendo lì la sentenza definitiva”.
Le riflessioni dalla cella del carcere
“In carcere ho avuto molto tempo per pensare al mio trascorso di vita. Da quel giorno mi sono trovato con una frattura alla gamba e il quasi totale distaccamento del piede destro che mi ha accorciato l’arto di ben 6 centimetri. Ho riportato 5 ferite da arma da taglio, frattura delle ossa costali e nasali, una ferita lacero-contusa alla fronte con uno sfregio permanente. Soffro di una osteomielite che dovrebbe essere costantemente monitorata tramite periodiche scintigrafie ed esami di controllo. Ma in carcere, per le carenze connaturate alla struttura penitenziaria, che certamente non è una casa di cura, non riesco ad usufruire di tutte le prestazioni sanitarie a cui in stato di libertà avrei potuto accedere. Dovrei fare fisioterapia con costanza ma sono tre anni che non faccio alcun tipo di riabilitazione”.
E la sua squadra la segue ancora? “Ormai in carcere mi limito a seguire i risultati calcistici e vedere le partite che si possono guardare in chiaro. Il mondo del calcio – dice ancora De Santis all’Adnkronos – con i suoi protagonisti, si è trasformato in uno show business dove governano più gli ingaggi e gli sponsor che gli scudetti e le coppe. È diventato un vero e proprio mercato, con le società quotate in borsa. Fortunatamente ci sono ancora società calcistiche, prime fra tutte la A.S. Roma, che danno spazio ai sogni di chi cresce col pallone e che cerca di agevolare l’ingresso delle famiglie nello stadio, così da conservare il vero senso della fede calcistica. Penso soprattutto ai ragazzini appassionati di calcio, mi piacerebbe che la mia vicenda giudiziaria fosse per loro da insegnamento per evitare che tragedie come quella toccata a Ciro Esposito si ripetano”.
La rabbia della mamma di Ciro Esposito: “De Santis si penta davanti a Dio”
Daniele De Santis è sceso in strada con una pistola. Non stava ‘nel posto sbagliato al momento sbagliato’ come dice, ma al contrario, perché lì c’era un parcheggio dove i ragazzi avevano fermato la macchina per andarsi a vedere la partita. De Santis ha assalito un autobus, mio figlio non sapeva nemmeno che fosse un tifoso romanista, è andato in soccorso delle persone che urlavano e lui ha sparato, come non si spara nemmeno a un animale”. Replica, sempre all’Adnkronos, Antonella Leardi, mamma di Ciro Esposito.
“Si penta Daniele De Santis, si penta davanti a Dio – continua – Oggi lui dice dal carcere che il giudizio glielo darà solo Dio? Io ho perdonato proprio per l’amore di quel Dio grande e meraviglioso, che ha preso mio figlio sulle sue braccia, quel giorno, e se lo è portato con lui. E’ per quella speranza che vivo, perché De Santis possa trovare Dio, chieda perdono a lui per quello che ha fatto. Oltre a Ciro ho altri due figli, il mio nipotino si chiama Ciro Esposito, a lui ho raccontato tutto di suo zio, perché i bambini devono sapere tutto. Davvero mi auguro che Daniele De Santis possa trovare Dio nella sua vita, quante volte mi sono inginocchiata e pregato per questo. Però non dica idiozie, perché chi si pente non dice le bugie”. “Mi ha ammazzato Ciro in maniera feroce, lui, un uomo di quasi 50 anni che sarebbe potuto essere suo padre. Mio figlio avrebbe compiuto 30 anni di lì a poco, aveva il progetto di andare a convivere con la sua fidanzata. De Santis quante famiglie ha rotto? Non potrò vedere mio figlio mettere i capelli bianchi, la mia vita è spezzata, una parte è morta insieme a lui”.