Arrestato Genny ‘a carogna. La madre di Ciro Esposito s’indigna: che vogliono ancora da noi?
Pluripregiudicato. Capobranco. Istigatore di faziosi violenti, e non di veri tifosi. Fomentatore degli istinti primordiali ed estraneo alla societa civica. Anarchico. E’ un fiume (d’indignazione) in piena il gip della Capitale Rosaria Monaco nella sua ordinanza di venti pagine con la quale dispone gli arresti domiciliari per Genny ‘a carogna, ovvero Gennaro De Tommaso, il capo ultras che il 3 maggio scorso a Roma, dopo gli incidenti che avevano portato al mortale ferimento del tifoso Ciro Esposito, condizionò la partita di Coppa Italia Napoli-Fiorentina allo Stadio Olimpico rifiutando il colloquio con le autorità e, invece, contrattando con il capitano della squadra partenopea, Marek Hamsik, l’inizio del match.
Insieme a Genny De Tommaso, considerato il vero leader della curva partenopea, il gip ha disposto l’obbligo di firma per altri 4 ultras, Massimiliano Mantice, 44 anni, leader della Curva B, Mauro Alfieri, Salvatore Lopresti e Genny Filacchione, mail provvedimento del gip contro i cinque ha provocato un mezzo terremoto fra i tifosi e l’indignazione della madre di Ciro Esposito, Antonella Leardi, che proprio Genny soccorse, in via di Tor di Quinto.
Meraviglia e rabbia sono i sentimenti con i quali i tifosi della curva A, il settore dello stadio San Paolo di cui Gennaro De Tommaso è il leader indiscusso, hanno accolto la notizia degli arresti domiciliari per Genny ‘a Carogna. Sentimenti che sono pienamente condivisi da Antonella Leardi, la mamma di Ciro Esposito, il ragazzo raggiunto da un colpo di pistola sparato nei pressi dello stadio durante lo scontro con alcuni tifosi della Roma che avevano assaltato un autobus di sostenitori partenopei e morto dopo quasi due mesi di agonia.
«Sono indignata. Invece di arrestare quelli che hanno partecipato all’uccisione di mio figlio, arrestano Gennaro che invece avrebbe dovuto avere un premio per quello che ha fatto, evitando altri incidenti. Adesso invece di lavorare per dare giustizia a mio figlio ed arrestare i complici del presunto assassino che sono ancora a piede libero si sposta l’attenzione generale su Gennaro».
Lo donna è adirata per il provvedimento della magistratura romana: «Gennaro, che io neppure lo conoscevo – spiega la Leardi – allo stadio è stato interpellato dalla società. Ha fatto solo da intermediario con tutti i tifosi presenti all’Olimpico per calmare gli animi. Subito dopo la partita è corso all’ospedale per essere vicino a mio figlio che lottava per non morire. Basta essere tartassati – conclude Antonella Leardi – ora si riparla di Napoli e di Gennaro invece di parlar di chi ha ammazzato Ciro. Ma che vogliono ancora da noi?».
Il provvedimento è il risultato di un’indagine della Digos che, soprattutto attraverso i filmati ripresi dalle telecamere in prossimità dello stadio, ha identificato le persone che, fra l’altro, guidarono, in maniera «militare» e coordinata gli ultras in piazza Mazzini dove, così era nei progetti, avrebbero dovuto assaltare i tifosi della Fiorentina.
Per il gip, Genny ‘a carogna, aveva e ha un ruolo da leader di un gruppo di ultrà che segue regole paramilitari. Il magistrato ricostruisce quanto avvenuto sia fuori che dentro l’Olimpico. Il gruppo di ultrà napoletani «è chiaramente animato – scrive il gip – soltanto da rabbia violenta da scaricare e privi di qualunque spirito sportivo: essi sono intenzionati solo a porre in essere comportamenti di intimidazione verso forze dell’ordine».
Il gip scrive che «parte della tifoseria napoletana, organica alle frange più estremiste degli ultras, marciano in modalità militare, con incedere in allineamento compatto e con utilizzo da parte dei tifosi posti in prima linea di bastoni e aste portate in senso orizzontale a garanzia del mantenimento dello schieramento». Tutti con il volto travisato da passamontagna e bandane e senza vessilli del Napoli tanto che la «fede calcistica veniva dedotta dalle forze dell’ordine grazie all’inflessione campano-napoletana». Una massa «in avanzamento a mo’ di guerriglia urbana». Un quadro che si inserisce di seguito al «ferimento di un tifoso partenopeo (Ciro Esposito ndr) ad opera di altro tifoso, irrilevante la fede calcistica dell’aggressore, attualmente sottoposto ad indagine (Daniele De Santis ndr)».
In questo quadro Genny «si staglia davanti a tutti con gesticolare eloquente di comando ed autorità riconosciuta, dà ordini» e «il gruppo obbedisce ai suoi comandi»perché lui «è il capo».
L’ultrà napoletano «ostenta con orgoglio una maglietta con la terribile scritta impressa davanti “Speziale libero”, in tal modo richiamando l’episodio tragico dell’uccisione dell’ispettore» Raciti.
Gennaro De Tommaso ha posto in essere, secondo il gip, «la propria posizione di negazione di ogni autorità, di disconoscimento di qualsivoglia soggezione all’ordinamento politico-giuridico dello Stato».
Il comportamento di Genny ‘a Carogna si è concretizzato anche «stando a cavalcioni, sulla balaustra della curva Nord dell’Olimpico» e «attraverso l’azione di istigazione degli altri ultras al seguito e l’esibizione della maglia con la scritta “Speziale libero”». Per questo De Tommaso è accusato anche di violazione «sul divieto di striscioni e cartelli incitanti alla violenza o recanti ingiurie o minacce».
Il capo ultras, secondo il gip, «ha agito, quale capobranco cui gli altri attribuiscono, per istinto primitivo, carisma e superiorità di posizione, in perfido e attivo disconoscimento sia della sensibilità civile sia dell’autorità della legge, privo, al pari del suo seguito, di istruzione basilare e delle più elementari capacità comunicative, verbali e scritte».
Gennaro De Tommaso «ha un unico mezzo disponibile, quello della violenza, espressa di volta in volta attraverso gesti, segnali condivisi dal gruppo, slogan concordati divulgativi di istigazione alla aggressività e grida inneggianti a comportamenti di anarchia rispetto alla comunità civica».
Mantice è invece accusato di avere scavalcato la recinzione tra campo di gioco e settori dei tifosi durante la presunta trattativa allo Stadio Olimpico. Secondo gli investigatori non avrebbe fatto parte del gruppo dei 100 ultrà che rispondeva agli ordini di Genny ‘a Carogna e individuato a Piazza Mazzini. Mantice, hanno appurato le indagini, arrivò in un secondo momento a Tor di Quinto, subito dopo il ferimento di Ciro Esposito e fu uno di quelli che si avvicinò per soccorrerlo.