Curcio, indagato per il sequestro Gancia, rilancia con la faccia di bronzo: ditemi chi uccise mia moglie Mara Cagol…

25 Feb 2023 18:57 - di Francesco Severini
Curcio

“Visto che vengo tirato in ballo per i fatti del 5 giugno 1975 alla cascina Spiotta di Arzello con l’intenzione di attribuirmi una qualche responsabilità in essi, ho fatto presente ai magistrati che mi hanno interrogato, consegnando loro anche una memoria scritta, la mia totale estraneità sia alla decisione di effettuare il sequestro di Vallarino Gancia, sia a tutto ciò che lo ha riguardato”. Lo scrive l’ex capo delle Br Renato Curcio in una nota diffusa tramite il suo avvocato dopo che è trapelata la notizia che sarebbe indagato per quei fatti.

Il blitz che portò alla liberazione di Vittorio Vallarino Gancia

Durante il blitz nella cascina dell’alessandrino che portò alla liberazione dell’imprenditore Vittorio Vallarino Gangia ci fu un conflitto a fuoco in cui morì anche Mara Cagol, moglie di Curcio, oltre al carabiniere Giovanni D’Alfonso. A far riaprire le indagini era stato proprio nei mesi scorsi proprio il figlio di D’Alfonso che aveva presentato un esposto in procura a Torino.

Curcio: Mara Cagol uccisa mentre era disarmata e con le braccia alzate

“47 anni dopo quei fatti – prosegue la nota di Curcio – non ho ancora saputo chi in quel giorno ha ucciso Margherita Cagol Curcio mentre era disarmata e con le braccia alzate come ha inoppugnabilmente dimostrato l’autopsia”.

L’ex terrorista così conclude: “L’esperienza delle Brigate Rosse si è conclusa con una dichiarazione pubblica, anche mia, nel 1987 e poiché negli anni di quell’esperienza ho collezionato in silenzio un record di concorsi morali anomali scontati interamente come le altre pene inflitte faccio presente che mi difenderò da questa ulteriore e incomprensibile aggressione”.

Il figlio del carabiniere D’Alfonso: il primo giustiziato è stato mio padre

Bruno D’Alfonso, figlio del carabiniere Giovanni D’Alfonso, commenta con Adnkronos la notizia secondo cui Renato Curcio sarebbe indagato per quei fatti. “E’ una bella notizia per me perché è un punto fermo che dà concretezza a questa indagine che è stata riaperta e mi auguro che con questo primo tassello qualcuno inizi a dire davvero la verità, come sono andate le cose perché non ha più senso dopo tutti questi anni tacere su questa triste storia che ha solo provocato dolore e niente altro”.

“Curcio sa chi lo ha ucciso”

“Renato Curcio – continua Bruno D’Alfonso – è sicurante una persona che sa benissimo chi è stato l’autore dell’omicidio di mio padre e non ne ha mai fatto il nome e adesso dopo quasi 48 anni da quel conflitto a fuoco è ora che si cominci a dire un po’ di verità, a scrivere nero su bianco per mettere una pietra tombale su questa storia”.

“Non sono sicuro al 100% che sia Renato Curcio l’autore del reato, è un indagato, ma essendo comunque lui una figura storica, il capo delle Br dell’epoca, aveva una responsabilità globale in seno alla sua organizzazione e quindi sapeva tutto quello che succedeva ma non ha mai fatto il nome, si ostina a dire che la moglie è stata giustiziata ma io dico che il primo giustiziato è stato mio padre”.

La Procura di Torino: Curcio aveva dato la direttiva sul conflitto a fuoco

C’è una direttiva pubblicata sul Giornale delle Brigate Rosse Lotta Armata per il Comunismo tra gli elementi che hanno portato la procura di Torino a indagare l’ex capo delle Br, Renato Curcio, per il concorso nell’omicidio del carabiniere Giovanni D’Alfonso. Curcio, si legge nell’invito a comparire recapitato all’ex terrorista (poi sentito in procura il 20 febbraio scorso), “quale esponente apicale dell’associazione terroristica denominata Brigate Rosse, in concorso con altri appartenenti alla medesima organizzazione fra cui Cagol Mara (deceduta), Maraschi Massimo (già condannato per il medesimo fatto) ed altri, cagionava la morte di D’Alfonso Giovanni, appuntato dei Carabinieri intervenuto presso la cascina Spiotta in Arzello di Melazzo, nell’ambito delle ricerche attivate a seguito del sequestro di persona attuato dalle Brigate Rosse nei confronti di Vallarino Vittorio Gancia”.

Inoltre, si contesta all’ex capo delle Br di “avere dato ai partecipanti all’azione la seguente direttiva: ‘Se avvistate il nemico vi sganciate prima del suo arrivo, se venite colti di sorpresa ingaggiate un conflitto per rompere l’accerchiamento‘ (cfr. Giornale delle Brigate Rosse Lotta Armata per il Comunismo rinvenuto in possesso dell’appartenente alle Brigate Rosse MIAGOSTOVICH Giovanni Battista all’atto del suo arresto avvenuto in Milano il 20 ottobre 1975″.

Secondo la procura, infatti, è “in esecuzione della direttiva ricevuta e sopra indicata” che al sopraggiungere della pattuglia dei Carabinieri di cui faceva parte Giovanni D’Alfonso “la predetta Cagol Mara e un altro soggetto, a guardia dell’ostaggio, ingaggiavano un conflitto a fuoco contro i Carabinieri, lanciando alcune bombe a mano ed esplodendo numerosi colpi di armi da fuoco”.

 

 

 

 

Commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *