Allarme fascismo, silenzio sulle nuove accuse alle Br: il “cattivo maestro” Curcio è di nuovo indagato
I giornali grondano di notizie sul ritorno dei “fascisti” e sul pericolo di un riesplodere degli anni di piombo, interpretando a senso unico e in modo strumentale la rissa fuori alla scuola di Firenze, sulla cui origine si deve ancora fare chiarezza, ma intanto sull’allarme anarchici, con le minacce di scatenare l’inferno lanciate ieri dopo la conferma del 41-bis su Cospito, c‘è molto meno allarmismo. Se ne parla a margine, come fosse un dettaglio, così come sui giornale c’è poco spazio per un’altra incredibile vicenda che riguarda uno dei “cattivi maestri” della sinistra, il leader delle Brigate Rosse Renato Curcio.
La nuova indagine sulle Br e Renato Curcio, ma si parla solo di fascismo
A distanza di quasi 50 anni dall’omicidio del carabiniere Giovanni D’Alfonso, 45 anni, padre di tre bambini, ucciso durante il blitz che ha portato alla liberazione di Vittorio Vallarino Gancia, il 5 giugno 1975 vicino ad Acqui Terme, Curcio risulta indagato da due procure, Roma e Torino, per il concorso in omicidio. Ne dà notizia oggi Il Messaggero, che ricorda come fu proprio Curcio – oggi a piede libero e intellettuale e scrittore che va in giro a presentare libri – a pianificare il rapimento del re delle bollicine, chiedendo un miliardo di lire come riscatto per la liberazione. “E lo ha fatto con la moglie Mara Cagol, che è stata uccisa durante il conflitto a fuoco con i carabinieri, e con Mario Moretti. Ma sul sequestro sono tante le ombre rimaste: a cominciare da un terrorista, il cui nome è rimasto misterioso”, scrive il quotidiano.
Renato Curcio e il rapimento dell’industriale Gancia
L’ex brigatista è stato ascoltato dai magistrati che conducono nuove indagini dopo l’esposto presentato dal figlio della vittima, Bruno D’Alfonso, e dai suoi avvocati, Sergio Favretto e Nicola Brigida. La decisione è arrivata dopo la pubblicazione di alcuni libri sulla vicenda, compreso quello autobiografico scritto da Curcio che si chiama “A viso aperto“, e arrivato dopo aver scontato la pena di 21 anni di carcere. Racconta lui stesso di aver deciso e organizzato il rapimento proprio con Moretti e Cagol, ma si chiama fuori dall’azione operativa.
Nei mesi scorsi sono stati effettuati accertamenti tecnici compiuti dal Ris di Parma su alcuni reperti rinvenuti nella base brigatista di via Maderno a Milano dove i carabinieri dell’antiterrorismo scovarono Curcio. Era il 18 gennaio 1976, sei mesi dopo il caso Gancia.
La denuncia del figlio del militare ammazzato
“Sono sempre state date versioni discordanti di quell’episodio – ha raccontato in passato il figlio del carabiniere ucciso, Bruno D’Alfonso – E ho sempre cercato di la verità su quello che accadde. Nonostante vari testimoni avessero parlato di un brigatista in fuga, le indagini furono chiuse molto in fretta, in pochi mesi. Così una dozzina di anni fa ho iniziato a fare ripetuti viaggi in Piemonte, in particolare al tribunale di Alessandria, per leggere gli atti di quell’inchiesta. E molti particolari nuovi sono emersi anche dalla desecretazione del materiale depositato dalla commissione parlamentare per far luce sul sequestro di Aldo Moro”.